Due Estati è una miniserie belga apparsa il 3 giugno su Netflix e che ha conquistato un inaspettato successo. È un lavoro fatto con pochi mezzi, utilizzando come location due ville molto belle, una di queste al centro di un’isola privata in Costa Azzurra.  Ai costi di scenografia vanno aggiunti quelli di 16 attori in tutto, che interpretano gli otto personaggi, rispettivamente nei ruoli sia da giovani che da cinquantenni, e tra cui non brilla nessuna costosa star internazionale. Eppure il risultato è stato apprezzato dal pubblico, il che vuol dire che il prodotto ha delle qualità e gli autori – lo sceneggiatore Paul Beaten Gronda e il regista Tom Lenaerts, entrambi belgi – sono riusciti a toccare alcuni tasti sensibili per il pubblico delle piattaforme streaming.



Dopo trent’anni, otto vecchi amici si riuniscono per festeggiare i 50 anni di uno di loro, Peter, il quale ha sposato Romée, una delle ragazze del gruppo, e insieme si sono trasferiti in California dove hanno avuto successo, diventando – almeno in apparenza – una coppia molto ricca. Sono loro che organizzano la festa, affittano l’isola, pagano il viaggio agli amici rimasti in Belgio. A questi altri, come spesso capita, il destino ha riservato vite diverse. Ad esempio Didier, che era il rampollo di una ricca famiglia e che ospitava nella sua villa con piscina gli amici trent’anni prima, ora è ridotto a fare lo steward di volo. Anche Luke, il fratello di Peter, non se la passa benissimo, sebbene preferisca nascondere le sue difficoltà economiche. Si presenta alla festa con la sua giovane fidanzata, per età unica estranea alle vicende che lega il gruppo al passato. Storia diversa per Stef, che da ragazzo era timido e goffo e ora è diventato un politico di successo e fa il ministro.



Ben presto si capisce che trent’anni prima le cose non erano andate per il verso giusto. I giovanotti si erano lasciati andare, a causa dell’abuso di alcol e di droghe, a comportamenti riprovevoli, fino al punto di mettere in atto uno strupo di gruppo ai danni di Sofìe, una delle ragazze presenti alla festa e oggi moglie di Didier. Sofìe era incosciente e non ha conservato alcun ricordo della violenza. Ma pochi giorni prima della partenza per la Francia Peter ha ricevuto da uno sconosciuto sul suo smartphone il video dello strupo. Il video esisteva perché girato dagli stessi ragazzi, ma si pensava che fosse andato distrutto nell’incendio che quella stessa notte aveva in pochi minuti divorato la villa dei genitori di Didier e provocato la tragica morte di uno di loro.



Il peso del ricatto e delle conseguenze per ciascuno di loro derivanti dall’eventuale pubblicazione del video trasformano il weekend in un thriller a tensione crescente, visto che non si riesce a capire chi ha conservato il video e soprattutto chi e per quale motivo lo ha tirato fuori dopo trent’anni. E qui che la storia si fa interessante, sia perché ovviamente i protagonisti conservano ognuno un ricordo diverso di quanto accaduto quella notte, sia perché ben presto emerge quanto sia debole il legame affettivo costruito tanti anni prima quando da adulti si è messi di fronte alle difficoltà che la vita riserva.

Il racconto non si scosta molto dai canoni classici di storie simili già abbondantemente usate in opere teatrali e cinematografiche. Eppure si colgono diverse aspetti originali. Senz’altro la rilettura di una violenza di gruppo su una ragazza priva di sensi appare oggi di una gravità inaudita, e poco vale il tentativo di giustificare la “ragazzata” dando tutta la colpa all’amico morto nell’incendio. Così come la dimensione del successo – o dell’ insuccesso – nasconde sempre aspetti contraddittori, e più i nostri protagonisti cercheranno di scavare nelle ragioni che avrebbero potuto spingere uno di loro a ricattare gli altri, più queste contraddizioni verranno alla luce.

Colpisce infine il tema di quanto sia fuorviante utilizzare i nostri ricordi per ricostruire la verità. Spesso ricordiamo quello che vogliamo, cancelliamo quello che non ci piace o ci dà fastidio, operando così delle clamorose falsificazioni, che però siamo sempre pronti a riconoscere come unica verità. A tal proposito rimando a una vera e propria lezione di psichiatria sul tema svolta dal Dr. Iggy Frome, e che troverete nel quinto episodio della quarta stagione di New Amsterdam in onda in questi giorni sui canali Mediaset e Infinity e che si intitola proprio “falsi ricordi”. 

Per un mondo sempre più popolato da vecchi il tema non è banale. La “battaglia dei ricordi” è in corso, ed è una delle ragioni più pericolose del dilagante revisionismo storico che domina i nostri tempi. L’antidoto? Lasciare scrivere la storia agli storici, che hanno studiato e appreso le tecniche di indagine, e che si fidano solo delle prove certe e dei documenti autentici. Proprio come fanno i magistrati, quando è violata la legge.

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