Nella diretta di questa sera la trasmissione di Salvo Sottile Far West si occuperà – oltre che della morte del giudice Paolo Borsellino nella tristemente famosa strage in via D’Amelio a Palermo – del famosissimo (ed altrettanto controverso) ‘dossier Mafia e Appalti‘ che fu al centro di una lunga serie di indagini condotte dal collega del giudice Giovanni Falcone e che secondo alcune versioni – mai veramente verificate e confermate – potrebbe essere anche al centro di quei terribili 57 giorni tra la strage di Capaci e quella in via D’Amelio: proprio attorno a questa ipotesi si muoverà il programma di Rai 2, seguendo le orme be tracciate più di 30 anni fa dai due giudici vittime di Cosa Nostra.
Partendo dallo sviluppo più importante degli ultimi anni, la ragione per cui oggi si torna a parlare del famoso dossier Mafia e Appalti è legata all’inchiesta in corso negli uffici della procura di Caltanissetta sulla morte dei giudici, rispolverata dopo anni in cui era rimasta chiusa in un cassetto per capire se possa essere veramente collegata alle due esplosioni: una tesi da sempre sostenuta da moltissimi osservatori, tra i quali Fiammetta Borsellino (figlia del giudice antimafia) che la ricollega all’enorme depistaggio che ci fu sulla strage palermitana.
Cos’è e cosa centra il dossier Mafia e Appalti con la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
Tornando – ora – al principio della vicenda del dossier Mafia e Appalti, è bene precisare innanzitutto che si tratta del modo in cui venne rinominata un’inchiesta aperta nel 1988 in Sicilia su spinta del nucleo Ros dei Carabinieri guidato da Mario Mori: le pista (ovviamente collegata ai soldi) era quella di alcune presunte connessioni tra le cosche mafiose – ed in particolare la Cosa Nostra su cui indagavano anche Falcone e Borsellino -, le istituzioni e gli imprenditori siciliani.
Il dossier Mafia e Appalti venne depositato su spinta dello stesso Falcone nel 1991 accusando apertamente l’imprenditore Agelo Siino in quanto mente dell’intero piano di infiltrazioni: l’ipotesi – suffragata anche da alcuni pentiti e testimoni, oltre che alla base di alcune note condanne – è che grazie ad una ricca serie di tangenti Cosa Nostra era riuscita a pilotare l’intero sistema pubblico siciliano degli appalti, vincendo in automatico ogni bando; mentre la suggestione – senza prove e che collegherebbe il dossier alla morte dei giudici – è che quello stesso sistema poteva essere esteso anche all’intero sistema nazionale includendo politici ed imprenditori di alto (altissimo) rango.