DRAGHI OTTIENE LA FIDUCIA MA PERDE IL GOVERNO
Il Senato della Repubblica ha votato la fiducia al Governo di Mario Draghi, solo che non basterà: dopo la lunga giornata di dibattito a Palazzo Madama, passa il voto di fiducia ma con una maggioranza ben più minima di quella uscita una settimana fa dopo lo “strappo” del Movimento 5Stelle sul Decreto Aiuti. Presenti 192, votanti 133, maggioranza 67, 95 voti favorevoli, 38 i voti contrari: non votano ed escono dall’aula il Centrodestra di Governo (meno Toti), ovvero Lega-FI-Noi con l’Italia; anche il M5s, pur restando in Aula, non ha votato la fiducia. A questo punto la fiducia è passata solo con il voto del Centrosinistra, rappresentato da Pd, Autonomie, Insieme per il Futuro (Di Maio), Italia Viva (Renzi), LeU, Italia al Centro (Toti). Il Premier Mario Draghi è uscito da Palazzo Chigi ma non salirà stasera al Colle: presumibilmente domani mattina dovrebbe raggiungere il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma prima seguirà le votazioni alla Camera sulla fiducia. Le dimissioni però restano dietro l’angolo, specie vista la premessa fatta stamane nelle sue Comunicazioni al Senato: «In questo giorno di follia il Parlamento decide di mettersi contro l’Italia. Noi abbiamo messo tutto l’impegno possibile per evitarlo e sostenere il governo Draghi. Gli italiani dimostreranno nelle urne di essere più saggi dei loro rappresentanti», è la reazione del Segretario Pd Enrico Letta.
Gli fa eco il leader di Italia Viva Matteo Renzi: «Come ho detto al Senato da domani nulla sarà più come prima. Ma oggi c’è da dire solo grazie a Mario Draghi. Orgogliosi di averlo voluto contro tutto e contro tutti. Orgogliosi di averlo sostenuto anche oggi». La nota di Carlo Calenda invece è ancora più dura: «Siamo arrivati alla fine di una legislatura disastrosa. Quello che è accaduto oggi è imbarazzante: un gruppo di cialtroni, irresponsabili, di populisti di sinistra e di destra, dal Movimento Cinque Stelle, alla Lega, a Forza Italia, hanno mandato a casa, durante una crisi internazionale senza precedenti, l’italiano più rispettato al mondo. Io voglio dire grazie al Presidente Draghi. Lo abbiamo sempre sostenuto. Abbiamo la coscienza a posto: siamo gli unici a non aver fatto mai Governo con questa gente. Mai governi politici, mai alleanze di comodo». Forza Italia registra una spaccatura fortissima, con l’addio furibondo della Ministra Mariastella Gelmini contro la scelta del suo partito; dalla Lega invece, il commento del Ministro Giorgetti è caustico, «poteva finire meglio a livello istituzionale questa esperienza di Governo». Certo, resta il dato politico: Draghi ha ottenuto una fiducia e dunque non è “tenuto” alle dimissioni, ma è evidente che il suo Governo ne esce completamente indebolito visto il non voto di Lega, Forza Italia e Movimento 5Stelle. Gli scenari restano molteplici ma la possibilità che Draghi resti in sella, con un Governo non sfiduciato, fino alle prossime Elezioni sale notevolmente: resta da capire quando si avrà il voto delle Politiche, con un giorno ancora per far “decantare” tutte le opzioni e arrivare domani ad una risposta forse definitiva.
