C’è tantissima Ucraina nel bagaglio che Mario Draghi sta preparando per il suo viaggio negli Stati Uniti. Ci sarà anche dell’altro però nel colloquio alla Casa Bianca con il presidente Biden, che si svolgerà martedì, quando in Italia sarà sera. Ci sarà da capire che cosa l’amministrazione americana si attenda dall’Italia nel prossimo futuro. E che cosa è disposta a offrire in cambio.
Il viaggio di Draghi avviene con singolare ritardo rispetto a una prassi consolidata, che vede Washington fra le primissime mete estere, quasi come una forma di legittimazione. Draghi ha invece fatto passare ben 15 mesi da quando è stata chiamato a Palazzo Chigi, un po’ per il Covid, un po’ perché lui della legittimazione a stelle e strisce non aveva bisogno. Da sempre è considerato affidabile dall’altra parte dell’Atlantico, una stima guadagnata sul campo quando era presidente della Bce, e aveva saputo difendere le scelte della politica monetaria europea, non sempre in linea con quella americana.
Alla luce della rielezione di Mattarella al Quirinale e dello scoppio della guerra in Ucraina, un contatto diretto è diventato importante per una messa a punto delle relazioni. Di certo Draghi agli occhi di Biden e dei suoi è colui che ha spazzato via ogni granello di trumpismo e di putinismo dalla politica nostrana. Quelle ombre che gravavano sul primo governo Conte, almeno agli occhi dei democratici Usa. Lui quindi arriva come una garanzia di amicizia e collaborazione.
Nello Studio Ovale si parlerà quindi di aiuti all’Ucraina e di sanzioni alla Russia. Il tema caldo non potrà che essere quello di uno supporto americano al raggiungimento dell’indipendenza energetica da Mosca. Tagliare quella linea di rifornimento, infatti, non pesa sull’America, ma sull’Europa. E su alcuni Paesi più che su altri. Italia e Germania in testa.
Draghi non potrà che ribadire quelli che sono i pilastri della politica estera italiana, pienamente condivisi con il Quirinale: Nato, Unione Europea, multilateralismo. Quelli da lui esposti al parlamento di Strasburgo, e pochi giorni prima da Mattarella al Consiglio d’Europa. Il problema è che cosa gli statunitensi si aspettano dall’Italia.
In patria il presidente del Consiglio lascia alcuni mal di pancia nella sua maggioranza. Quelli di Conte, in particolare, che voleva andasse in parlamento a riferire prima di salire sull’aereo per Washington, ma anche quelli di Salvini e di alcuni settori ultra pacifisti del Pd. Draghi non potrà apparire troppo guerrafondaio, ma probabilmente non è neppure quello che si aspettano gli americani. Piuttosto potrebbe chiedere un supporto in Libia, visto che la Russia ha dovuto ridurre la propria presenza, anche in chiave di un controllo di fonti energetiche fondamentali per il nostro Paese.
Andare in parlamento alla vigilia del viaggio oltreoceano avrebbe dato l’impressione di un premier che si faceva legare le mani, e questo Draghi non poteva permetterselo. Lo farà nei giorni successivi al rientro, magari dopo quella missione a Kiev di cui si parla da settimane, con o senza gli altri due maggiori leader europei. Fare il viaggio insieme con Macron e con il cancelliere Scholz sarebbe da una parte un segnale fortissimo di sostegno alla causa ucraina, dall’altra pone seri problemi di sicurezza. E questo fa immaginare che la visita non sarà annunciata in anticipo, sia che a compierla siano i tre capi di governo insieme, sia che vada il solo Draghi.
Il G7 virtuale di ieri (collegato anche Zelensky) si è chiuso con la riaffermazione della necessità di agire uniti perché Putin non vinca la guerra e l’impegno a ridurre gradualmente la dipendenza energetica dalla Russia. Un muro occidentale, senza sconti.
Martedì sera Draghi sarà il primo leader a essere ricevuto da Biden dopo il discorso di Putin in occasione dell’anniversario della vittoria sul nazismo. Si farà quindi il punto su eventuali altri annunci russi. L’Occidente ha interessi comuni, ma fra le due sponde dell’Atlantico non sono proprio coincidenti. Fare tacere le armi in Ucraina è più urgente per l’Europa che non per l’America. Parlando di armi da inviare e di sanzioni da aumentare, Draghi non potrà non farlo presente. E non potrà non dare pubblicamente un segnale in questa direzione.
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