DOTE DA 10MILA EURO AI 18ENNI: PERCHÈ NON È SOSTENIBILE IL PIANO LETTA
La prima vera proposta elettorale lanciata da Enrico Letta e dal Partito Democratico prende spunto, quasi interamente, all’idea avanzata nel 2021 poi però bocciata dal Premier Draghi: la “dote ai 18enni” è nient’altro che un bonus da 10mila euro da attribuirei ad appena maggiorenni provenienti da famiglie con basso reddito, ideato per «formazione e istruzione, lavoro e imprenditorialità, casa e alloggio». La proposta partorita dal Pd prevede come modalità di finanziamento della dote, un’aliquota (tassa) al 20% sui trasferimenti in favore del coniuge o di parenti in linea retta oltre i 5 milioni di euro: in sostanza, la tassa di successione (anche se nella rinnovata proposta Dem non figura l’eventuale importo, ndr) per finanziare un bonus per i 18enni. Bocciata tanto da Draghi («Non è il momento di prendere soldi ai cittadini») quanto da Renzi e da tutto il Centrodestra, per Letta (che oggi ha chiuso l’accordo con Azione-PiùEuropa) è invece l’arma giusta per concedere bonus ai giovani e al tempo stesso rilanciare una “patrimoniale” sugli alti redditi in Italia.
Al netto delle contrapposizioni politiche e le prevedibili critiche dal campo avverso, il nodo su cui si basa la proposta della dote 18anni riguarda la copertura economica: diverse critiche, al netto della opportunità di “lanciare una nuova tassa”, puntano sul fatto che concedere un assegno una tantum non sia preferibile alla riaccensione dell’ascensore sociale determinato da formazione più efficiente che generi un ritorno della produttività in modo da alzare occupazione e redditi. Ma è proprio su questo punto che un dettagliato articolo del “Sole 24 ore” a firma Gianni Trovati mette in forte dubbio la “sostenibilità” finanziaria della proposta Dem sulla “Dote ai 18enni”.
PATRIMONIALE, GETTITO E NUMERI: LO STUDIO DEL SOLE24ORE
«Secondo il Pd la dote andrebbe a circa metà dei neo 18enni, dunque a 280mila persone l’anno. Con un costo conseguente da 2,8 miliardi», spiega lo studio del “Sole24ore” analizzando la proposta avanzata da Enrico Letta all’ultima Direzione del Partito Democratico. Ebbene, per finanziare il tutto serve aggiungere tale somma ad un’imposta-tassa (quella di successione) che negli ultimi 3 anni ha prodotto circa 700 milioni all’anno: «Per arrivare a 3,5 miliardi (i 2,8 più il gettito attuale) bisogna moltiplicarla per cinque», spiega ancora Trovati. Resta da capire però come poter “aumentare” la cifra da coprire: nei documenti Pd fino ad oggi si parla di una platea da circa 600mila persone, l’1% degli italiani, a cui sganciare la “patrimoniale” sulla successione con aliquota del 20% a partire da 5 milioni di euro (con tassazione progressiva sulle successioni di patrimoni da un milione in su).
Ecco, qui il problema si fa piuttosto concreto: secondo il “Sole24” nell’ultimo rapporto dell’Associazione Italiana di private banking, «i patrimoni milionari si incontrano invece in circa 165mila famiglie, cioè fra poco più 300mila italiani (immaginando ovviamente che i titolari siano solo i due genitori)». Numeri incerti dunque, ma non solo: a contrastare la proposta del Pd vi entra un altro aspetto legato sempre alla tassa di successione: «Questa deve avere un gettito costante, altrimenti negli anni di magra la «dote» finirebbe a carico anche della fiscalità generale», rileva Trovati. Insomma, gli incassi delle successioni variano del 40-50% – chiosa l’articolo del Sole – in un solo anno dato che la “livella” «agisce disinteressandosi del patrimonio di chi chiama».