IL CENTRODESTRA NON VOTERÀ LA FIDUCIA AL GOVERNO DRAGHI
Come ampiamente annunciato, dopo l’intervento di Draghi al Senato nelle repliche alle Comunicazioni, il Centrodestra prende atto che il Presidente del Consiglio non intende aprire alle richieste formulate per un «cambio di rotta della maggioranza» (ovvero l’uscita del Movimento 5Stelle). Sta tutto nella frase finale delle repliche di Draghi: «Non ho molto altro da dire, chiedo che sia posta la fiducia sulla proposta presentata dal Senatore Casini». La risoluzione stringata si pone “in opposizione” a quella postulata dal Centrodestra di Governo: escludendo quella posizione, la scelta di Lega, Forza Italia e Noi con l’Italia è quella di uscire dall’Aula e non partecipare al voto sulla risoluzione con apposta questione di fiducia. La nota del Centrodestra è chiara in questo senso: «Forza Italia, Lega, Udc e Noi con l’Italia hanno accolto con grande stupore la decisione di Draghi di porre la fiducia sulla risoluzione presentata da un senatore – Pierferdinando Casini – eletto dalla sinistra. Il presidente Silvio Berlusconi questa mattina aveva comunicato personalmente al Capo dello Stato Sergio Mattarella e al presidente del consiglio Mario Draghi la disponibilità del centrodestra di governo a sostenere la nascita di un esecutivo da lui guidato e fondato sul “nuovo patto” che proprio Mario Draghi ha proposto in Parlamento».
«Il Governo è naufragato per l’incoerenza del Movimento 5Stelle», è l’accusa lanciata dal senatore Candiani, intervenuto al posto di Matteo Salvini (immagine pienamente politica che sta a significare la non condivisione della scelta di Draghi). «Abbiamo sempre rinnovato la fiducia, anche quando il risultato finale non ci soddisfaceva completamente. Io credo che la crisi andava politicizzata, noi abbiamo proposto un nuovo patto che purtroppo è caduta vista la fiducia. Non abbiamo mai proposto mai temi divisivi, non possiamo ignorare come questi temi parlamentari impattano sul Governo», ha spiegato la capogruppo di Forza Italia al Senato Annamaria Bernini, che conclude «Con amarezza, non parteciperemo al voto della fiducia». Gli fa eco il leghista Candiani, intervenuto subito dopo – e durante il cui intervento il Presidente Draghi è uscito dall’Aula del Senato: «Ci aspettavamo molto dalla sua replica ma abbiamo trovato poco spazio per l’Italia che è fuori da quest’aula. La lealtà dei ministri leghisti non è mai venuta meno. Il problema non è lei, ma l’asse PD-M5S che ha creato solo fibrillazioni in questo Governo». Il senatore della Lega infine si dice dispiaciuto che non sia stata scelta la risoluzione del Centrodestra di Governo, «ci impone quindi di non partecipare al voto della fiducia». Tirando le somme sul voto di fiducia che si terrà dopo le ore 19.15, al momento a favore del Governo Draghi si sono schierati: Pd, Autonomie, Insieme per il Futuro (Di Maio), Italia Viva (Renzi), LeU, Italia al Centro (Toti). Usciranno dall’Aula invece Lega, Forza Italia, Udc, Noi con l’Italia. E il Movimento 5Stelle? Secondo la capogruppo Castellone, intervenuta prima del voto di fiducia, «La legittimità democratica che lei invoca deve anche passare per il riconoscimento dei meriti e il contributo che ogni forza politica ha dato in questi mesi. Lei non ha dato risposte alle nostre domande. Alcune delle forze politiche continuano ad attaccarci, con mozioni che chiedono di farci fuori dal Governo; noi togliamo il disturbo e non partecipiamo al voto di questa risoluzione». Resta da capire il rebus del numero legale in Aula, in quanto la Presidente del Senato Casellati al termine delle dichiarazioni di voto ha dichiarato «così mancherà il numero legale», fissato a 142 voti (mancano 20 senatori in missione ufficiale). Se non c’è il numero legale la seduta viene riaggiornata di un’ora per la prima volta, di 24 ore per la seconda volta: tutto ovviamente se il Premier Draghi non decidesse a questo punto di salire in serata al Quirinale e rassegnare piene dimissioni.
