«Faccio il nonno». Detto, fatto. Mario Draghi lo aveva ripetuto più volte e così è andata dopo le dimissioni da premier. Nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera coglie l’occasione per ribadire: «Ho chiarito che non sono interessato a incarichi politici o istituzionali, né in Italia né all’estero». Ma ci tiene a precisare che non se ne è andato perché all’orizzonte c’era l’abisso della recessione, cosa che peraltro non trova neppure riscontro nei dati. «Ero stato chiamato a fare, dopo una vita, un mestiere per me nuovo e l’ho fatto al meglio delle mie capacità. Sarei dunque rimasto volentieri per completare il lavoro, se mi fosse stato consentito». Quando invece l’ex capo della Bce è arrivato la situazione era «molto difficile»: morti per pandemia, campagna vaccinale a rilento, economia ferma e grande incertezza sulla riapertura delle scuole. Quando poi si vedeva la fine del tunnel, la guerra in Ucraina.



«Tuttavia l’Italia ha mostrato di sapercela fare. Quest’anno cresceremo di quasi il 4%, più di Francia e Germania, dopo i sette trimestri di crescita consecutivi durante il mio governo. Il debito pubblico in questi due anni è calato come mai nel dopoguerra, e l’Italia è l’unico grande Paese europeo che, negli ultimi anni, è riuscito ad aumentare le proprie quote di mercato nell’export internazionale». Mario Draghi era pronto anche a lavorare per rendere l’Italia più equa, infatti conferma che il suo governo era vicino all’introduzione del salario minimo e alla riforma del reddito di cittadinanza per farlo funzionare meglio. Poi però il governo è caduto e si è aperta la crisi di governo.



MARIO DRAGHI RICOSTRUISCE LA CRISI DI GOVERNO

«A un certo punto, la volontà dei partiti di trovare compromessi è venuta meno, anche per l’avvicinarsi della scadenza naturale della legislatura», spiega Mario Draghi ad Antonio Polito sul Corriere della Sera. L’ex premier aggiunge che col passare dei mesi la maggioranza del governo si è sfaldata. «Diversi partiti si andavano dissociando da decisioni già prese in Parlamento o in Consiglio dei ministri». Cita M5s, sempre più contrario al sostegno militare all’Ucraina, anche se aveva inizialmente appoggiato questa posizione in Parlamento. Invece Lega e Forza Italia erano contrarie ad alcuni aspetti importanti delle riforme su fisco e concorrenza su cui il Consiglio dei ministri aveva dato il via libera. Inoltre, Lega e M5s chiedevano uno scostamento di bilancio anche se economia e occupazione andavano bene. Tra la decisione dei grillini di non votare la fiducia sul decreto aiuti e il dibattito sulla fiducia al Senato ci furono appelli dei sindaci che gli fecero credere che fosse possibile trovare una soluzione. «Ma le posizioni dei partiti erano ormai inconciliabili». Mario Draghi rivela che il centrodestra era disponibile ad andare avanti, ma ad una condizione: «Purché i ministri Cinque Stelle uscissero dal governo e fossero sostituiti da loro esponenti». Ma il Pd non era invece disponibile a far parte di un governo che nei fatti sarebbe stato di centrodestra. Inoltre, per Draghi era fondamentale che la coalizione avesse M5s, in quanto partito di maggioranza relativa. Quello che l’ex premier non sa dire è se la sua posizione sui rapporti con la Russia abbia avuto un peso nell’apertura della crisi. «Noto però che oggi il M5S è contrario a proseguire nel sostegno militare all’Ucraina, nonostante questo sia stato decisivo per permettere a Kiev di riprendere una porzione significativa del Paese che era stata occupata dai russi».



“RUSSIA CONTAVA SU NOSTRA AMBIGUITÀ MA…”

Il governo Draghi, comunque, è riuscito a ridurre la dipendenza energetica dell’Italia dalla Russia. «La Commissione Europea dice che siamo un esempio sul fronte della diversificazione — un risultato di cui l’Italia deve essere orgogliosa». Ma non risparmia una frecciata: «L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha dimostrato l’imprudenza della politica energetica italiana degli anni recenti, frutto di scelte che restano in alcuni casi ancora da chiarire». Tante le scelte difficili da fare, come green pass e obbligo vaccinale, «limitazioni delle libertà individuali» necessarie però per garantire il diritto alla salute, come confermato dalla Corte Costituzionale. Difficile anche decidere di riaprire le scuole, visto che c’era chi temeva una catastrofe sanitaria. Nessun dubbio sul sostegno all’Ucraina, nonostante il legame con Mosca. «In Russia probabilmente contavano su una nostra ambiguità, che invece non c’è stata, e questo spiega la rabbiosa e scomposta reazione di alcuni diplomatici russi, che se la sono presa anche con la libera stampa in Italia». Invece sulle prospettive di pace: «Sono difficili anche se molto è cambiato in quest’ultimo periodo: i canali di comunicazione sono molto più aperti e la Cina sembra essere più presente nella costruzione di una trattativa. Tuttavia il Cremlino ha dimostrato finora di non volere la pace». L’Italia, che ha sempre cercato la pace, ha tentato di agevolare le mediazioni, ma per Mario Draghi «è soltanto il presidente Putin che può porre fine a questi massacri».

MARIO DRAGHI “GIORGIA MELONI? LEADER ABILE”

Mario Draghi preferisce, invece, non giudicare il governo Meloni, ma sulla premier al Corriere della Sera afferma che «ha dimostrato di essere una leader abile e ha avuto un forte mandato elettorale». Un consiglio però lo dà: «Occorre stare attenti a che non si crei di nuovo un clima internazionale negativo nei confronti dell’Italia. Mantenere saldo l’ancoraggio all’Europa è il modo migliore per moltiplicare il nostro peso internazionale». L’ex premier suggerisce anche un dialogo aperto con parti sociali, enti territoriali e terzo settore. La sua speranza è che permanga un clima sereno: «Questo farebbe bene ai partiti, ma soprattutto ai cittadini e al prestigio internazionale dell’Italia». Anche perché c’è molto da fare sul Pnrr. «Abbiamo rispettato tutti gli obiettivi dei primi due semestri, come ha certificato la Commissione Europea. Questo è l’unico indicatore da cui dipende l’erogazione dei fondi, che infatti è avvenuta in modo puntuale». Mario Draghi non nasconde il desiderio di completare il lavoro portato avanti. «Credo che il governo attuale sia altrettanto impegnato, e non ho motivo di dubitare che raggiungerà tutti gli obiettivi previsti e necessari per la riscossione della terza rata». Infine, conferma che in molti gli hanno suggerito di raccontare la sua esperienza da presidente del Consiglio e ancor prima da banchiere centrale in un libro: «Vedremo, ma devo dirle che fin da giovane mi è sempre piaciuto più il fare che il raccontare».