Mario Draghi, Sergio Mattarella e la Costituzione: sono quesi i tre veri protagonisti dell’immediato post-Governo Conte, della crisi dei partiti di Centrosinistra che ha portato al fallimento dell’ipotesi Conte-ter e pure dell’incarico esplorativo di Roberto Fico. E così l’Italia si appresta ad una svolta, non solo di contenuti ma anche di “forma” come illustra benissimo su Repubblica oggi il costituzionalista Michele Ainis: solo qualche giorno fa il giurista attaccava la modalità di “rapporto” con la Costituzione del Premier uscente («Conte dribbla la Carta con l’abuso dei Dpcm») mentre oggi, alla vigilia del giuramento del nuovo esecutivo, è un altro dettaglio illustrato da Ainis a farci scoprire tutta la “novità” del nuovo “soggetto” politico direzionati dai “due Presidenti”.



«È una fase eccezionale, quella che stiamo attraversando», si chiede Ainis «No, è un passaggio normale, legale, regolare. Anche se sconvolge riti e liturgie cui siamo avvezzi da decenni. Anche se i partiti osservano basiti le mosse del presidente incaricato, cercando d’indovinarne le intenzioni, anziché orientarle con ordini e diktat. Ma dopotutto è questa l’indicazione offerta dai costituenti, riflette il procedimento seguito passo passo da Mattarella e Draghi per la formazione del nuovo esecutivo». Il Governo dei “due presidenti” con un appello il più ampio possibile che ha trovato l’assenso di quasi tutte le forze, escluso Fratelli d’Italia e parte dei 5Stelle contrari alla figura di Mario Draghi. Una “rivincita” della Costituzione, così la chiama l’esperto giurista, una rivoluzione del “normale” sullo straordinario, della forma corretta rispetto all’esplodere di “fonti di Governo”, “veline”, “retroscena” e mezze-verità dettate alla stampa “per vedere l’effetto che fa”.



LE TRE “RIVOLUZIONI” DI DRAGHI

Una rivincita che passa da tre sostanziali “passaggi rivoluzionari” messi in evidenza ancora da Ainis su Repubblica: l’incarico, il programma e i ministri. «La crisi del governo Conte sta determinando non solo i nuovi assetti del sistema politico, ma altresì di quello costituzionale. Un effetto di lungo periodo, che rimescola ruoli e competenze dei vari attori in campo: il capo dello Stato, il presidente del Consiglio, i partiti, il Parlamento», spiega il costituzionalista illustrando l’iter di questi giorni per comprendere da vicino tutta la novità di Draghi e Mattarella. «Ha esercitato in solitudine il potere di nominare il presidente del Consiglio, come vuole l’articolo 92 della Costituzione», scrive Ainis sottolineando la volontà di escludere questa volta le consultazioni per evitare ulteriori “veti” dei partiti su nomi possibili a Palazzo Chigi. Ma è sul programma di Governo che la novità di Draghi si è palesata rispetto al recentissimo passato: «il compito tocca al Presidente del Consiglio e non ai segretari di partito», l’esatto opposto di quanto visto sia nel Governo Conte-1 che nella sua riedizione nell’agosto 2019 con Pd al posto della Lega. «È lui ad esporre il programma di governo alle due Camere, per guadagnarne la fiducia. E perché sempre a lui spetta dirigere la politica generale del governo, dice l’articolo 95 della Costituzione. E infatti Draghi ascolta, prende appunti, ma non scrive sotto dettatura. Le forze politiche conosceranno il suo programma in Parlamento, dopo di che ciascuno esprimerà un giudizio», ribadisce Ainis.



https://www.ilsussidiario.net/news/toto-ministri-il-piano-mattarella-draghi-per-evitare-i-veti-dei-partiti/2127619/Da ultimo l’elemento forse di maggiore “rivoluzione”, ovvero una lista di Ministri tenuta ancora “nascosta” e pronta ad essere discussa solo con il Capo dello Stato: niente «pizzini depositati nelle tasche del Presidente incaricato», niente “toto-Ministri” (ce ne sono, ma con previsioni e ipotesi, senza alcun nome scucito dalla bocca di Mario Draghi o da qualche fumantino membro dello staff con la “parlantina”) ma una squadra che verrà decisa al Quirinale dai due Presidenti, come vuole ancora l’articolo 92 della Costituzione. «Riecheggia, un secolo più tardi, il celebre appello di Sonnino contro le degenerazioni del parlamentarismo: Torniamo allo Statuto, scrisse il 1°gennaio 1897. Allora come oggi, le parole della Costituzione possono sempre imporsi sul coro dei parolai», sancisce Michele Ainis.