LE REPLICHE DI DRAGHI AL SENATO
«Ringrazio tutti coloro che hanno sostenuto l’operato del Governo», così apre il Premier Mario Draghi nelle repliche al Senato, chiarendo poi che «la nostra democrazia è parlamentare» e che quindi rispondendo all’appello del Quirinale e dei molti cittadini «sono stato indotto a riproporre un patto di coalizione e siete voi parlamentari che decidete. Niente richieste di pieni poteri!». Il Presidente Draghi spiega che in forza della sua natura di “unità nazionale” non è intervenuto su vari punti all’ordine del giorno parlamentari – Ddl Zan, Ius soli, droghe libere, etc… – «il governo non è intervenuto per la sua natura di governo fondato su un’ampia coalizione». Replicando poi all’intervento del senatore Licheri del Movimento 5Stelle, il Premier Draghi rileva «Sul salario minimo, ho detto quello che dovevo dire. Credo si possa arrivare ad un proposta senza il diktat del governo sul contratto di lavoro»; sul Reddito di Cittadinanza invece, Draghi si fa più duro, «è una cosa buona, ma se non funziona, è una cosa cattiva».
Ancora più dura è la risposta di Draghi sul tema del Superbonus 110%, dove lo “strappo” si fa più prossimo: «Sul Superbonus, chi ha disegnato quei meccanismi di cessione è lui o lei o loro i colpevoli di questa situazione in cui migliaia di imprese stanno aspettando i crediti. Bisogna riparare questo pasticcio». Mentre però fino a quel momento le repliche di Draghi sembravano avere un unico interlocutore con forte critica, ovvero il Movimento 5Stelle, la chiusa finale sembra invece sbarrare la strada alla richiesta del Centrodestra unitario (risoluzione Calderoli-Bernini-Salvini-De Paoli) di un netto cambio di rotto per la maggioranza: «Non ho molto altro da dire, chiedo che sia posta la fiducia sulla proposta presentata dal Senatore Casini». A questo punto, la crisi di Governo si fa più vicina in quanto dal Centrodestra potrebbe non giungere il proprio sostegno per la volontà di Draghi di chiamare la fiducia sulla risoluzione del Centrosinistra. Per la cronaca, la risoluzione Casini prevede solo questa minima espressione: «il Senato udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio le approva».
LA REPLICA DELLA LEGA ALLE COMUNICAZIONI DEL PREMIER DRAGHI
Dopo oltre tre ore di dibattito generale a seguito delle Comunicazioni del Presidente Draghi (qui il testo integrale del discorso, ndr), con il ritiro di tutti gli interventi del M5s e del Centrodestra di Governo – per le riunioni fitte avvenute tra Conte e i vertici 5Stelle da un lato, e il vertice a Villa Grande tra Salvini e Berlusconi dall’altro – è giunto la prima risposta della Lega in merito alla richiesta di un nuovo patto di fiducia per scongiurare la crisi di Governo. Massimiliano Romeo, capogruppo del Carroccio al Senato, risponde a tono al Premier ancora in Aula: «Facciamo chiarezza, il presidente Draghi ha dato le dimissioni perché il M5S non ha votato la fiducia», ha esordito Romeo riportando il senso della riunione conclusa poco prima con i vertici della Lega. Dopo aver contestato le mosse di Pd e M5s di questi ultimi giorni, il capogruppo del Carroccio si chiede davanti al Senato «L’obiettivo è salvare il paese o salvare il campo largo?».
