Adesso che il governo Draghi ha iniziato la sua navigazione, è giunto il momento – per chi non credeva possibile questo esito della crisi – di dedicare qualche parola su questi ultimi due mesi di vita politica italiana. Non credo di essere stato il solo, ma parlo per me. E so di aver commesso dei grossolani errori di valutazione e fatto qualche previsione avventata. Intendiamoci. Nulla di male, cimentarsi nel difficile compito di prevedere quello che sta per accadere in politica ha spesso la stessa validità scientifica di centrare l’esito di una partita di calcio. Ma soprattutto è un’attività che non fa male a nessuno. A parte le accese litigate con i soliti quattro amici al bar.
È stata una crisi di governo lunga e ricca di colpi di scena. Alcuni dei protagonisti hanno rivelato le loro ingenuità, altri hanno saputo tenere ben coperte le loro carte. Ora che tutto si è concluso e il governo Draghi ha assunto la guida del paese circondato da un così ampio consenso, ripercorrere a ritroso queste 8 settimane può – almeno per me – aiutare molto a ritrovare fiducia nelle proprie capacità di analisi.
Il primo errore lo abbiamo commesso in tanti nel sopravvalutare l’abilità di Conte nel trovare “costruttori”, in particolare al Senato. La convinzione che la stragrande maggioranza dei parlamentari non avesse alcuna intenzione di tornare a casa e un numero così rilevante di fuoriusciti dai partiti che li avevano eletti, sembravano condizioni più che sufficienti per riuscire a mettere insieme un gruppo di una quindicina di senatori. A costoro, tra l’altro, veniva offerto un posto sicuro a bordo del nascente partito di Conte, a cui i sondaggi davano (e danno ancora, per la verità) una percentuale di voti di tutto rispetto. Eppure non ci sono riusciti. E questo ha sicuramente messo la crisi di governo su un binario diverso.
Il secondo inciampo è arrivato di lì a poco. La fiducia ottenuta dal governo Conte (sufficiente alla Camera, ma striminzita al Senato) è apparsa una condizione sufficiente per spingere i partiti verso un Conte ter. Bastava ricucire i rapporti con Italia viva. Ma cosa avrebbe fatto Renzi? Tutto sommato il bottino già abbastanza consistente racimolato grazie al fallimento dell’operazione “responsabili” ha spinto molti a pensare che egli si sarebbe accomodato a capotavola e avrebbe consentito – in cambio di un consistente risarcimento – di rimettere in pista un nuovo governo con la stessa maggioranza. Lo davano per certo i mediatori come Bettini, forse lo stesso Conte. Come sappiamo le cose sono andate diversamente.
Il terzo grave errore è stato pensare che a quel punto lo scenario più probabile diventasse quello delle elezioni anticipate. Certo non a marzo, ma sicuramente in estate. I partiti avrebbero consentito la nascita di un governo “balneare” (Cartabia, Colao, lo stesso Fico?) in grado di portare a casa almeno il Recovery fund. Che Draghi, l’uomo che immaginiamo da tempo come prossimo inquilino del Quirinale, fosse disponibile per un ruolo così operativo (e dunque rischioso) in un clima così complesso e con un quadro politico ormai deteriorato, sembrava ad alcuni di noi impossibile. Invece la velocità con cui Mattarella ha avanzato la sua proposta a pochi minuti dal fallimento dell’esplorazione di Fico e la sua convocazione al Colle hanno sicuramente rappresentato un colpo durissimo per tutti gli increduli e i dubbiosi.
L’ultimo errore riguarda poi il rapido disfacimento del centrodestra, considerato un blocco granitico, gli unici veramente interessati ad ottenere il voto quanto prima. Se per certi aspetti erano note a tutti le simpatie di Berlusconi per Draghi e che il leader di Forza Italia non si sarebbe fatto sfuggire l’opportunità di dimostrare ancora una volta il proprio ruolo, la scelta di Salvini e della Lega di cambiare linea sull’Europa, fino a smarcarsi del tutto dalla Meloni, è apparsa una svolta così repentina da far pensare che onestamente fosse preconfezionata da tempo.
Ecco il punto su cui mi preme soffermarmi. Ho fortissima la sensazione che alcuni protagonisti abbiano agito al “buio”, cioè si siano mossi effettivamente con un quadro di informazioni pari più o meno a quelle di un comune osservatore esterno (come può essere appunto il sottoscritto). Altri invece si sono mossi con astuzia e soprattutto in un contesto in cui alcune mosse, se non concordate, erano almeno conosciute con un certo anticipo.
È più di una sensazione, ovviamente. Lo “schema Draghi” è stato facilitato da una considerevole sequenza di errori e da una sottovalutazione del quadro che si muoveva alle spalle degli stessi protagonisti. Almeno di quelli ignari. Non certo per quelli ben informati e che – come abbiamo saputo dopo – avevano avuto anche qualche contatto tra di loro nelle settimane precedenti. Per farla breve, penso che si sia trattato, come nelle grandi battaglie del passato, di una questione di intelligence. Sono abbastanza convinto, cioè, che se molti protagonisti del “Conte o voto” avessero saputo che era già pronto questo “finale”, si sarebbero accomodati subito e non si sarebbe perso tutto questo tempo.
Sicuramente il clima di unità nazionale ora raggiunto trova fondamento concreto nella situazione di oggettiva difficoltà del paese nel pieno della crisi pandemica. Ma c’è anche in giro una gran voglia di ripartenza che va ben oltre i confini degli schieramenti e che il governo precedente non riusciva più a capire. Non vedo ancora invece i vantaggi per chi ha operato consapevolmente – e giustamente se ne vanta – al raggiungimento di questo risultato.
I vantaggi principali forse erano legati a una deflagrazione dell’alleanza Pd-5 Stelle, in fondo il principale obiettivo di Renzi. Il leader di Italia viva ha consumato quel poco di credibilità che gli restava (a sinistra) sperando di mandare all’aria l’intesa costruita da Zingaretti con tenacia e nello scetticismo generale. Conte probabilmente ritroverà il suo ruolo come figura rappresentativa del Movimento. Draghi probabilmente fra 12 mesi diventerà presidente della Repubblica. Solo allora si prenderà in considerazione se e quando sciogliere le Camere. Sono delle previsioni, per cui mi tocca avvertire chi legge che sono prive di qualsiasi fondamento e, se si dovessero avverare, sarebbe solo per fortuita coincidenza.
Vedremo quali e quante riforme Draghi avvierà. Come potrà soddisfare le aspettative di riforma dovendo fare i conti con una maggioranza estesa e indistinta. Ovviamente la qualità del nuovo governo e le aspettative sulle condizioni reali del paese offrono ampio spazio – soprattutto nei primi mesi – per fare cose apparentemente facili e attese da anni, ma che nessuno è riuscito a fare.
Per quello che mi riguarda resta solo da aggiungere che ammettere i propri errori dà un certo senso di liberazione e poi è condizione essenziale, anche se non sufficiente, per non continuare a commetterne altri.
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