“Meglio vaccinare un grande numero di persone con una dose singola che un piccolo campione con due dosi. Si può ipotizzare di non fare il richiamo prima che siano passati 120 giorni. Il livello di protezione indotto dalla prima dose del vaccino è comunque molto alto”. Così si è espresso Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri. “Alcuni lavori scientifici, ultimo quello appena pubblicato sul New England Journal of medicine e riferito al vaccino Pfizer, e la presa di posizione del comitato inglese su vaccini e immunizzazione, dimostrano come la quasi totalità dei contagi avviene nei primi 10-12 giorni dalla somministrazione della prima dose. Dopo, si ha una protezione molto alta, fino al 90%”. Quanto alla seconda dose, “Bisogna farla, ci mancherebbe. Ma non c’è evidenza che fare il richiamo subito o dopo qualche mese sia diverso. A mio parere, quando si partirà con una vera e propria campagna vaccinale, sarebbe meglio aspettare 120 giorni per la seconda puntura”. Così Remuzzi. Sulla proposta però Fabrizio Pregliasco, docente di Igiene e Medicina preventiva all’Università Statale di Milano, non si dichiara affatto d’accordo. “La messa in discussione di dosi e tempi fissati dalla sperimentazione clinica può essere dettata dalla fase emergenziale, ma sono convinto che sia necessario usare lo schema tipo”.



Perché non è meglio vaccinare un grande numero di persone con una dose singola che un piccolo campione con due dosi?

Così potrebbe essere facilitata l’insorgenza di varianti. Per ora bisogna seguire le indicazioni che arrivano dalle società produttrici dei vaccini.

Il Comitato inglese sui vaccini però si è espresso in tal senso…



Si tratta di una soluzione emergenziale che è sperabile non si debba mai adottare, perché non mancano i dubbi sulla sua efficacia.

C’è chi sostiene che, utilizzando una sola dose su più soggetti, si potrebbero arginare gli effetti della terza ondata. Che ne pensa?

Non è affatto certo.

Il ministro Speranza ha affermato che “l’epidemia è in fase espansiva”. Siamo già nella terza ondata o arriverà a breve?

Quella che sta arrivando è una terza onda che va a incistarsi nella seconda e non è detto che sia pesantissima.

L’ipotesi avanzata da Remuzzi circola perché – si dice – sui vaccini a mRna sappiamo poco. È così?



Non è una giustificazione sufficiente.

Dobbiamo fidarci di questi vaccini?

Assolutamente sì. Quello che dicono test clinici e autorità regolatorie è il punto fondamentale che garantisce trasparenza e correttezza. È importante anche per impostare una campagna persuasiva di comunicazione alla vaccinazione anche verso coloro che si mostrano scettici sui vaccini di Pfizer e Moderna.

Secondo il governo, in Italia siamo partiti bene con la campagna vaccinale, ma a questi ritmi gli obiettivi previsti dal piano Arcuri saranno difficili da raggiungere. Se e quando avremo l’immunità di gregge?

Ci vorrà del tempo, non credo prima di fine 2021-inizio 2022.

Giusto allargare le fasce a cui dare il vaccino per prime?

Se ci sarà la disponibilità delle dosi, giusto procedere in questa direzione.

L’Ema ha ricevuto la documentazione di AstraZeneca e darà il suo responso a fine gennaio. Si procede ancora a rilento?

No, due settimane è il tempo canonico per studiare la documentazione e per dare un’autorizzazione ponderata e motivata.

Ci sono ancora tanti dubbi su questo vaccino?

Assolutamente no. Nella procedura normale, che richiede la dovuta attenzione alla trasparenza e alla correttezza, il ritardo era dovuto al fatto che, in un contesto non previsto, l’opzione migliore era l’abbinamento di mezza dose più una dose. Giusto approfondire la questione.

Potrebbe arrivare un’immunità naturale? E quando?

Siamo ancora a un massimo del 20% di persone venute a contatto con il Covid, quindi siamo ben lontani dall’immunità naturale. Il virus continua a circolare e noi con i lockdown non riusciamo a controllare la malattia, perché non riusciamo a gestire individuazione e tracciamento di tutti i contagi e dei loro contatti. In questo momento con le misure stringenti possiamo solo mitigare la malattia e a ridurre la velocità con cui l’infezione si diffonde.

Essere solo acquirenti di vaccini e non produttori potrebbe metterci prima o poi in una situazione di difficoltà?

Non è una bella situazione, perché potrebbe sempre verificarsi una carenza a livello mondiale. E la pandemia non si ridurrà se rimarranno nazioni che non avranno i vaccini.

L’arrivo sul mercato del vaccino di ReiThera, previsto a fine giugno con la fornitura di 100 milioni di dosi, dovrebbe darci una mano e garantirci una certa indipendenza?

Penso proprio di sì. È un passaggio strategico e politico fondamentale.

(Marco Biscella)

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