La Lega dichiara di aver forte problema nell’accettare un nuovo Governo Draghi con ancora la stessa formazione tenuta fino ad oggi: «A differenza di altri noi dobbiamo rendere conto alla nostra base e ai nostri elettori», ammette ancora Massimiliano Romeo non prima di fissare la condizione chiave per la presenza del Carroccio ancora nell’esecutivo, «Se l’obiettivo è salvare il paese bisogna prendere atto che il M5S non fa più parte della maggioranza». Un rimpasto di Governo, in poche parole, per poter andare avanti: anche perché, prosegue l’intervento di Romeo, è pensabile portare avanti soluzioni contro l’emergenza energetica del Paese «con chi dice no trivelle e no rigassificatori? È impossibile fare gli interessi del paese». Si prenda atto, aggiunge il leghista citando la collega capogruppo di Forza Italia Annamaria Bernini, «è nata una nuova maggioranza, quella del 14 luglio. Serve una nuova maggioranza e un nuovo governo». Altre condizioni in “pillole” dettate dal capogruppo della Lega: va revisionato il Reddito di Cittadinanza, tutelare i lavoratori dopo il Ddl Concorrenza. In conclusione, Romeo esclama: «Ci vuole un governo nuovo, con a capo lei presidente», altrimenti l’opzione è quella del voto anticipato con il Governo attuale in carica per gli affari correnti, «A lei possono essere attribuiti senza problemi i pieni poteri». Da registrare come certamente significativo in vista delle repliche al termine della discussione generale, il Presidente Draghi ha lasciato l’Aula del Senato dopo l’intervento del capogruppo Massimiliano Romeo: fonti del Senato spiegano che la sua uscita è stata per colloquiare con i Ministri Franceschini e Guerini (Pd), Brunetta (FI) e Speranza (LeU).
IL PROGRAMMA DI GOVERNO DEL DRAGHI-BIS
Nella seconda parte del suo discorso, dopo aver sostanzialmente aperto al Draghi-bis successivo allo strappo del M5s, il Presidente del Consiglio ha consegnato un “mini-programma” al Parlamento per ottenere la fiducia nel voto di oggi e domani. «Dobbiamo assicurarci che gli enti territoriali abbiano tutti gli strumenti necessari per il PNRR», ha spiegato il Capo del Governo parlando ancora al Senato, «dobbiamo procedere spediti con le riforme». Per farlo, aggiunge Draghi, «dobbiamo tenere le mafie lontane dal PNRR, è il modo migliore per onorare Falcone e Borsellino»: non solo, la riforma del codice degli appalti è stata approvata, ma è in corso il lavoro sugli schemi dei decreti delegati. Draghi rintuzza il Parlamento sottolineando come la riforma della concorrenza «serve ad aumentare la crescita, gli investimenti e l’occupazione». Cita poi il Ddl Concorrenza tornando a usare toni forti: «Il decreto concorrenza, che include taxi e concessioni balneari, va approvato prima della pausa estiva. Non c’è bisogno di sostegno a proteste contro il governo». Il Presidente del Consiglio elenca poi gli altri impegni da prendere da qui alla fine della Legislatura: «La legge sulla giustizia tributaria deve essere approvata entro fine anno», ma anche l’attenzione ai temi sociali, «Non abbiamo mai alzato le tasse ai cittadini», spiega Draghi dicendo che questo non avverrà nemmeno in futuro.
Occorre poi rafforzare il potere d’acquisto delle fasce più deboli della popolazione, rileva Mario Draghi ancora nel suo discorso al Senato, «e guardare ai salari più deboli per migliorare i contratti collettivi. Dobbiamo muoverci verso la direttiva europea sul salario minimo». Dopo aver aperto di fatto al M5s, Draghi strizza l’occhio alla Lega e spiega come il Reddito di Cittadinanza «è una misura importante, ma può essere migliorato». Infine, Draghi tocca il tema della riforma delle pensioni: «migliore flessibilità in uscita e rapporto con i metodo contributivo». Fronte gas, Draghi con forza rileva «Dobbiamo accelerare l’istallazione dei rigassificatori a Piombino e Ravenna. Non è possibile parlare di emergenza energetica per gli italiani e poi protestare contro queste infrastruttura: siamo determinati a diversificare i fornitori di energia» anche perché «dobbiamo portare avanti la transizione energetica verso energia pulita». Sul Superbonus, Draghi immette alcuni correttivi per farlo funzionare al meglio: «Intendiamo affrontare la criticità sulla cessione dei crediti fiscali del superbonus, ma ridurre la generosità dei contributi». Dalla politica interna a quella estera, con ovviamente l’Ucraina in primo piano: nelle Comunicazioni al Senato, «Dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina in ogni modo. Come mi ha spiegato ieri Zelensky al telefono, armare l’Ucraina è il solo modo per permettergli di difendersi». Occorre però spendersi per fasi negoziali su tutti i campi, aggiunge il Premier, «Dobbiamo batterci per una misura sul tetto dei prezzi del gas. L’UE è la nostra casa». In conclusione, il Presidente del Consiglio chiede per poter affrontare tutto questo programma «un governo forte e coeso, e un parlamento che lo accompagni. All’Italia non serve una fiducia di facciata che sparisca avanti i provvedimenti scomodi». Draghi chiedendo direttamente al Senato che lo ascolta, «Voi siete pronti a ricostruire questo patto di fiducia? Siete pronti a confermare lo sforzo compiuto nei primi mesi e che si è affievolito? Questa risposta dovete darla agli italiani, non a me».
