La storia della country music è piena di loser, perdenti nati, gente dotata di grande talento che rimane nell’oscurità per tutta la vita. Spesso dipende da loro, persone che non hanno avuto la forza di affrontare la vita e sono finite nel buco nero dell’alcol, famiglie spezzate, fino a finire in mezzo alla strada. Ma anche questo destino è molto country. Tante canzoni del padre di questa musica, Hank Williams, finito malamente anche lui, parlano del dramma di coloro che non sono riusciti a inserirsi nella comunità, ne sono stati allontanati perché “cattivo esempio” per i buoni valori dell’America più conservatrice e (d’altro canto la musica country nasce proprio in quella parte dell’America a più alta densità di popolazione Wasp), o ne sono fuggiti da soli. Anime inquiete, beautiful loser.
Negli anni ne abbiamo conosciuti tanti, cantanti di strada senza un tetto sopra le teste, da Ted Hawkins a Calvin Russell, a David Munyon. Sebbene la filosofia americana non conceda un secondo tempo a nessun perdente, questi personaggi sono invece riusciti, spesso all’età in cui gli altri si ritirano dalle scene, a trovare la chance mancata, scoperti casualmente da un mentore, rilanciati con fortuna sul mercato. Spesso morendo pochi anni dopo per i troppi traumi vissuti per la maggior parte delle loro vite.
L’ultima scoperta di questa genia si chiama Doug Seegers, oggi 62 anni, che nei primi anni 60 tenta la carta della canzone d’autore tra New York e Austin senza fortuna. Fallisce anche il tentativo di costruirsi una famiglia, nonostante una moglie e due figli e fugge nella capitale della musica, Nashville. Solo e senza casa, devastato dagli abusi di eroina e alcol finisce per esibirsi al Little Pantry That Could, un ente di carità di West Nashville che distribuisce cibo ai senzatetto e organizza regolarmente serate cantautorali. E’ qui che i responsabili di un programma televisivo svedese dedicato a Nashville lo sentono cantare, rimanendone ammirati. E così il pubblico svedese quando lo vede in tv.
E’ l’inizio della sua seconda chance: a fine maggio 2014, esce il suo album di debutto atteso una vita intitolato Going Down to the River. L’album vede la presenza di Emmylou Harris e Buddy Miller, amico di Seegers dai tempi di Austin. Prodotto da Will Kimbrough, raggiunge il primo posto nella Sverigetopplistan nella sua prima settimana di uscita e di nuovo in agosto, aggiudicandosi il Disco d’Oro. E’ una star, almeno in Svezia, dove incide un disco dopo l’altro, anche uno di canti di Natale.
A Story I Got to Tell il nuovo disco uscito in questi giorni, è il tentativo di lanciarlo internazionalmente (in Italia lo fa la Pomodori Music). E’ un disco di grande bellezza: Seegers è dotato di una splendida voce tipicamente country, nonostante qualche acciacco dovuto all’età e alla vita difficile, le sue canzoni sono country purissimo, quello autentico, quello di Hank Williams per intendersi, non le schifezze del country pop che vanno di moda da anni a Nashville. Canzoni sofferte, la splendida My Little Finger, tipico R&B alla Fats Domino con tanto di fiati, lo swing con chitarra jazzata di Poor side of town, le chitarre tremolo anni 50, ma quello che colpiscono di più sono le intense ballate, come l’iniziale White Line, che ricordano oltre il già citato Williams, anche la sensibilità di Roy Orbison (Demon Seed).
Disco ottimamente prodotto e suonato da musicisti di vaglia, pedal steel in evidenza, il senso magnifico della vecchia honky tonk music. Qualcuno ha scritto che la sua musica è una sorta di Marvin Gaye che incontra Hank Williams che incontra Jimmy Webb che incontra Ray Charles. Ed è vero. E’ l’ultimo rappresentante di una generazione destinata a scomparire senza eredi. Godiamocelo fino a quando è in giro.