«Se Dio non esiste, allora tutto è permesso»: aveva capito tutto e aveva capito tanto Fedor Michajlovic Dostoevskij, forse il più grande genio della letteratura moderna, nato alla vita 200 anni fa, l’11 novembre 1821 a Mosca (morto poi il 28 gennaio 1881 a San Pietroburgo). Provare a “capire” chi era Dostoevskij non solo è opera “inutile” ma anche abbastanza noioso: quando si conosce qualcuno di eccezionale, hai voglia a raccontarlo agli altri, occorre solamente farlo incontrare. Ebbene, incontrare oggi Dostoevskij è possibile grazie ai suoi romanzi incredibili che non finiscono mai di svelare ad ogni lettura un “atomo” in più della coscienza ed esistenza umana.



Delitto e Castigo”, “I demoni”, “Memorie dal Sottosuolo”, “L’idiota”, “Povera gente”, “Il giocatore” e ovviamente il capolavoro dei capolavori, “I fratelli Karamazov” solo per l’utenza più retorica e banalizzante sono dei “mattoni russi” incomprensibili ai più. Non è così e lo dimostra anche solo imbattersi nelle prime pagine di alcuni dei capolavori dostoevskijani: quando infatti qualcuno arriva a scrivere, «Il segreto dell’esistenza umana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive», è difficile poi staccarsi da un’eccezionalità umana e culturale del genere.



LA LIBERTÀ IN DOSTOEVSKIJ

Si può rifiutarlo o amarlo, non si può rimanere “indifferenti” davanti ad un genio impareggiabile nel cogliere le profondità dell’esistenza umana: come ha brillantemente raccontato lo scorso 8 novembre sul “Corriere della Sera” Alessandro D’Avenia, incontrare Dostoevskij può davvero cambiare la vita per sempre. «Il suo sguardo sulle cose era quello di cui avevo e ho sempre bisogno: la passione per l’uomo e quella per Dio». È in questa “duplice” libertà che si è sempre mosso il grande romanziere russo ed è su quella sottile ma incredibile “cornice” che D’Avenia riesce a cogliere più di altri l’essenza stessa della grandezza di Dostoevskij: «Mi affascinava che in me ci fossero così tante cose e che qualcuno mi aiutasse a vederle e abitarle, senza dover fuggire o sentirmi strano: io volevo vivere all’altezza di quelle domande, anche se irrisolvibili, a costo di tenerle vive sino all’ultimo istante, perché quel domandare è già pregare, ricevere, trovare. E poi amavo i suoi personaggi, così imprevedibili e contraddittori: liberi». Ed è così che da Raskolnikov al Principe Myskin, dai fratelli Karamazov fino allo Starec Zosima, sono personaggi sì ma sono prima di tutto uomini, esseri pensanti e tormentati, persone come noi che si pongono i drammi della vita come l’ultimo individuo di questo mondo: siamo concordi dunque con D’Avenia quando traspone l’inno forse più bello e appassionante per la libertà umana, le parole dello Starec Zosima nei “Karamazov” che esprimono la forma più alta di quella “Bellezza” che salverà tutti noi, ovvero il mondo. Eccole: «Amate l’uomo anche nel suo peccato, giacché proprio questo è l’amore divino e la forma suprema dell’amore sulla terra. Amate l’intera creazione come ciascun granello di sabbia. Amate ogni fogliolina, ogni raggio divino. Amate gli animali, amate le piante, amate ogni cosa. Se amerete ogni cosa, in ogni cosa coglierete il mistero di Dio. E una volta che lo avrete colto, lo comprenderete ogni giorno di più. Arriverete, finalmente, ad amare tutto il mondo di un amore totale». Basta, ora tocca a voi: leggete e scoprire le meraviglie di Dostoevskij. Ovvero le meraviglie di questo mondo.

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