La notizia è rimbalzata pochi giorni fa sulla stampa con interpretazioni e valutazioni ben diverse: il tribunale dei minori di Bologna ha emesso una sentenza che convalida l’iscrizione all’anagrafe di una bambina di Parma, aggiungendo al cognome della madre quello della sua compagna. Nei fatti la sentenza ha concretamente equiparato il ruolo delle due donne, senza distinguere tra quello di madre biologica e quello di madre adottiva. La sentenza, è stato sottolineato in diversi contesti, va contro la legge sulle unioni civili (76/2016), che di fatto non prevede la stepchild adoption. Anzi proprio l’esplicita esclusione della stepchild adoption rese possibile che la norma venisse approvata con un’ampia maggioranza, dal momento che la norma si riferiva solo al rapporto tra due adulti dello stesso sesso, consapevoli e consenzienti, ma senza coinvolgere i minori, che per ovvie ragioni non avrebbero potuto esprimere il loro punto di vista e decidere di conseguenza.



Non a caso la legge sulle unioni civili non fa riferimento all’articolo 29 della Costituzione, quello in cui si tratta della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, ma all’articolo 2, in cui si parla di formazioni sociali. Escludere la stepchild adoption dalla legge approvata allora non fu certamente semplice, ma rifletteva il più alto punto di convergenza raggiunto nel dibattito parlamentare: si intendeva salvaguardare la libertà della coppia, senza condizionare la libertà dei minori, imponendo loro soluzioni che scavalcavano decisamente la più semplice e comune delle osservazioni: per fare un figlio ci vogliono una madre e un padre e a loro tocca, in prima battuta, accoglierlo e farsi carico dei suoi diritti, a cominciare dal suo pieno e completo sviluppo.



Il Tribunale di Bologna e la magistratura creativa

Il tribunale di Bologna, andando oltre la legge, ha invece deciso che l’unione civile tra due donne “costituisce a tutti gli effetti una famiglia”, senza segnalare nessuna, pur evidente, differenza specifica. Ma se nessuno nega che l’affetto tra le due donne possa essere solido e profondo, nessuno può però affermare, nello stesso tempo, che per un bambino avere due donne che si dicono entrambe madri nello stesso modo sia la stessa cosa che avere un padre e una madre, con ruoli diversi e caratteristiche diverse. Non dovrebbe essere necessario parlare di leggi per spiegare che nessuno può essere figlio di due madri, poiché la realtà è sufficiente e l’adozione di un bambino dovrebbe subentrare nel momento in cui viene meno uno dei suoi genitori. L’aver attribuito alla bambina il doppio cognome, per sottolineare la peculiarità della sua condizione, è una ulteriore forzatura dal momento che la legge sui due cognomi è ferma in Senato e non si è riusciti a sbloccarla proprio per evitare che si creassero situazioni di questo tipo. Eppure si trattava di una legge sollecitata dalla Corte Costituzionale, supportata da almeno 6 ddl di partiti e gruppi diversi, ma osteggiata proprio per il timore che potesse dare adito a estensioni di questo tipo, per altro in flagrante contraddizione con la stessa legge sulle unioni civili. 



I diritti dei bambini

Il diritto di un bambino è prima di tutto il diritto di vivere e di vivere con la maggiore serenità possibile in un contesto familiare in cui sia possibile garantire il suo sviluppo fisico e psicologico, intellettuale e sociale nel miglior modo possibile. Non a caso i quattro principi fondamentali stabiliti della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza sanciscono:

1. il diritto alla non discriminazione, trattata nell’articolo 2. Secondo questo principio tutti i diritti sanciti dalla Convenzione devono essere garantiti a tutti i minori, senza distinzione di razza, sesso, lingua, religione, opinione del bambino, dell’adolescente o dei suoi genitori. E il primo diritto a non essere discriminato è proprio quello di avere un padre e una madre.

2. Il superiore interesse, cfr articolo 3. In tutte le decisioni, leggi o iniziative pubbliche o private l’interesse dei minori deve avere la priorità, deve cioè essere considerato prima degli interessi di tutti gli altri, dei genitori o di altri adulti.

3. Il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino, articolo 6. Gli Stati devono impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e la crescita dei bambini.

4. L’ascolto delle opinioni del minore, articolo 12. Questo articolo prevede il diritto dei bambini a essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano e il dovere, da parte degli adulti, di ascoltare il minore e tenerne in considerazione le opinioni.

I fatti concreti

Uno degli aspetti singolari della recente sentenza emessa dal Tribunale dei minori di Bologna riguarda anche la provenienza delle due donne, sposate negli Stati Uniti e trasferitesi a Bologna; Eleonora Beck, doppia cittadinanza italiana e americana, e Liz Joffe si sono sposate nel 2013 in Oregon e sono madri biologiche rispettivamente di un bambino e di una bambina. Entrambe, per la legge americana, sono diventate madri adottive del figlio dell’altra. Le due donne si sono trasferite a Bologna, dove si sono rivolte al tribunale per chiedere il riconoscimento della sentenza Usa che ha disposto l’adozione. Il tribunale ha inizialmente escluso il riconoscimento in Italia dell’adozione, ma ha ritenuto che la coppia formata da persone dello stesso sesso è, comunque, da considerare come una “famiglia”, così come si legge in precedenti sentenze della Corte europea dei diritti umani. I giudici bolognesi si sono quindi rivolti alla Corte Costituzionale per chiedere se le norme impugnate avrebbero precluso al Tribunale di riconoscere la decisione adottiva straniera. L’Avvocatura dello Stato aveva chiesto che il ricorso fosse dichiarato inammissibile e la Consulta si era espressa seguendo la stessa direzione, dichiarando il ricorso inammissibile, anche in conformità del fatto che in senato è ancora in discussione la legge sul doppio cognome.

In conclusione

Il tribunale di Bologna ha creato una situazione fortemente ambigua riconoscendo la sentenza straniera emessa dal tribunale dell’Oregon ma non l’adozione da parte di cittadini italiani; consentendo però l’attribuzione del doppio cognome ha generato una forzatura non indifferente rispetto all’iter della legge sul doppio cognome, non ancora approvata.

È comunque evidente il desiderio di una parte politica, a cominciare dal Pd, di superare decisamente la legge sulle unioni civili per puntare al matrimonio egualitario, per cui verrebbe meno qualsiasi distinzione tra unione civile e matrimonio, ma in questo modo verrebbero spazzati via anche una serie di diritti dei minori che nessuno potrebbe più tutelare. Ancora una volta la magistratura, in modo chiaramente ideologizzato, scavalcando il Parlamento procede ad una modifica sostanziale di quella che ad ogni fatto è una semplice evidenza di natura e di cultura, scalzando diritti fondamentali di chi non ha ancora voce per farsi sentire.

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