Arrivato nelle sale cinematografiche lo scorso 28 febbraio 2024, c’era molta attesa per vedere Dune – Parte due: il film riparte mostrando i protagonisti esattamente dov’erano rimasti, in ricerca di un riparo sul pianeta Arrakis dopo la distruzione della casata Atreides.
Della durata di circa 2 ore e 40 minuti, il film Dune – Parte due mostra la trasformazione di Paul Atreides e Lady Jessica, che passano dall’essere vittime dell’attacco della casata nemica a mendicanti in un pianeta deserto a protagonisti della storia del pianeta stesso e dell’Imperium, seppur in modo diverso. Mentre Paul è alla ricerca della sua strada, Lady Jessica, coerentemente alla sua appartenenza all’ordine del Bene Gesserit, un’organizzazione religioso-politica che da sempre non subisce gli eventi ma li indirizza nei modi più congeniali alle appartenenti all’ordine, tesse la sua tela di potere.
Utilizzando uno sguardo d’insieme tra Dune – Parte uno e Dune – Parte due si possono desumere varie tematiche.
La prima riguarda il grande tema della libertà, raffigurata magistralmente dal padre di Paul, il capo di casa Atreides: egli più di tutti è un uomo che, pur legato ai suoi doveri e all’obbedienza all’imperatore, rimane un uomo libero. Suo figlio pare essere predestinato a essere il suo erede e quindi la futura guida della casa, eppure Leto Atreides non indica questa via come l’unica possibile per lui, al contrario amplia gli orizzonti del suo posto nel mondo. Il discorso con il quale “libera” il figlio da un futuro quasi obbligato lo mette davanti alla vita, che non è una strada già tracciata ma risposta a una vocazione: “Un grande uomo non cerca di essere un leader. Ma è chiamato a esserlo, e risponde. Se la tua risposta è no, sarai comunque quello che io volevo che tu fossi: mio figlio”. In un mondo dominato dalla legge del più forte, con poche semplici frasi Leto indica la via per la felicità di suo figlio: la libertà e l’amore.
Quello della libertà e della vocazione è uno dei grandi temi di cui Dune parte uno e due sono imperniati; è possibile pensare che il cammino di Paul verso la verità di se stesso parta da qui, dal liberarsi, grazie al padre, dal fardello di una strada già segnata.
La seconda questione che emerge, soprattutto dal secondo film di Dune, è quella riguardante la profezia. In questo senso ci si discosta molto da quello che effettivamente sono la profezia e i profeti: “Il profeta non è uno che predice l’avvenire. L’elemento essenziale del profeta non è quello di predire i futuri avvenimenti; il profeta è colui che dice la verità perché è in contatto con Dio e cioè si tratta della verità valida per oggi che naturalmente illumina anche il futuro” (J. Ratzinger, intervista a Hvidt). All’interno dei film l’unico personaggio che può prendere le vesti di profeta è la madre di Paul, che però, come già detto, più che parlare della verità perché in contatto con l’Assoluto è un personaggio che persegue un proprio piano e che utilizza un’antica profezia per spianare la strada al figlio. Interessante notare che Paul si ritrova dall’essere liberato dal fardello ereditario del padre all’avere una strada già avviata da parte della madre. Ciò che il padre dà al figlio, la libertà frutto del suo amore per lui, gli è tolto dalla madre, che lo conduce, inizialmente contro il suo volere, verso una strada che non voleva intraprendere, venendo, così sembra, corrotto dallo spirito di vendetta e dalla strana mistica di lei, tanto che porterà in secondo piano il suo amore verso Chani, conosciuta grazie a varie vicende, privilegiando l’uso politico dell’unione nuziale.
La profezia viene qui usata come strumento politico, in uno strano miscuglio tra credenze popolari, cui alcuni protagonisti sono fervi devoti, e sete di potere. Il fatto che alcuni dei protagonisti del film Dune – Parte due siano devoti non vuol dire che siano per questo stupidi o ingenui, ma certo questo richiama a un passo del Vangelo: “Allora se qualcuno vi dirà: Ecco, il Cristo è qui, o: È là, non ci credete. Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l’ho predetto. Se dunque vi diranno: Ecco, è nel deserto, non ci andate; o: È in casa, non ci credete. (Mt 24, 23-26)”. L’idea del falso profeta è richiamata con forza, insieme a un altro tema, uguale e opposto, che è quello del riconoscimento del Messia.
Su Arrakis Paul è visto sia in un modo che nell’altro. Per buona parte del film Dune infatti è trattato anche questo secondo aspetto, quello cioè di saper leggere i segni per riconoscere l’eletto, il liberatore, a volte in modo anche drammatico (come non pensare qui ai celebri versetti “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”, Lc 18, 8?).
Per quello visto nei primi due capitoli, Dune, pur caratterizzato da scontri, guerre e giochi di potere, è incentrato sull’attesa di una liberazione (che richiama la domanda di Pavese, a cui i personaggi non possono non rispondere: “Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perché attendiamo?”), accompagnata dal dramma della libertà in cui si gioca la vocazione di Paul.
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