È appena stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale la sentenza della Corte costituzionale sul doppio cognome; il provvedimento è stato preso in quanto la norma attuale che attribuisce automaticamente al figlio il solo cognome paterno è stata ritenuta “discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio”. La sentenza della Corte stabilisce che il figlio, ogni figlio, fin dal momento della nascita avrà sia il cognome paterno che quello materno, per garantire un’equa parità dei diritti. La Corte costituzionale ha depositato il 31 maggio 2022 le motivazioni della clamorosa sentenza annunciata il 27 aprile 2022 secondo la quale i figli prenderanno il cognome di entrambi i genitori. La sentenza della Corte è considerata come un passo d’importanza storica per le donne, che finalmente hanno conquistato un diritto fino ad ora negato. Secondo l’articolo 262 del codice civile, “il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto e se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre”.
Il ministro della Giustizia Marta Cartabia, commentando la sentenza della Corte, ne ha enfatizzato l’importanza, affermando: “Grazie alla Corte costituzionale, un altro passo in avanti verso l’effettiva uguaglianza di genere nell’ambito della famiglia”. E la ministra della famiglia e delle Pari opportunità, Elena Bonetti, ha sottolineato il fatto che “La Corte costituzionale ha giudicato illegittime le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome paterno ai figli… Abbiamo bisogno di dare corpo, anche nell’attribuzione del cognome, a quella pari responsabilità tra madri e padri che è insita nella scelta genitoriale, ed è compito alto e urgente della politica farlo”. Per entrambe le due ministre si tratta quindi di un altro passo fondamentale nel realizzare l’uguaglianza di diritti tra le donne e gli uomini del nostro Paese.
In altri termini il fatto che per secoli sia stato attribuito, in automatico, il cognome del padre ai figli oggi appare come un atto discriminatorio che trova le sue radici in una società patriarcale, oggi del tutto superata. In questo momento storico, una nuova consapevolezza maturata nelle donne sui loro diritti, la loro stessa sensibilità e la riflessione critica derivata da un ampio dibattito sul tema, rendono necessario andare oltre lo schema paternalistico consolidato nei secoli, per aprirsi ad una nuova e più matura cultura della parità dei diritti tra uomo e donna e quindi della relativa non discriminazione. Il cognome fa parte dell’identità e della storia personale, per cui è una storia che adesso si potrà tramandare scritta anche al femminile.
Cosa cambia con l’entrata in vigore della norma
Secondo la sentenza della Corte costituzionale la nuova regola stabilisce che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, a meno che loro stessi non decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due. La sentenza parte dal presupposto che i genitori debbano condividere la scelta del cognome del figlio in quanto essenziale per la sua identità personale. In caso di mancato accordo tra i genitori sull’ordine in cui registrare i due cognomi, resta salvo l’intervento del giudice in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico.
Oggi la sentenza della Corte costituzionale sul doppio cognome è già in Gazzetta ufficiale e gli effetti della sentenza investono tutti i bambini appena nati, a cui non è stato ancora attribuito il cognome. Al momento della nascita il doppio cognome del bambino può essere registrato all’ufficio di stato civile o in ospedale, subito dopo il parto, con il consenso di entrambi i genitori, ma l’ordine è prestabilito: quello del padre precede sempre quello della madre. Per poter mettere in pratica l’ordine inverso o tenere solo il cognome della madre, bisognerà attendere l’entrata in vigore di una legge che modifichi il codice civile fornendo nuove regole agli uffici dello stato civile. Attualmente, in assenza di una legge che modifichi il codice civile, se si volesse scegliere il primato del cognome della madre su quello del padre, occorrerebbe rivolgersi alle decisioni dei giudici. La sentenza della Corte ha comunque valore retroattivo e può beneficiarne anche chi è maggiorenne: può cambiare il proprio cognome e aggiungere quello della madre, solo come secondo rispetto a quello del padre.
La Corte costituzionale ha auspicato un intervento del legislatore per evitare che l’attribuzione del cognome di entrambi i genitori comporti, nel succedersi delle generazioni, un meccanismo moltiplicatore che andrebbe a ledere la funzione di identità del cognome. Ha proposto che, se un genitore ha un doppio cognome, deve sceglierne uno, quello che rappresenta con maggiore forza il suo legame genitoriale. Senza trascurare l’interesse di ogni figlio ad avere un cognome uguale a quello dei fratelli e delle sorelle, perché se così non fosse, questo comprometterebbe la stessa identità familiare. Per questo i giudici costituzionali consigliano “che la scelta del cognome attribuito al primo figlio sia vincolante rispetto ai figli successivi della stessa coppia”.
Questi cambiamenti riguardano i figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e adottati. La nuova regola vale per le coppie coniugate, anche in caso di adozione congiunta, e per quelle etero-sessuali che non hanno contratto matrimonio. Invece per quelle dello stesso sesso, essendo negato ai loro figli il diritto di avere subito un secondo genitore, attualmente il cognome potrà essere solo quello del genitore riconosciuto.
In conclusione
La Corte costituzionale ha dichiarato illegittime le norme che attribuivano ai figli in modo automatico il cognome paterno e, in particolare, l’articolo 262 del codice civile, perché questo creava una sorta di “invisibilità della madre ed esprimeva una diseguaglianza tra i genitori, che si imprimeva sull’identità del figlio”. Il retaggio patriarcale rappresentava di fatto una violazione del principio di uguaglianza, come sancito dall’articolo 3 della Costituzione e del principio solidaristico espresso dall’articolo 2 della Carta costituzionale, e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (artt. 8 e 14 Cedu).
In realtà sono tre gli aspetti chiave da valorizzare in questa sentenza, senza considerarli affatto degli automatismi. In primo luogo deve esserci il maggiore interesse del figlio, che attraverso la dinamica dei due cognomi dovrebbe percepire più e meglio il legame che lo unisce ad entrambi: madre e padre e quindi la forza della relazione affettiva ed educativa che lo lega ad entrambi. Proprio quest’aspetto sottolinea, sempre attraverso la dinamica del doppio cognome, la pari responsabilità dei genitori nel prendersi cura di lui sotto tutti i piani. Anche in caso di una eventuale separazione, sono entrambi vincolati alla medesima responsabilità. Solo in terzo luogo va evidenziata la logica rivendicatoria del genere femminile, che trova una nuova opportunità per sottolineare come si possa andare oltre i torti subiti nei secoli per esprimere la propria dignità e il proprio ruolo anche in un’operazione così profondamente femminile e intrinsecamente generativa, come è la maternità.
Speriamo che il ddl su cui il Parlamento sta lavorando mantenga l’equilibrio e la semplicità della sentenza della Corte, per cui l’opportunità di aggiungere il cognome materno a quello paterno, con i margini di autonomia previsti dalla sentenza, non si risolva in una soluzione confusa e pasticciata e in un gioco di priorità e prevalenze ai danni del figlio e dei suoi fratelli.
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