IL DISCORSO DEL PREMIER MARIO DRAGHI AL SENATO
Ricostruire da capo il patto di fiducia alla base del governo. Con coraggio, altruismo, credibilità: questo ha detto il Premier Mario Draghi nel suo discorso al Senato, di fatto aprendo alla possibilità di un “Draghi-bis” dopo le dimissioni della scorsa settimana. «Giovedì scorso ho rassegnato le mie dimissioni, questa decisione è seguita al venire meno della maggioranza di unità nazionale che ha appoggiato questo Governo fin dalla sua nascita»: Draghi apre così le sue Comunicazioni spiegando perché Mattarella gli ha chiesto di spiegare al Parlamento le ragioni di quella scelta. «È una scelta sofferta e dovuta», aggiunge il Capo del Governo: emergenza pandemica, economica e sociale erano le tre assi per la nascita di questo Governo, ricorda ancora Draghi. «Ho condiviso il rinvio alle Camere del Presidente della Repubblica», sottolinea il Premier ricordando come non essendo stato eletto davanti agli italiani «occorre che si abbia una profonda maggioranza in Parlamento in quanto le decisioni influiscono sul bene dei cittadini». Per il Premier, In questi mesi l’unità nazionale «è stata la migliore garanzia della legittimità costituzionale» però nelle ultime settimane questo è venuto meno. Superata la fase acuta della pandemia l’economia è tornata a crescere con il debito pubblico calato: la stesura del PNRR ha poi aggiunto modernità a questo Paese, «Il Parlamento ha avviato una serie di investimentj e riforme senza precedenti. Ad oggi, tutti gli obiettivi dei primi due semestri del PNRR sono stati raggiunti con l’arrivo di un totale di 67 miliardi».
Draghi ricorda come l’appoggio di maggioranza e opposizione ha permesso di rispondere alla invasione russa dell’Ucraina: «L’Italia può e deve avere un ruolo guida all’interno dell’UE e del G7«, ricorda il Presidente del Consiglio dimissionario. La ricerca della pace, aggiunge Draghi, deve essere sostenibile e duratura». Il merito di tutti i risultati raggiunti dal Governo «è stato vostro, del Parlamento. La vostra è stata la migliore risposta all’appello dello scorso febbraio della Presidenza della Repubblica», tuona il Presidente Draghi, «Gli italiani hanno sostenuto il miracolo civile» sopportando le restrizioni della pandemia e tutte le emergenze che hanno succeduto, «Mai come in questi momenti sono stato orgoglioso di essere italiano». Qui però Draghi pone l’accento sulla crisi di Governo sopraggiunta: «Con il passare dei mesi le forze politiche hanno posto un desiderio di distinguo e divisione», sottolinea Draghi, «La riforma del CSM, del catasto, delle concessioni balneari hanno mostrato uno sfarinamento della maggioranza». Non solo, aggiunge il Premier, «Abbiamo avuto tentativi di fiaccare l’opposizione a Putin. Il desiderio di andare avanti si è progressivamente esaurito». Draghi attacca i 5Stelle dopo il non voto di fiducia sul Decreto Aiuti: «Non è possibile contenere un non voto alla fiducia, perché potrebbe dire che chiunque può ripeterlo», tuona il Capo del Governo, «L’unica strada, se vogliamo ancora restare insieme, è ricostruire da capo questo patto. Con coraggio, altruismo, credibilità. La mobilitazione di questi giorni è senza precedenti e impossibile da ignorare» aggiunge con voce perentoria Mario Draghi. Il Premier aggiunge nel suo discorso al Senato come «È un sostegno immeritato, del quale sono enormemente grave», in particolare «Mi hanno colpito in particolare l’appello di circa 2000 sindaci e quello del personale sanitario». Il punto è se sia possibile ricreare le condizioni per ricostruire il Governo: «L’Italia ha bisogno di un governo capace di muoversi con efficacia».
