Nessun ritorno in classe il 14 dicembre, tutto rinviato al 7 gennaio, quando al 75% degli studenti delle scuole superiori dovrà essere garantita la didattica in presenza. È quanto prevede il nuovo Dpcm in vigore da oggi. Dopo che per diversi giorni l’ipotesi di riaprire le scuole il 14 dicembre aveva tentato soprattutto il premier Conte e i ministri pentastellati (“Le scuole sono in grado di riaprire sin da subito, siamo in grado di farlo” avrebbe garantito la ministra Azzolina, spalleggiata anche dal ministro Bonafede, che avrebbe chiesto di fugare qualsiasi dubbio soprattutto sul nodo trasporti), uno dei temi più dibattuti in Consiglio dei ministri trova così soluzione. Il rinvio a dopo l’Epifania, peraltro caldeggiato anche dalla Ue, trova d’accordo Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp), che in vista del 7 gennaio accende i riflettori su tre questioni chiave che vanno risolte entro quella data: “programmare adeguati flussi di trasporto pubblico, potenziare i servizi sanitari territoriali e garantire la disponibilità al 100% dell’organico in tutte le scuole”.
Il nuovo Dpcm punta gli occhi sul 7 gennaio, quando riapriranno le scuole superiori. Il testo approvato dal governo prevede che dal 7 gennaio 2021 al 75% della popolazione studentesca sia garantita l’attività didattica in presenza. Che cosa significa in concreto?
Le scuole si dovranno organizzare per far frequentare le lezioni in presenza al 75% degli studenti. Credo che si potranno adottare diverse formule.
Ma come Anp darete indicazioni operative più precise ai presidi su come comportarsi?
Assolutamente sì. Studieremo con attenzione il testo del Dpcm e proporremo suggerimenti concreti.
Secondo lei, avendo davanti un mese, che cosa andrebbe programmato per bene in vista del 7 gennaio, così che, una volta riaperte, le scuole non corrano più il rischio di essere richiuse poco dopo?
Sono necessari tre interventi. Innanzitutto, va sicuramente programmata una riorganizzazione del sistema del trasporto pubblico, importante soprattutto per la scuola secondaria superiore, per evitare eccessivi affollamenti e rischi di contagio durante il tragitto.
In secondo luogo?
Bisogna provvedere a un potenziamento dei servizi sanitari territoriali, che in qualche modo stanno comunque migliorando nella loro efficienza. Le Asl sono molto probabilmente riuscite a dedicare più personale al servizio di monitoraggio e tracciamento dei contatti.
Il terzo intervento indispensabile?
Come abbiamo più volte ricordato, è la disponibilità del 100% dell’organico in tutte le scuole, perché ancora non è così per tutte.
Ci sono ancora molte cattedre vuote un po’ ovunque?
Sì, ci sono percentuali significative. È un problema che va risolto al più presto, e il tempo per farlo non manca.
A preoccupare è soprattutto il nodo dei trasporti e della mobilità degli studenti. Si stanno facendo passi avanti, dopo l’impasse dei mesi estivi che ha pesato sulla ripartenza del 14 settembre? Sono già in agenda delle riunioni operative? E su che cosa auspicabilmente si dovrebbe decidere in questo mese?
Bisogna compiere uno studio accurato sui flussi dei passeggeri per capire dove è possibile intervenire, magari semplicemente con uno scaglionamento degli orari d’ingresso nelle scuole. Questo però significa anche che devono essere programmate delle corse per riportare gli alunni a casa quando escono più tardi. Inutile chiedere di far entrare gli studenti alle 9,30, se poi non c’è un autobus disponibile alle 14,30 o alle 15. Infine, potrebbe essere necessario assumere più autisti o acquistare più mezzi di trasporto. I fondi sono stati stanziati, gli enti locali dispongono di queste risorse con le quali possono potenziare il servizio.
È ancora in piedi l’ipotesi di scaglionare gli ingressi a scuola? La proposta è rimasta sulla carta perché incontra molte resistenze?
Resta un’ipotesi praticabile, da parte delle scuole c’è disponibilità. Ma questa disponibilità deve essere inquadrata in un sistema organico: non è che ogni scuola possa decidere sul da farsi in modo disgiunto dalle altre presenti sul territorio. Serve un tavolo di confronto, che potrebbe benissimo essere quello della prefettura, quindi a livello provinciale, in cui discutere delle varie opzioni e delle singole linee di trasporto, che possono essere modificate per poter magari collegare più istituti vicini tra loro. Un tavolo di confronto che può avere buone possibilità di successo.
Intanto alcune regioni potrebbero uscire a breve dalla zona rossa. Quindi torneranno in classe tutti i ragazzi delle scuole medie?
Ciò dipende da quando ci sarà questo cambio di colore. Avvenisse ora, credo che sarebbe inevitabile un ritorno in classe, peraltro auspicato da molti. Abbiamo contezza di molti movimenti spontanei di famiglie e studenti che chiedono proprio il ritorno alla didattica in presenza.
Il governo ha discusso anche un possibile ritorno in classe per le secondarie superiori dal 14 dicembre. Lei era d’accordo con questa scelta?
L’idea è tramontata e saluto con favore questo tramonto.
Ma che senso poteva avere far rientrare in classe professori e studenti quando solo pochi giorni dopo le scuole avrebbero chiuso per le festività natalizie?
Effettivamente tornare in classe per sette giorni con un week-end in mezzo non aveva proprio alcun senso.
Con quale atteggiamento e spirito i presidi stanno vivendo questo andamento intermittente, difficile e anomalo dell’anno scolastico? E cosa chiedono?
Chiedono ovviamente che vengano al più presto individuate quelle condizioni che possano rendere stabile il più possibile la situazione e lo svolgimento in presenza delle lezioni. Vorrei ricordare che prima di settembre la scuola aveva fatto la sua parte, lavorando per tutta l’estate. All’interno delle scuole le regole di sicurezza sono adottate e sono ben note. Il problema dei contagi è al di fuori delle scuole, dobbiamo fare in modo che questi focolai potenziali – trasporti e non solo – vengano disinnescati, in modo che l’attività scolastica possa proseguire regolarmente.
Il governo si dimostra sensibile e attento a queste richieste?
Nel Dpcm trovo trasfuse molte di queste attenzioni. Sono quindi fiducioso che le cose possano andare per il meglio a partire dal 7 gennaio.
(Marco Biscella)