Lo scandalo Soumahoro è scoppiato da un paio di settimane, ma l’Italia attende ancora con ansia che Marco Damilano e Roberto Saviano, gli “inventori” mediatici del deputato con gli stivali, dicano una parola sul caso. L’ipocrita doppiopesismo della sinistra non è una novità, e questa ne è una conferma. Aboubakar Soumahoro non sarebbe approdato alla Camera se non ce l’avesse portato Sinistra italiana, a sua volta autorevolmente ispirata dai guru progressisti.
Saviano, l’autore di Gomorra, ne aveva cantato le gesta come redentore dei migranti sfruttati dal padronato agricolo italiano. Damilano, da direttore dell’Espresso, aveva confezionato il “santino” dell’ivoriano approdato in Italia, laureato a Napoli e trasformatosi nel sindacalista degli africani oppressi, concedendogli addirittura una rubrica fissa, “Prima gli esseri umani”.
Il potere del sistema mediatico della sinistra aveva indotto Angelo Bonelli (Verdi) e Nicola Fratoianni (Sinistra italiana) a candidarlo come difensore delle categorie che il governo di centrodestra avrebbe immancabilmente scaricato. E invece a essere scaricato è stato lui, l’italo-ivoriano che si era messo in casa due caporalesse senza scrupoli. Secondo i riscontri delle indagini, la compagna e la suocera incarnano il peggio di cui la sinistra ha sempre accusato gli imprenditori agricoli del Meridione: sfruttamento del bracciantato, riduzione in schiavitù degli stranieri disperati, speculazioni sui finanziamenti pubblici, distorsione del sistema cooperativistico. Accuse ancora da dimostrare in giudizio, naturalmente, e quindi per le signore di casa Soumahoro e per lo stesso ex sindacalista degli “invisibili” è doverosa la presunzione d’innocenza.
Decenni fa la sinistra era il baluardo del garantismo, poi si è ridotta a rincorrere il giustizialismo delle procure ai tempi delle inchieste a carico di Silvio Berlusconi. Ora invece tace. I silenzi di Saviano e Damilano sono imbarazzanti. Non che manchi loro la ribalta: il primo è passato dalle colonne di Repubblica a quelle del Corriere della Sera, il secondo dal settimanale che fu di Carlo De Benedetti a una prestigiosa rubrica quotidiana su Rai3. È che non vogliono nemmeno sfiorare l’argomento. E i colleghi di partito, inflessibili nell’additare gli “incandidabili” infilati nelle liste altrui, parlano di Soumahoro soltanto in termini assolutori: in fondo anche lui è solo un compagno che sbaglia.
Fratoianni e Bonelli si sono accontentati di un’autosospensione dal gruppo parlamentare. Addirittura Pier Luigi Bersani ha detto in tv che “anche un vescovo e un prete che ha peccato può dare il messaggio giusto”. Cioè che lo sfruttamento va combattuto e che non si lucra sulla pelle della gente. Peccato che lo sfruttatore, in questo caso, sarebbe proprio il cerchio magico di Soumahoro, l’eroe-simbolo inventato dalla sinistra.
Ma sull’accoglienza dei migranti continuano ad addensarsi interrogativi. L’ultimo è emerso durante l’udienza del processo in corso a Palermo contro Matteo Salvini sul caso Open Arms, la nave cui nel 2019 il Viminale impedì per alcuni giorni di attraccare in Italia. In aula si è scoperto che in quella tempestosa estate l’imbarcazione della Ong carica di disperati veniva monitorata da un sommergibile della Marina militare. Dunque, ministero della Difesa (all’epoca il titolare era la grillina Elisabetta Trenta) contro ministero dell’Interno.
Ma non è solo uno scontro istituzionale: Salvini ha avanzato il sospetto che il sottomarino avesse raccolto documentazione sui rapporti tra la Ong e gli scafisti. Testimonianze tenute rigorosamente segrete, nonostante che il vicecomandante del mezzo subacqueo avesse inviato la sua relazione a nove Procure senza che essa sia finita nel fascicolo riguardante Salvini. “Sarebbe gravissimo se qualcuno avesse nascosto, omesso o dimenticato documenti rilevanti da parte di organi dello Stato”, ha protestato il leader leghista.
L’Espresso di Damilano una volta mise in copertina, affiancati, Soumahoro e Salvini. “Uomini e no” era il titolo, e l’uomo era il sindacalista. Già: dalle coop dei Soumahoro all’Ottobre rosso tricolore, che cosa nasconde la gestione dei migranti italiana?
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