Due droni sul Cremlino, uno dei quali aveva come obiettivo Putin. Un attentato fallito che però agita le acque di un conflitto che sta attraversando un momento cruciale, con Mosca che guadagna lentamente terreno e Kiev che preparerebbe una controffensiva per tentare di cambiare il corso degli eventi. Mentre i russi annunciano che il tentato attacco al loro presidente non resterà impunito, la presidenza ucraina si affretta a disconoscere quest’azione, sostenendo di non avere niente a che fare con l’incursione del drone. Prendendo per buona questa spiegazione resterebbe da spiegare chi altro può essere all’origine dell’attentato.



“Se fossero stati gli ucraini – spiega Giuseppe Morabito, generale con al suo attivo diverse missioni all’estero, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei Direttori della Nato Defense College Foundation – potrebbe essere un tentativo di mettere pressione sui russi in vista della loro festa della Vittoria che celebreranno il 9 maggio”. I droni intanto diventano un’arma sempre più usata, sia da una parte sia dall’altra.



Generale, ammesso che sia stato lanciato dagli ucraini, è possibile che il drone fosse diretto a colpire Putin?

Se non sono stati loro, può essere una fake news o una messinscena dei russi. Comunque, cercare di uccidere Putin con un drone è come cercare un ago in un pagliaio. Non posso credere che il presidente russo e il suo staff siano così sprovveduti da non stare in zone protette, controllate. Lo vedrei più come un modo per mettere sotto pressione lo stesso Putin, per fargli capire che è considerato comunque un possibile obiettivo.

Qual è la spiegazione più plausibile?

Siamo in prossimità del 9 maggio, festa della Vittoria: far capire che un drone potrebbe colpire Mosca quel giorno creerebbe dei problemi di sicurezza per l’organizzazione della parata, della festa nazionale, ma da qui a dire che possono colpire il presidente russo ce ne vuole. Ripeto, potrebbe essere un tentativo di mettere pressione in vista di quella data.



Ma è così facile arrivare fino a Mosca dal confine ucraino?

Un drone deve volare non intercettato per centinaia chilometri, e più è lunga la distanza più è possibile che sia individuato e intercettato, e anche che sia meno preciso.

Un drone nei giorni scorsi ha fatto saltare un deposito di carburante russo a Sebastopoli, in Crimea. Diventeranno un’arma che sarà usata sempre più spesso?

Questi droni potrebbero essere quelli venduti dalla Turchia all’Ucraina e che sono stati sperimentati nel conflitto tra Azerbaijan e Armenia e anche contro la popolazione curda. Non è un’arma che può cambiare le sorti del conflitto, ma può creare problemi all’avversario, perché può permettere di colpirlo in qualsiasi momento in aree critiche. I droni non sono un’arma risolutiva.

Dal punto di vista strategico cosa significa un attacco come quello effettuato sul Cremlino?

Vuol dire due cose. La prima: è la dimostrazione che si può colpire l’obiettivo puntiforme dell’avversario. Un singolo drone colpisce un punto, non un bersaglio areale. Hai un target, un bersaglio, e lo colpisci. E la seconda è che gli ucraini dimostrano in questo modo di saper e voler prendere l’iniziativa. E che hanno a disposizione delle armi moderne che possono colpire obiettivi russi in territorio russo. Non è poco.

Con i droni continueranno a portare la guerra sul territorio russo?

Quanto meno porteranno problemi soprattutto alle aree da dove proviene la logistica delle truppe che stanno portando avanti l’invasione. L’Ucraina vuole reagire all’uso massiccio dei droni (molti iraniani) da parte dei russi con i droni attualmente a sua disposizione.

Quanto può essere pericoloso un drone, quanto esplosivo può portare?

Si va da piccolissimi droni che stanno in una mano e portano due grammi di tritolo, ad altri più grandi che portano alcuni chili di esplosivo: si legge che quello che avrebbe avuto come obiettivo Mosca ne avesse 17. Più grande è il drone più facilmente appare sul radar ed è intercettabile. Ma può anche essere deviato: a volte non viene distrutto, ma solo deviato e fatto cadere sul territorio di chi si difende. Spesso si parla di attacchi di droni in luoghi dove non c’è un obiettivo logico. È perché è stato deviato e cade con effetti distruttivi dove capita.

È difficile intercettarne uno?

No, una volta individuato si può distruggere o deviare. Può essere individuato per la sua relativa velocità. Volano a velocità subsonica: non superano la velocità del suono.

Al di là dei dubbi sulla paternità dell’episodio, l’attacco al Cremlino potrebbe significare un’escalation nella guerra?

L’escalation si avrà se le intenzioni ucraine di portare a compimento una controffensiva troveranno fondamento. Scambio di lanci di droni sono, purtroppo, quotidianità e non sono simbolo di escalation nelle zone di contatto tra i due eserciti.

I russi come potrebbero reagire?

Potrebbero intensificare l’uso dei droni, se li hanno a disposizione. Anche su Kiev e su altri centri abitati d’importanza strategica.

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