Il calcio non muore mai, ed ecco un altro film a tema, Dream Team (2012). Direi impresentabile il titolo originale francese Les Seigneurs. Dream Team, invece, è un po’ troppo esagerato, ci viene in mente la fortissima compagine Usa di basket di Barcellona ’92. Ma adesso, il mio solito pippotto sovranista. Il film parla di riscatto sociale e personale, con diverse sfumature ci riporta alla vittoria della nostra Nazionale agli Europei. C’è stata la rinascita umana e professionale di Bernardeschi, che in lacrime l’ha dichiarato in tv, colpevole di un’annata deludente ma anche del clima non certo positivo che c’è alla Juventus. Il vecchio scarpone Chiello ha dominato in difesa. Non me l’aspettavo a dire il vero, ma son contento per lui e per noi italiani. Una squadra amalgamata benissimo dal Mancio che a detta di tutti ha creato un clima amichevole e costruttivo. Grande Mancio si è portato i suoi veri amici (Vialli, Salsano, Lombardo, Evani e scusate se non cito gli altri) e ha costruito un clima da famiglia ricordando l’insegnamento paterno del presidente sampdoriano Paolo Mantovani. Gli amici veri ti sorreggono e condividono quello che vivi e questo si è visto realmente.



Passiamo a Dream Team. Patrick Orbéra è stato una stella del calcio, ora è opinionista in tv, perlopiù sempre ubriaco e depresso, lasciato dalla moglie. Ospite in un programma scatena una rissa picchiando a più non posso. Il giudice lo condanna a un lavoro socialmente utile su un’isoletta della Bretagna, un provvedimento tenue per poter rivedere sua figlia, sotto la stretta vigilanza del sindaco nonché presidente del club calcistico isolano. Lì scopre che dovrà allenare la squadretta locale, il Moléne che giocherà la Coupe de France, dove partecipano anche le squadre dilettantistiche, così come nella F.A. Cup inglese. Un sogno, una favola, la squadretta parteciperà al torneo per salvare l’unica ditta del posto che inscatola sardine.



Un’impresa ardua, son pochi i pescatori e operai dell’isola che hanno un’attitudine calcistica. Allora Orbéra ingaggia degli amici ex giocatori professionisti: un attaccante che aveva sbagliato un rigore importante con un velleitario cucchiaio alla Totti e Pirlo, un centrocampista con fisime, un talento che vive coi soldi guadagnati ma che è sempre in mezzo alle grane giudiziarie, un difensore che aveva smesso per problemi cardiaci (impersonato da Omar Sy) e un portiere cocainomane. La squadra cresce di valore, vince a raffica e arriva ad incontrare l’Olympique Marsiglia. Anche se passasse il turno, il premio partita non servirebbe a salvare il fallimento della ditta e tutti resterebbero senza lavoro. Il nostro allenatore è costretto a entrare in campo per sostituire il centrocampista problematico e si arriva inaspettatamente ai calci di rigore. L’ultimo di questi sarà calciato dall’attaccante che come nella vita calcistica precedente tenta un tiro a cucchiaio, ma il rigore viene parato. Il burbero sindaco/presidente, aveva però scommesso sulla vittoria dell’OM ai calci di rigore e così la ditta e i lavoratori son salvi.



Commedia tutta da ridere con lieto fine prevedibile, non una pellicola da spellarsi le mani, ma caratterizzata bene dai vari personaggi, i cinque stranieri ingaggiati, che con la loro comicità danno un taglio molto divertente al film. Questi son comici che, a parte Omar Sy, non conosciamo nemmeno in Italia, ma che in Francia sono molto apprezzati. Le trovate comiche son notevoli. Nel film emerge il cambiamento umano dell’allenatore ubriacone che, avendo l’obbiettivo di poter riabbracciare la figlioletta, si redime cambiando, aiutato dalla giusta severità paterna del presidente/sindaco. Consapevole e maturato riprende stima di se stesso e s’innamora, ricambiato, della figlia del vecchio presidente. Un percorso che poteva essere approfondito meglio nel film e non così velocemente.

Un film che termina bene, forse sdolcinato, ma comico. Irreale? Può darsi, ma ogni tanto le favole esistono. La storia è parzialmente vera, nel 2000 è accaduto che la squadra di quarta divisione dilettanti del Calais sia arrivata in finale della Coupe de France sconfitta 2-1 dal Nantes.

Ma perché la nostra Federazione Calcio non inserisce nel torneo della Coppa Italia le squadre dilettanti? Troppi schei e interessi che ballano. Qui ci starebbe bene un decreto ad hoc del Presidente del Consiglio dei Ministri che imponesse nel torneo le squadre regionali dilettantistiche vincitrici nelle proprie categorie. Questo decreto potrebbe essere chiamato Green Pass… calcistico.

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