Alba Veronica Puddu, la dottoressa di Cagliari che curava i pazienti oncologici con ultrasuoni e radiofrequenze è stata condannata all’ergastolo per omicidio aggravato, truffa e circonvenzione di incapace. Il caso per la prima volta era stato sollevato dal programma tv Le Iene, nel 2017, proseguito poi con una denuncia la sospensione dall’ordine dei medici, ed un lungo processo concluso con l’ergastolo. La condanna è stata stabilita dalla Corte d’Assise di Cagliari in quanto la dottoressa avrebbe consapevolmente accelerato la morte dei suoi pazienti somministrando terapie alternative, come radiofrequenza e ultrasuoni, convincendoli ad interrompere i regolari cicli di chemioterapie ai quali dovevano sottoporsi.



Alba Veronica Puddu, di Tertenia in provincia di Nuoro, è accusata dell’omicidio volontario e di truffa ai danni di tre dei suoi pazienti: Davide Spanu, Franco Garau e Fiorenzo Fiorini. Secondo i familiari delle vittime i tre, malati di tumore, si sarebbero fidati delle cure proposte dalla dottoressa, ed indotti ad abbandonare le terapie tradizionali con l’inganno.



Alba Veronica Puddu si difende: “I pazienti hanno scelto liberamente”

La sentenza di primo grado arrivata per la dottoressa Alba Veronica Puddu, è anche superiore alla pena di 24 anni di carcere richiesta precedentemente dalla Pm Giovanna Moro. Secondo la Corte di Cassazione merita l’ergastolo, per aver consapevolmente indotto a morte ed ingannato almeno tre dei suoi pazienti. Ma i legali della dottoressa non sono d’accordo ed annunciano già la battaglia.

Secondo la difesa, Alba Veronica Puddu non avrebbe mai proibito ai suoi pazienti di proseguire la chemioterapia. Sostengono gli avvocati, che le persone che erano in cura dalla Puddu, sarebbero state perfettamente consapevoli che le terapie alternative proposte avrebbero solo funzionato come terapia del dolore e non come cura al problema oncologico. Sicuramente la difesa proporrà il ricorso in appello, perchè come ha dichiarato alla stampa il legale Michele Zuddas, gli elementi dell’indagine sono controversi e la condanna “va oltre le responsabilità che possono essere attribuite alla mia assistita.”