COMUNICAZIONI DRAGHI AL SENATO: DIRETTA LIVE, TENSIONE ALLE (5)STELLE
La tensione sale alle stelle: con una infida battuta, potremmo dire che sale “alle 5Stelle”: dopo lo strappo sul Dl Aiuti della scorsa settimana, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha rassegnato le sue dimissioni subito però respinte dal Quirinale per “parlamentarizzare” la crisi di Governo. Eccoci dunque arrivati a quel “redde rationem” scatenato negli scorsi giorni: alle ore 9.30 al Senato scatteranno le Comunicazioni del Presidente Draghi con le quali verrà sottolineato origini e motivi che hanno portato alle dimissioni. Non solo, vista la presenza di un voto di fiducia conclusivo a tali Comunicazioni – per ferrea volontà del Colle – l’occasione di oggi al Senato e domani alla Camera è quella di verificare se ancora esista una maggioranza ampia a sostegno del Premier Draghi: i numeri potrebbero però non bastare, specie se effettivamente il M5s dovesse “strappare” definitivamente in Aula votando contro il discorso del Presidente del Consiglio. La linea di Conte, dopo giorni di assemblee e fratture interne, si è limitata ad un «deciderà Draghi se aprire alle nostre richieste per il Paese»; secondo le fonti raccolte in queste ultime ore, 5-6 senatori e una ventina di deputati potrebbero essere pronti ad abbandonare il Movimento 5Stelle per votare piena fiducia al Premier Draghi.
A quel punto il Governo potrebbe trovarsi una maggioranza comunque molto ampia alla Camera e importante al Senato: servirà capire se ciò basterà per “rimangiarsi” la frase dettata più volte nell’ultimo mese, «non ci sarà un altro Governo Draghi senza il M5s». Gli appelli lanciati a livello internazionale, da parte della società civile e dalle imprese – raccontano da Palazzo Chigi – hanno lasciato il segno in un Presidente assai seccato nei giorni scorsi per le continue turbolenze in seno alla sua maggioranza: Pd con Italia Viva e centristi puntano al Draghi-bis, anche se Renzi assieme a Forza Italia e Lega ha già fatto sapere che non potrà più esserci spazio per il Movimento di Conte, pena l’andare alle Elezioni anticipate. Parte dei dem, così come la sinistra, punta invece a far rientrare nei ranghi l’ex Premier e le pattuglie 5Stelle: impresa considerata ardua, anche se non impossibile. Lo scontro istituzionale ieri è giunto ai massimi livelli dopo che in mattinata il Segretario Pd Enrico Letta ha incontrato Draghi prima della sua salita al Quirinale per discutere con il Presidente Mattarella: il Centrodestra di Governo ha contestato l’improvvisata, chiedendo e ottenendo poi in serata un confronto anch’essi con l’ex n.1 della BCE (cui ha seguito un contatto anche con Giuseppe Conte). «L’ho scritto in una chat: ascolteremo il discorso di Draghi in aula domani. Trovo chiaro che se aprirà ai principali temi posti all’interno dei 9 punti da parte del Movimento 5 stelle, diventa ingiustificabile non confermare la fiducia», ha detto ieri sera il capogruppo del M5s alla Camera, Davide Crippa, dopo lo scontro avvenuto solo un giorno prima con il leader Giuseppe Conte in Assemblea. «Scissione nel M5s? L’oggetto è cosa dirà Draghi e come si reagirà alle dichiarazioni di Draghi», ha concluso Crippa.
