Lo scorso 23 aprile è stato raggiunto un accordo politico tra il Parlamento europeo e gli Stati membri dell’Unione relativo alla proposta di legge sui Servizi digitali (Digital Services Act, DSA), penultimo atto di un progetto promosso dalla Commissione nel dicembre 2020, il quale dovrà ora essere oggetto di approvazione formale da parte dei due co-legislatori.



Il DSA introduce nuove regole per l’e-commerce, i social media e i servizi digitali, come i servizi di intermediazione on-line, che offrono ai consumatori beni, servizi e contenuti. L’accordo è stato definito storico da Ursula von der Leyen, la quale ha poi messo in evidenza come la finalità precipua del DSA sia quella di garantire la sicurezza dell’ambiente on-line salvaguardando, allo stesso tempo, sia la libertà di espressione delle persone, sia le opportunità economiche delle imprese digitali. Il triplice obiettivo che si prefigge l’Unione è, pertanto, quello di inviare un forte segnale a tutti i cittadini europei, a tutti gli operatori commerciali operanti sul mercato comunitario e a tutti gli attori statuali che hanno l’ambizione di giocare un ruolo determinate nell’arena geopolitica attuale. Il framework ideologico del DSA si basa su quelli che vengono considerati i valori laici fondativi dell’Unione quali il rispetto dei diritti umani, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza e lo stato di diritto. 



Le principali parole d’ordine del provvedimento, che hanno trovato ampio spazio nella stampa, nei canali social e nei commenti politici sono sostanzialmente tre: 1) che ciò che è illegale off-line dovrebbe essere illegale on-line; 2) maggiore è la dimensione, maggiori sono le responsabilità delle piattaforme on-line; 3) l’assunto implicito che le grandi piattaforme “sono troppo grandi per preoccuparsene” (too big to care), non verrà più tollerato.

Più in dettaglio, questo significa che verrà rimosso tutto ciò viene considerato illegale nello spazio digitale, siano essi prodotti, servizi o contenuti e che non verranno tollerate le posizioni economiche dominanti nonché le discriminazione socio-culturali mediante un potere di vigilanza e sanzione da parte della Commissione. Dal punto di vista economico ciò comporterà che potrebbero venire irrogate sanzioni fino al 6% del fatturato annuo o anche l’esclusione temporanea dal mercato interno in caso di violazioni gravi e continuative. Dal punto di vista delle discriminazioni socio-culturali ciò implica una volontà di aprire la scatola nera degli algoritmi, imponendo misure di trasparenza alle piattaforme per comprendere le modalità operative mediante cui questo o quel determinato cittadino è fatto oggetto di specifici contenuti o pubblicità. E naturalmente, le regole verranno applicate uniformemente in tutta l’Unione europea al fine di evitare comportamenti opportunistici da parte delle piattaforme quando operano in Paesi che dispongono di una normativa ritenuta più “benevola” e accondiscendente nei loro confronti.



Il DSA si rivolge alle seguenti quattro categorie di fornitori di servizi digitali, in ordine crescente di ruolo, dimensione e impatto: 

1) servizi di intermediazione che offrono infrastrutture di rete, quali fornitori di accesso a internet e organismi di registrazione dei nomi di dominio; 

2) servizi di hosting, quali servizi di cloud e webhosting; 

3) piattaforme on-line che mettono in collegamento venditori e consumatori, quali marketplace digitali, app store, piattaforme di economia collaborativa e piattaforme di social media; 

4) piattaforme on-line di grandi dimensioni, le quali raggiungono più del 10% dei consumatori dell’Unione europea.

Le previste regolamentazioni, a carico delle quattro categorie di imprese suindicate, sono in relazione al loro ruolo, dimensione e impatto, come detto, vale a dire che esse aumenteranno a seconda della natura dei loro servizi, con i servizi di intermediazione che dovranno adempiere a meno obblighi di quelli a carico delle piattaforme di grande dimensione. 

Al DSA fa da complemento l’accordo sui Mercati digitali (Digital Markets Act, DMA) raggiunto il 22 marzo scorso il quale introduce regole stringenti per i cosiddetti gatekeepers, vale a dire le piattaforme on-line di grande dimensione. Entrambi gli atti regolatori, pertanto, influenzeranno lo spazio digitale comunitario, ma il DMA si concentrerà sulla creazione di condizioni di parità al fine di consentire alle entità più piccole di competere con le corporations, mentre il DSA, per quanto sin qui detto, avrà probabilmente un impatto più immediato e di una magnitudine maggiore su tutto l’ecosistema on-line.

Con questo atto normativo, l’obiettivo esplicito dell’Unione europea è quello di porre fine a quello che viene considerato un “selvaggio far west” digitale che domina l’attuale spazio informazionale. L’accordo politico sul DSA si inserisce, pertanto, all’interno di un quadro economico, sociale e politico connotato dall’evoluzione del panorama dei servizi digitali e dal consolidamento crescente delle grandi piattaforme on-line che beneficiano di forti effetti di rete e il cui modello di business si basa sulla continua estrazione e analisi dei dati degli utenti a fini di profilazione. Queste piattaforme – le quali esercitano un impatto economico, politico e sociale senza precedenti – sono divenute di fatto degli spazi pubblici digitali dove gli individui condividono e accedono alle informazioni, dove le imprese raggiungono i loro clienti e dove i politici e le autorità pubbliche comunicano con i cittadini. 

Tali piattaforme dovrebbero, dunque, essere trasparenti su come vengono prese le decisioni di moderazione dei contenuti on-line, impedire che la disinformazione delle fake-news possa divenire virale (una disposizione ispirata dalla recente invasione dell’Ucraina) ed evitare che prodotti e servizi illegali e non sicuri vengano offerti sui mercati digitali. Con tale accordo il legislatore europeo richiede che le piattaforme siano ritenute responsabili dei rischi che i loro servizi digitali possono comportare per la società, l’economia e i cittadini.

In conclusione, il ruolo esercitato dalle grandi piattaforme on-line è oramai indubitabile e lo si vede, oggigiorno, anche nel caso del conflitto russo-ucraino. È indubbio che le finalità complessive dell’attuale normativa sono quelle di una completa riorganizzazione dello spazio informazionale comunitario a cui si aggiunge una volontà di controllo e vigilanza del mondo on-line. Ciò avrà un impatto significativo sulla vita democratica e su come regolarla negli spazi pubblici digitali divenuti oramai sistemici. È anche probabile che altri legislatori – a partire da quelli statunitensi e di altri Paesi, desiderosi di tenere a freno il potere crescente delle Big Tech – possano prendere come fonte di ispirazione, delle proprie normative, il DSA e il DMA.

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