“Se abbiamo avuto poco più di 11 milioni di contagiati a fine marzo, presumibilmente a fine pandemia arriveremo al raddoppio e quindi ci sarà una buona parte della popolazione, ancorché non maggioritaria, che sarà venuta a contatto con il virus. In prospettiva dobbiamo guardare al futuro in maniera più rosea di come facciamo adesso. Ecco perché nuove misure restrittive o un’Italia tutta in zona rossa non hanno senso”. L’epidemiologo Giulio Tarro, Primario del Cardarelli di Napoli durante l’epidemia del colera, boccia senza appello l’idea del governo di introdurre maggiori restrizioni e divieti dopo quelli varati prima di Natale.
Eppure il ministro Speranza parla di recrudescenza dell’epidemia. Non è così?
Francamente non vedo questi numeri allarmanti, visto che siamo alla fine di un periodo di feste natalizie molto ristretto e costretto dalle disposizioni adottate dal governo, che ha proibito tutto quello che la maggior parte degli altri paesi ha fatto durante queste ferie. Stiamo dando dei dati che hanno bisogno di ulteriori approfondimenti. Aspettiamo almeno una settimana, mi sembra tutto così precipitoso e preventivato.
Si parla tanto di questa variante inglese molto contagiosa. In Italia non circola?
E’ stata identificata quasi subito, addirittura prima che fossero bloccati i voli, in questo caso inutilmente, dal Regno Unito. Che sia una variante più trasmissibile non significa, fortunatamente, che sia più aggressiva.
Come si presenta realmente la situazione nei pronto soccorso e nelle terapie intensive? Sono piene?
A sentire quelli che lavorano nelle terapie intensive, come il professor Zangrillo, non mi pare che sia così dappertutto.
In alcune terapie intensive però siamo ben oltre la soglia del 30% dei posti occupati…
Siamo in un paese che è tutto in zona gialla tranne 5 regioni arancioni. Dobbiamo ragionare in base ai colori e non facendo di tutta un’erba un fascio.
Sta dicendo che l’epidemia in Italia non si presenta in misura così uniforme?
Esatto. E’ la stessa cosa che succede nei 50 Stati degli Usa: non sono tutti simultaneamente paragonabili. E’ una questione di logica e di buon senso.
Le restrizioni adottate prima di Natale non hanno funzionato?
Non era il caso di adottare queste misure prima di Natale, visto che non hanno funzionato, sempre ammesso e non concesso che ci sia questo aumento dei contagi.
Il governo sta pensando di introdurre nuove misure più stringenti. E’ opportuno farlo?
Sono da sempre dell’idea che queste misure stringenti non hanno portato ad alcun risultato, se non all’affossamento dell’economia o all’aumento dei disagi, con un’enorme diffusione di disturbi psichiatrici e in alcuni casi dei suicidi.
Che cosa sarebbe giusto fare in questa fase della pandemia?
Bisognerebbe ispirarsi a quello che fanno negli altri paesi, anche in Europa, senza arrivare ai casi di Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Australia o Nuova Zelanda. Finora abbiamo sbagliato tutto.
Perché tutto?
Perché noi, a fronte di un esaurimento del virus, già a luglio non abbiamo contrastato quei pochi episodi che non erano la norma: penso alla comunità di bulgari a Mondragone, all’areo atterrato a Fiumicino dal Bangladesh o ai grossi commercianti che andavano e venivano da Slovenia e Bosnia riportando il virus. E ad agosto – ancora peggio – non abbiamo bloccato le frontiere, decisione che invece ha salvato la Cina dal ritorno dell’epidemia. Tutto quello che si è detto e fatto è sempre stato il contrario della ricetta di far circolare il virus tra i giovani, proteggendo gli anziani.
Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico, ha dichiarato: “pur rendendoci conto che ovviamente la soluzione migliore sarebbe quella che abbiamo preso a marzo-aprile, ovvero il lockdown totale e nazionale, non possiamo più farlo”. Servirebbe davvero un’Italia tutta in zona rossa?
Non avrebbe proprio senso. Il lockdown non va imposto con la forza, ma con il ragionamento.
In che modo?
Sapendo che il Covid è un virus che ha un tasso di letalità pari ad appena lo 0,5%, bisogna agire con quelle precauzioni che si sono sempre adottate nei casi di normale epidemia influenzale.
Cioè mascherina, distanziamento e igiene delle mani?
Se c’è il distanziamento si può fare a meno anche della mascherina, soprattutto all’aperto. La mascherina serve nei luoghi al chiuso o nei locali in cui ci sono contatti inferiori a un metro.
Giusto andare con Rt 1 in zona arancione e a 1,25 in zona rossa?
Non ha senso, perché noi registriamo ancora moltissimi portatori sani, che non sono contagiosi.
Il virus si può contrastare con i farmaci?
Certo. E’ importante l’utilizzo dei farmaci, dall’idrossiclorochina al remdesivir, o degli anticorpi monoclonali, se li usassimo, come fanno altrove, e soprattutto – grave errore l’avervi rinunciato – della sieroterapia, istituendo le banche del plasma come profilassi degli operatori sanitari, una sorta di vaccino temporaneo.
A proposito di vaccino, l’aumento dei contagi, che favorisce l’insorgere di nuove varianti del Covid, può mettere a repentaglio l’efficacia della campagna vaccinale?
Fino a una settimana dopo la somministrazione della seconda dose di richiamo, quando diventeranno immuni, tutti i soggetti vaccinati possono ancora essere infettati. Le mutazioni del virus non hanno causato nulla, perché non riguardano le quattro proteine fondamentali del virus, ma solo le proteine accessorie. Dal 2003 chi ha avuto l’immunità cellulare per la Sars è tuttora protetto dal Covid-19.
(Marco Biscella)