Un’azienda sanitaria di Bolzano, la Südtiroler Sanitätsbetrieb, è stata condannata a risarcire quasi 200 mila euro, interessi inclusi, nei confronti di una dirigente apicale, una dottoressa specializzata in farmacia chemioterapica. La sentenza porta la firma del giudice del lavoro Eliana Marchesini e risale all’autunno del 2021, quando il medico fece causa all’azienda per essere stato sospeso nel settembre di quell’anno. L’azienda sanitaria aveva sospeso la dipendente in quanto questa non si era vaccinata contro il Covid-19. La sua decisione sarebbe stata influenzata dal fatto di aver già contratto la malattia pochi mesi prima: non c’entrerebbero nulla, dunque, posizioni no vax.
La sentenza ha stabilito che alla dottoressa, difesa dagli avvocati Mauro Sandri e Olav Gianmaria Taraldsen, vanno restituite tutte le mensilità per quasi un anno: dal 1 gennaio 2022 al 1 novembre dello stesso anno, per un totale di 123.172,30 euro, più gli interessi. A questi si sommano inoltre 11 mila euro di spese e 33.633 euro di detrazioni fiscali che la specialista non aveva potuto scaricare a causa del mancato pagamento dello stipendio. Si arriva dunque a 200.000 euro.
È la condanna più onerosa per un’azienda sanitaria
Come spiega “Il T Quotidiano”, testata trentina, tra le tante cause intentate dai lavoratori nei confronti dei datori che li avevano sospesi, questa è quella con la condanna più onerosa a carico di un’azienda sanitaria. Come abbiamo sottolineato, dunque, la dipendente riceverà gli stipendi arretrati dal 1 gennaio 2022 al 1 novembre dello stesso anno, senza però ricevere gli stipendi da settembre 2021 a gennaio 2022. Questo perché il giudice ha stabilito che per quei pochi mesi la sospensione dell’azienda sarebbe stata da considerare valida.
I legali della dirigente apicale faranno ricorso: ci sarebbe infatti un punto da chiarire relativo al trasferimento ad altre mansioni, previsto durante la pandemia. Questo consentiva al personale non vaccinato di continuare a lavorare ma non a contatto con pazienti. Alla dirigente sarebbe arrivata una proposta – almeno secondo la difesa – poi revocata. Così la dirigente si sarebbe trovata senza stipendio e i molti malati oncologici che seguiva, senza la loro dottoressa.