DRAGHI OGGI AL SENATO, DOMANI ALLA CAMERA: ORARI E COME SEGUIRE LE SUE COMUNICAZIONI
È dunque tutto pronto per seguire da vicino il settimo e forse penultimo giorno della crisi di Governo aperta con lo “strappo” del M5s sul Decreto Aiuti: il lungo cronoprogramma di oggi e domani definirà il futuro di questo ultimo scorcio di Legislatura. Oggi le Comunicazioni del Presidente del Consiglio Mario Draghi avranno luogo al Senato alle ore 9.30 con il discorso del Premier sui motivi della crisi (e in molti ipotizzano anche una sorta di mini-programma di fine Legislatura): alle 10.30 è prevista poi una pausa con Draghi che andrà alla Camera a depositare il medesimo testo di intervento che leggerà domani mattina.
Alle 11 riprenderà il dibattito in Senato con la durata-fiume di circa 5 ore con numerosi senatori già iscritti al confronto in Aula: alle 16.30 sono previste le repliche di Draghi e a seguire le dichiarazioni di voto delle singole forze politiche. Dalle 18.30 avrà inizio la chiama palese dei senatori per il voto di fiducia sulle Comunicazioni del Presidente: alle 19.30 è atteso il risultato del voto che forse dirà già qualcosa di più in merito a quale maggioranza potrebbe affidarsi il Premier Draghi nel caso dovesse accettare di annullare le proprie dimissioni. Programma invece più agile sarà domani alla Camera dei Deputati: alle ore 9 l’inizio del dibattito alla Camera dopo l’intervento del Presidente: alle 11.30 la replica di Draghi e a seguire le dichiarazioni di voto. Alle 13.45 prevista la chiama dei deputati e alle 15.15 circa l’esito del voto finale. Sarà come sempre possibile seguire ogni passaggio della crisi di Governo attraverso la nostra diretta testuale sulle pagine del “Sussidiario.net”, oppure in diretta video streaming sul canale YouTube del Senato.
CRISI DI GOVERNO, ELEZIONI O DRAGHI BIS: GLI SCENARI IN CAMPO
Strappo definitivo e Paese al voto, conferma della stessa maggioranza nata nella primavera 2021 oppure un Draghi-bis con qualche addio “importante” (e non per forza il M5s): tanti, intricati e complessi sono gli scenari che si aprono davanti alla due giorni di “parlamentarizzazione” della crisi di Governo. Al termine delle votazioni, il Premier Draghi potrebbe confermare le proprie dimissioni definendole irrevocabili, ma potrebbe anche accettare il volere dell’Aula e proseguire l’esperienza di Governo rimandando in soffitta il “rischio” paventato da più parti sul voto anticipato in pieno autunno. Tutto questo ovviamente se dal voto di oggi al Senato e di domani alla Camera una maggioranza solida vi sia: al contrario, l’opzione del voto anticipato sarà assai difficile da escludere per il Quirinale (come invece avvenuto nelle due precedenti crisi di Governo di questa tormentata Legislatura).
Scenari insomma complicati e con imprevedibili conseguenze che però potrebbero riassumersi in 4 macro-ipotesi di “sbocchi” per la crisi di Governo apertasi giovedì scorso:
1- M5s rientra nei ranghi e vota domani la fiducia a Mario Draghi
2- Strappo interno al M5s, parte vota con la maggioranza: scatta il Governo Draghi-bis (ma il Premier deve essere convinto a farlo). In alternativa, Draghi-bis ma con forze di Centrosinistra: lo strappo sarebbe di FI e Lega qualora si facesse rientrare nei ranghi il partito di Conte
3- Dimissioni irrevocabili di Draghi, nuovo Governo “balneare” per arrivare ad Elezioni in primavera
4- Dimissioni irrevocabili di Draghi e nessuna possibilità di Governi tecnici: si va al voto anticipato in ottobre.