MINNEAPOLIS – Da una parte un sessantenne ex professore di geografia e coach di football, Governatore del Minnesota dal 2019. Dall’altra un quarantenne laureato alla prestigiosa Law School di Yale, venture capitalist, autore e Senatore dell’Ohio dal 2023. Le due anime del Midwest, le due anime del cuore del Paese. Che peso può veramente avere questo confronto tra aspiranti Vicepresidenti? Interessa davvero qualcuno? Chi ha a cuore i veri valori della heartland? C’era anche chi si chiedeva chi fosse il più weird, il più strano dei due.



La deludente sfida tra Kamala Harris e Donald Trump aveva raccolto oltre 67 milioni di telespettatori, superando di gran lunga i 51 milioni della triste apparizione di Biden opposto a Trump. Stasera non so proprio quanti fossero davanti al teleschermo. Io c’ero e posso dire che almeno questa volta abbiamo sentito qualcosa dei programmi elettorali, partendo dalla crisi del Medio Oriente fino ad arrivare allo stato della democrazia nel nostro Paese passando per climate change, immigrazione, economia, aborto, gun violence, inflazione, penuria di abitazioni, sanità…



Pare proprio che nessuno ami più questi dibattiti e privarli del pubblico è come anestetizzarli. Ci restano male i protagonisti e ci restano male pure gli spettatori. Ognuno gioca nella sua metà campo, nessuno ama la sfida in campo aperto, tutti temono il confronto diretto. Ci si tira cannonate da lontano: l’editorial board del New York Times dice al Paese che Kamala Harris è l’unica scelta patriottica come presidente e il New York Post risponde che l’unica cosa che al NYT piace della Harris è che non è Trump…

Ma stasera, a poco più di quattro settimane dal grande giorno, Tim Walz e JD Vance si sono incontrati/scontrati per la prima ed ultima volta su queste cose a New York City di fronte a una platea vuota. Ed è stato un dibattito vero, rispettoso pur nelle differenze di giudizio. Sembrava proprio che i due personaggi sul palco facessero di tutto per evidenziare I punti di contatto piuttosto che quelli di disaccordo. Anzi, non “sembrava”, è andata proprio cosi nel tentativo di mostrare il volto bi-partisan, aperto al dialogo e alla collaborazione, del proprio partito.



Chi ha vinto? Direi che chiudiamo la serata con un vincitore e un mezzo vincitore. Il vincitore è la speranza che la leadership politica del Paese non stia tutta nella arrogante supponenza di Trump e nella vuota enfasi demagogica della Harris. Tra le tante cose che dividono si può trovare – si deve trovare – un pezzetto di terreno comune su cui costruire. Il mezzo vincitore? Direi Tim Walz che con la sua aria da maestro elementare in pensione ha fatto sfoggio delle sue conoscenze e competenze del mestiere, della sua esperienza di Governatore. Certo, ha glissato su tutto quello che avrebbe potuto fargli del male, screditarlo ed esporlo un po’, dal suo curriculum personale alla normativa del Minnesota sull’aborto. Però tutto sommato è risultato più gradevole di Vance che con i suoi occhi azzurri che più azzurri non si può è sembrato spesso sul punto di lanciare un morso velenoso al contendente.

Molta cortesia reciproca, tante promesse elettorali e un solo vero punto di scontro: lo stato della democrazia americana, l’anima divisa del Paese, ferita dall’assalto al Capitol, ferita dall’incapacità – di entrambe le parti – di accettare la vittoria dell’altro. A Vance che è riuscito in qualche modo a evitare di riconoscere la sconfitta di Trump nel 2020, Walz ha replicato “Democracy is bigger than winning an election“, la democrazia è più che vincere un’elezione.

Speriamo ci credano tutti e due e ce lo dimostrino.

God Bless America!

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