L’unica cosa chiara nelle vicende legate alle presunte intercettazioni indebite messe sotto indagine a Perugia è paradossalmente che non c’è nulla di chiaro. L’impressione è però che si sia tolto il tappo a un vaso di Pandora da cui potrebbe uscirne un vento impetuoso di spiriti maligni capace di destabilizzare la Repubblica e non solo la politica. In definitiva: chi controlla i controllori e garantisce che le tante (troppe?) news raccolte “a fin di bene” non possano essere usate per l’esatto contrario?



La prudenza è necessaria e la prova sono proprio i commenti sulla vicenda che – a seconda delle testate, delle persone coinvolte e dei loro padrini – non differiscono in modo evidente. C’è attesa, timori, incertezza. Mentre le TV generaliste si limitano a dare dettagli superficiali e precotti, si nota un certo imbarazzo soprattutto a sinistra: se si ammettesse un eccesso di intercettazioni e di pochi controlli si darebbe implicitamente ragione a Nordio che da tempo ne chiede una cura dimagrante, ma d’altronde dalle carte potrebbero emergere dettagli pesanti per uomini di “panza” e di Governo su cui potenzialmente sfruculiare. Ma se poi dalle stesse fonti uscissero altri coinvolgimenti di ex Premier e Governi degli ultimi anni?



Da destra si sottolinea la scorretta diffusione di news su Crosetto, ma anche qui vale la prudenza: chi è senza peccato scagli la prima pietra.

Quindi, il vero punto discriminante resta la sottile linea da tracciare tra il lecito e l’illecito dei controlli, stando in equilibrio tra una doverosa privacy a tutela delle persone, ma anche la necessaria e pubblica trasparenza che deve accompagnare ogni personaggio politico più o meno di governo. Alle spalle resta il problema di fondo: in un mondo informatico dove tutto lascia traccia, chi controlla, appunto, i controllori? L’Antimafia che deve impedire corruzione e illeciti può essere a sua volta controllata e diventare – volente o nolente – fonte a sua volta di pressioni e dossier?



Un punto fermo è che il procuratore perugino Raffaele Cantore gode di buona fama sia come inquirente che come magistrato e infatti – se è vero che l’indagine va avanti da tempo – è cosa positiva che per qualche mese non se ne fosse parlato, a sottolinearne proprio la riservatezza dopo che la solita “velina” era approdata alla redazione di Domani già nell’ottobre dell’anno scorso, tanto che sarebbe stata proprio una denuncia del ministro della Difesa Crosetto a dare il via alle indagini.

La vicenda gira intorno al tenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano (che non è un maresciallo, come è stato scritto, ma un ex luogotenente che ha vinto il concorso da ufficiale) e che non si capisce bene – almeno fino ad ora – se abbia o meno abusato dei compiti che gli erano stati affidati, ma che sembra abbia potuto accedere con una certa facilità a centinaia di profili e migliaia di dati riservati acquisendo una massa imponente di dati.

Il militare è stato da tempo perquisito, interrogato, trasferito e allontanato dal suo incarico, ma pare abbia negato ogni irregolarità, sostenendo che i controlli e i dati ricavati fossero stati portati avanti per motivi d’ufficio e dopo l’autorizzazione dei propri comandanti. Se è vero, chi ha in mano adesso tutti quei file e come vengono conservati, oppure sono stati distrutti? È una situazione ambigua che ricorda tanto quella che fu la nebbia creata e costruita dalla (e poi intorno) alla loggia P2 di Licio Gelli, vicenda che stritolò carriere e Governi.

Nella rete – è proprio il caso di dire – ci sarebbero intanto finiti dentro tutti e di più: dal ministro della Difesa Crosetto a Matteo Renzi, dai movimenti finanziari di Giuseppe Conte e della sua compagna a quelli di Francesco Totti o dell’allenatore della Juve Massimiliano Allegri. Poi i vari Rocco Casalino e compagno con una fiumana di altri personaggi pubblici più o meno noti.

Sicuramente occorreranno verifiche trasparenti e inoppugnabili per stabilire se la Direzione Investigativa Antimafia avesse o no il diritto di indagare su questi dati, indispensabili per scoprire eventuali attività illecite o corruttive, ma anche facilmente trasformabili – appunto – in una potenziale bomba politico-economica se finissero in mani sbagliate.

Un’indagine che sembra andare avanti da mesi e qua e là emergono ora dei numeri che – se confermati – sarebbero allarmanti per tutti, per esempio che alla base delle indagini ci sarebbero circa 145.000 segnalazioni annue “attenzionate” dalla DIA, struttura che paradossalmente a questo punto si ritroverebbe ad avere in mano potenzialmente il controllo dell’intero Paese. Di nuovo, chi controlla i controllori? Possibile che sia bastata l’investigazione di un ex sottufficiale della Finanza per controllare l’Italia?

Le segnalazioni per movimenti bancari ingenti o su conti esteri non sono di per sé reati, ma danno un potere enorme a chi li conosce e – soprattutto – quali altri tipi di informazioni sono (forse) arrivate in mano agli inquirenti e per farne che cosa?

Domande e risposte che potenzialmente potrebbero renderci tutti ricattabili.

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