Il Governo tecnico all’Italia fa bene, ha sempre fatto bene e – ancora una volta – non smentirà la propria funzione di benessere per il Paese. A poche ore dal completamento della squadra dei sottosegretari del neoinsediato Governo Draghi, i numeri finanziari che abbiamo sentito sbandierare in molte occasioni sono solo quelli relativi alla riduzione dello spread dal giorno in cui il Prof. Mario Draghi ha occupato l’ormai smembrato palcoscenico politico italiano. Ebbene sì, il differenziale tra il nostro decennale domestico e quello tedesco ha visto ridimensionare il proprio divario, ma, estendendo l’osservazione a un più ampio spettro temporale, la costituzione di un Governo cosiddetto “tecnico” nella storia finanziaria del Bel Paese ha sempre coinciso con un minor timore nei quotidiani scambi di Piazza Affari.



Di fatto, i veri e propri “Governi tecnici” nostrani sono essenzialmente stati due: il Governo Dini (1995-1996) e il più “recente” e tumultuoso esecutivo del Prof. Mario Monti (2011-2012). A entrambi è opportuno accostare anche quello a guida Ciampi (1993-1994) che, per la prima volta nella nostra storia repubblicana, ha rappresentato una novità poiché la leadership governativa è stata incarnata da una figura terza, indipendente e fuori dalla consueta cerchia degli eletti. 



Nonostante le diverse tipicità dei singoli insediamenti è bene contestualizzare come il raffronto tra questi “tre rari esemplari tecnici” si sia caratterizzato da una moltitudine di elementi di diversità: dalla lira di un tempo all’ingresso della moneta unica come suo sostituto. Dalla crisi sociale e politica riconducibile alla storica e tragica “Tangentopoli” alla più sofisticata e nascosta tempesta perfetta del 2011 che vedeva il Paese Italia come un imminente destinatario di sciagure al pari della Grecia e ai suoi cugini europei (i cosiddetti Pigs). 

A ogni tormentato errore della compagine politica – lo spettro o la speranza (dipende dai punti di vista) – di un irrimediabile mandato ai cosiddetti “tecnici” è sempre stato visto come una potenziale sciagura. Probabilmente sì: una sciagura per la politica, ma non per il Paese e – soprattutto – il tutto a beneficio di un miglior trascorrere quotidiano rappresentato dall’andamento dei prezzi sul proprio listino azionario domestico. Come sempre, i numeri, sempre e solo loro, ci danno un essenziale ed inequivocabile contributo. 



Analizzando la serie storica degli ultimi 30anni dell’allora Mibtel ora divenuto FTSE Italia All Share, e isolando i tre periodi relativi ai sopracitati Governi tecnici Ciampi, Dini e Monti, si può facilmente riscontrare un vero e proprio ridimensionamento della volatilità dei corsi (sia su base giornaliera che settimanale) delle stesse giornate di contrattazioni. Soffermando l’attenzione al monitoraggio del cosiddetto ATR (Average True Range) ovvero l’escursione quotidiana tra il minimo e il massimo di giornata (sul grafico rappresentata della linea di colore rosso), è immediata la sua riduzione durante i “periodi di governi tecnici” rispetto a quelli di natura estrazione politica. Inoltre, se a tali rilevazioni venisse applicata un ulteriore indicatore (una media annuale) sugli stessi (rif. tratto di colore blu), allora l’intero quadro consolida la propria forma. 

La sintesi dei numeri che emergono è emblematica: in condizioni di stabilità finanziaria (ovvero senza crisi in atto) la governabilità dell’Italia per mano di esecutivi politici coincide con una maggiore variabilità delle singole giornate borsistiche. All’opposto, invece, in caso di avvenuto “insediamento tecnico” (fatta eccezione per l’inizio della crisi del 2011), la nostra Piazza Affari e l’insieme del mercato che ci investe reagiscono attenuando la fibrillazione delle stesse quotazioni.

Oggi, trovandoci ancora alla prese con un Governo tecnico e per lo più capitanato da un premier ex Governatore di una banca centrale (nulla togliendo ai sopracitati predecessori), il destino dell’Italia potrà trarne solo beneficio. Un vantaggio non solo dovuto alla statura del Prof. Mario Draghi, ma, implicitamente, alla fiducia che il nostro Paese e il suo sistema finanziario potranno beneficiare direttamente a partire dal quotidiano mercato: la Borsa. 

Benvenuto Governo tecnico, benvenuto Professore Draghi. “Essere tecnici” non è un male, ma rappresenta la giusta e unica conseguenza alla mancata azione di coloro che per mestiere dovrebbero fare l’interesse del Paese. Tecnici si nasce, politici si diventa. 

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