Un dossier lancia l’allarme per le carceri italiane, dove ogni anno entrano centinaia di smartphone che permetterebbero ai detenuti di eludere le regole e continuare a comunicare con l’esterno, per garantire ai boss di dare ordini e disposizioni anche a chi si trova in carcere. L’emergenza è stata confermata anche dal Procuratore Nicola Grattieri, che come riporta il Fatto Quotidiano, ha spiegato anche le modalità di ingresso di questi dispositivi, che verrebbero inviati tramite droni o con speciali consegne che includono spesso anche droghe e armi. La situazione, come mostra l’inchiesta è grave e contribuisce ad alimentare le mafie e la malavita, non solo perchè le attività proseguono nonostante gli arresti, ma anche perchè i clan lucrano su queste vendite.



La cifra media che viene pagata per ogni smartphone dai carcerati si aggira sui 1000 euro, 250 euro per una sim, prezzi che aumentano se si tratta di sostanze illecite come erba che viene venduta a 7000 euro al chilo o pistole che arrivano a costare 10.000 euro. Il tutto documentato da intercettazioni che hanno svelato le falle di sicurezza di almeno 19 istituti in Italia, nei quali arriverebbero sistematicamente le merci proibite senza molti problemi, recapitandole direttamente in cella.



Allarme telefoni in carcere, dossier: “Detenuti pagano fino a 1000 euro, vengono consegnati in cella coi droni”

Il procuratore Nicola Grattieri ha denunciato il grave fenomeno dell’ingresso di merci vietate nelle carceri, specialmente telefoni, armi e droga, che vengono venduti ai detenuti ad alte cifre, per permettere alla mafia di continuare a guadagnare, dare ordini ai membri che a loro volta riferiscono ad altri affiliati e minacciare. Il tutto, come confermano le intercettazioni mostrate nel dossier frutterebbe alla malavita organizzata fino a 40mila euro a settimana. Un problema diffuso che però avrebbe anche una soluzione non troppo difficile. Si tratterebbe dei cosiddetti “Jammer” cioè dispositivi capaci di bloccare i droni con i quali vengono fatte le consegne in cella.



Garattieri sostiene da anni la necessità di acquisto di tali sistemi, ma come sottolinea: “Lo proposi prima che iniziassero le rivolte, ma non sono mai stato ascoltato“. Questo perchè ogni dispositivo costerebbe allo stato 60mila euro, ma ne basterebbero al momento solo cinque, cioè per i penitenziari considerati più a rischio. Dall’inchiesta emerge che i telefoni cellulari nelle carceri sono molto comuni, ma l’accusa ora si concentra non solo sulle organizzazioni criminali, anche sulle guardie carcerarie, poichè, visto che i droni fanno rumore, è impossibile che alcune di loro non siano coinvolte nei traffici garantendo una certa compiacenza.