Andare a dormire tra le 22.00 e le 23.00 evita problemi cardiaci o, quantomeno, riduce il rischio di andare incontro ad essi. A dimostrarlo è stato uno studio condotto in Inghilterra dall’Università di Exeter, i cui risultati sono stati pubblicati sull’European Heart Journal, che è stato riassunto dal Daily Mail. I risultati a cui sono arrivati i ricercatori riguardano i benefici che le tempistiche del sonno possono dare al corpo, che ha un vero e proprio orologio interno che regola il funzionamento fisico e mentale dell’organismo.



Lo studio è stato condotto su 88.000 adulti britannici di età compresa tra 43 e 74 anni, i quali hanno portato al polso per una settimana un particolare orologio capace di registrare autonomamente l’ora in cui hanno preso sonno e quella in cui si sono svegliati. Le persone in questione sono state successivamente sottoposte a dei questionari sulla loro vita, anche tramite l’analisi delle loro cartelle cliniche degli ultimi cinque anni.



Dormire tra le 22 e le 23 evita problemi cardiaci: i risultati dello studio

Gli scienziati che hanno condotto lo studio in Inghilterra hanno scoperto che andare a dormire tra le 22.00 e le 23.00 evita problemi cardiaci come attacchi di cuore e ictus, soprattutto nelle donne. Il rischio, nel dettaglio, è risultato pari al 12%, mentre per le persone che andavano a letto dopo la mezzanotte era del 25% e per le persone che andavano a letto prima delle 22:00 era del 24%.

A spiegare l’origine di tali risultati è stato il dott. David Plans, che ha condotto lo studio: “Il corpo ha un orologio interno di 24 ore, chiamato ritmo circadiano, che aiuta a regolare il funzionamento fisico e mentale. I risultati suggeriscono che andare a letto presto o tardi può avere maggiori probabilità di interrompere l’orologio biologico, con conseguenze negative per la salute cardiovascolare”, ha detto. In particolare, andare a dormire dopo la mezzanotte riduce la probabilità di vedere la luce del mattino, tanto che l’orologio biologico si azzera. Sono ancora da indagare, invece, le differenze di genere del fenomeno, ma i ricercatori sono consapevoli del fatto che la ricerca potrebbe essere stata condizionata dall’età dei soggetti coinvolti, dato che la maggior parte delle donne erano in menopausa. Ciò causa di per sé un aumento delle probabilità di incorrere in malattie cardiache.