IL “PROGRAMMA” DI MARIO DRAGHI PER IL FUTURO DELL’UE

«Proporrò un cambiamento radicale in Ue»: il discorso tenuto da Mario Draghi questa mattina a La Hulpe durante la Conferenza sul pilastro europeo dei diritti sociali – organizzata dalla Presidenza Ue guidata ad inizio 2024 dal Belgio – non è parso “solo” frutto dell’incarico ricevuto dalla Commissione Von der Leyen sul rilancio della competitività europea. Per molti assomiglia più che altro ad un programma elettorale” vero e proprio per una figura che di continuo viene accostata ai vertici più importanti dell’Europa.



Se Draghi sarà il nuovo Presidente del Consiglio Ue o addirittura nuovo Presidente della Commissione Europea ancora non è dato saperlo, resta però il piano strutturale proposto dall’ex Premier italiano che non si nasconde dietro a parole di circostanza: «abbiamo bisogno di un’Unione europea che sia adatta al mondo di oggi e di domani. Quello che proporrò nel mio report è un cambiamento radicale: questo è ciò di cui abbiamo bisogno». In merito alla coesione politica, l’Unione paga da troppo anni dazio assieme alla mancata strategia comune economica: «Dobbiamo essere coscienti che la coesione politica è minacciata dai cambiamenti del resto del mondo», ha ribadito Mario Draghi dal palco belga, serve per questo «Ripristinare la nostra competitività» anche se non è qualcosa che è possibile ottenere in solitaria o in “competizione” tra singoli Paesi europei. Il “programma” Draghi impone un agire unico come Unione Europea, in modo che fino ad oggi non è mai avvenuto prima.



RISPARMI PRIVATI E RIFORME, COSA HA DETTO DRAGHI SUL TEMA DELLA COMPETITIVITÀ

Oltre al “cambiamento radicale” contenuto nel report sulla competitività ormai quasi pronto per essere presentato ufficialmente a Bruxelles, Mario Draghi compie un’analisi molto schietta sulla mancata strategia comune: «Non abbiamo avuto un industrial deal a livello europeo, nonostante la Commissione stia facendo ogni suo sforzo per colmare questo gap. Nonostante le iniziative positive in corso, ci manca ancora una strategia complessiva». L’Europa ancora oggi investe molto meno di Stati Uniti e Cina sia nel digitale che nelle tecnologie avanzate, ma anche in altri asset cruciali nelle tensioni internazionali del giorno d’oggi, ovvero la difesa. «Ci sono solo quattro top player europei tra le prime 50 aziende globali», ha denunciato Draghi alla Conferenza in Belgio.



Secondo l’ex Presidente BCE manca una strategia su come proteggere le industrie europee da una competitività «iniqua», causata secondo Draghi da «asimmetrie in regole, sussidi e politiche commerciali». Il tema dell’energia è uno dei punti chiave per rilanciare una competitività europea rimasta al palo negli ultimi decenni: «in altre regioni queste industrie non solo affrontano prezzi dell’energia più bassi ma anche un meno peso normativo e in alcuni casi ricevono sussidi massicci che minacciano direttamente la capacità delle aziende europee di competere». Se l’Ue non interviene al più presto con azioni politiche coordinate, diverse industrie europee dovranno per forza di cose spegnere gli impianti e delocalizzare fuori dall’Europa.

Il cambio di rotta deve essere immediato e forte, ammonisce Draghi chiedendo di andare oltre all’ormai troppo antiquato sistema decisionale: «Dobbiamo raggiungere una trasformazione dell’economia europea, dobbiamo essere in grado di fare affidabile su un sistema energetica decarbonizzato affidabile, una difesa integrata europea, una produzione domestica nei settori più innovativi e una posizione leader nella produzione tecnologia». È un vero programma insomma quello delineato da Draghi alla platea belga e, a breve, anche all’intera UE col report sulla competitività: «Non abbiamo il lusso di poter rinviare le decisioni», incalza Draghi secondo quanto riporta “Milano Finanza” dall’intervento di La Hulpe, «per assicurare coerenza tra i diversi strumenti per rilanciare la competitività della Ue, occorre un nuovo strumento strategico per coordinare le politiche economiche e se troviamo che non sarà possibile dobbiamo considerare di procedere con un gruppo di paesi nel quadro della cooperazione rafforzata quale via per il completamento dell’unione del mercato dei capitali».

Capitolo a parte finale Draghi lo riserva al tema cruciale dei risparmi privati, che chiama di fatto in prima fila la stessa Italia “leader” nei depositi bancari privati: secondo lo schema delineato dal suo report, occorre identificare i beni pubblici ma subito dopo anche dotarsi con strumenti per finanziarli. «Buona parte del gap degli investimenti dev’essere coperto da investimenti privati», conclude l’ex Presidente del Consiglio, «L’Ue un tasso molto alto di risparmi privati sono per la maggior parte incanalati nei depositi bancari e non finanziano la crescita come dovrebbero in un mercato di capitali più grande». Per questo motivo, serve avanzare nell’Unione dei mercati capitali in quanto «parte essenziale nella strategia complessiva della competitività».