Il finanziere Pasquale Striano, al centro del caso dossieraggi per i presunti accessi abusivi alle banche dati della Procura nazionale antimafia, è stato trasferito presso il Comando regionale della Guardia di Finanza dell’Aquila. La notizia era stata tenuta riservata dai vertici del Corpo, motivo per il quale, precisa Il Messaggero, non è possibile risalire al momento preciso del trasferimento dell’ufficiale in città. Striano è stato trasferito nel settore Tecnico logistico amministrativo dell’Aquila, dopo aver riscoperto l’incarico di responsabile del Gruppo segnalazioni operazioni sospette della Finanza presso la Dna. Nel frattempo, emergono altri particolari in merito alla vicenda su cui sta indagando la procura di Perugia.
Ad esempio, Federico Cafiero de Raho, capo della Dna, alla commissione Giustizia della Camera nel settembre 2019 promise «una piattaforma telematica idonea a assicurare trasparenza e segretezza». All’epoca era impegnato nella battaglia per fare della Procura nazionale antimafia il terminale unico delle Sos, le Segnalazioni per operazioni sospette provenienti dalla Banca d’Italia. Com’è andata a finire è noto: dall’ufficio sono uscite notizie segrete e dossier. Una promessa clamorosamente mancata dall’allora procuratore nazionale, ora deputato M5s.
IL RETROSCENA SUL PROGETTO DEL 2019 DI CAFIERO DE RAHO
Rievocando il retroscena, il Giornale evidenzia quasi l’accanimento di Federico Cafiero de Raho nell’ottenere dal Parlamento e dal governo pieni poteri nella gestione delle Sos, al punto tale da scontrarsi con i capi delle procure locali, che chiesero l’intervento di Giovanni Salvi, procuratore generale della Cassazione, affinché arginasse “l’invadenza” dell’allora procuratore. Cafiero de Raho voleva portare nelle mani della Dna non solo le Sos relative ai reati di sua competenza, ma anche diversa da quelle relative a criminalità organizzata mafiosa e terrorismo. In quella memoria presentata alla commissione se la prendeva con la presidenza del Consiglio che aveva «totalmente cassato» la norma dal decreto che doveva recepire una direttiva europea.
Federico Cafiero de Raho, quindi, voleva accentrare un maxi patrimonio di dati sensibili provenienti dalle Sos per smistarle poi lui alle varie procure. A quel progetto si opposero i capi delle cinque più importanti procure italiane, nella riunione con Salvi. Il piano si bloccò, ma solo sulla carta, perché poi è emerso che alla fine la Dna ottenne comunque il monopolio delle informazioni. Su questa vicenda potrà dare qualche spiegazione il deputato M5s, quando verrà convocato dalla commissione Antimafia di cui ora è vicepresidente per la vicenda dossieraggi.