La confessione di Cosimo Calò in merito al duplice omicidio dei coniugi di Carovigno – vittime il fratello, Antonio Calò, e la moglie di quest’ultimo, Caterina Martucci – non ha risolto alcuni dubbi sulla dinamica. Sul tavolo degli inquirenti, secondo quanto riportato da La vita in diretta negli ultimi aggiornamenti sul caso, sarebbe centrale un quesito ancora tutto da chiarire: il fucile da caccia sequestrato all’83nne indagato è davvero l’arma del delitto?



In attesa delle autopsie che permetteranno di stabilire epoca e cause esatte dei decessi (i due anziani, 69 e 63 anni, sarebbero stati raggiunti da alcune fucilate nella loro abitazione in frazione Serranova, nel Brindisino), sarebbero in corso esami balistici per capire se l’arma trovata nelle disponibilità di Cosimo Calò sia la stessa utilizzata per assassinare la coppia. In caso contrario, mancherebbe all’appello e si aprirerebbero altri interrogativi: dall’eventuale occultamento in un luogo non ancora individuato dagli investigatori alla eventuale presenza di complici che potrebbero tenerla nascosta. L’uomo avrebbe ammesso di aver ucciso il fratello e la cognata, aggiungendo di aver meditato di eliminare anche un altro fratello, Carmelo, scampato per caso alla furia omicida perché assente quando Cosimo Calò sarebbe andato a cercarlo a casa.



Coniugi uccisi a Carovigno: il fucile sequestrato a Cosimo Calò è l’arma del delitto?

Sarebbero ancora tanti i punti da chiarire sul duplice omicidio di Antonio Calò, 69 anni, e Caterina Martucci, 63 anni, anziani coniugi uccisi in casa a Carovigno. Gli omicidi sarebbero avvenuti il 28 febbraio scorso, giorno precedente al ritrovamento dei corpi, e ad agire, spinto da un presunto movente legato a questioni relative a una eredità contesa, secondo quanto da lui stesso ammesso, sarebbe stato il fratello maggiore dell’uomo, Cosimo Calò. Reo confesso, inizialmente si era detto estraneo alla morte di fratello e cognata ma il cerchio si sarebbe stretto velocemente intorno alla sua posizione. Accusato di duplice omicidio aggravato dal rapporto di parentela e dalla premeditazione e di porto in luogo pubblico di arma comune da sparo, Cosimo Calò avrebbe voluto uccidere anche un altro fratello ritenuto “causa dei suoi mali“.



Non è ancora chiaro, però, se l’arma usata per commettere i delitti sia la stessa sequestrata in un capannone dell’indagato, un fucile da caccia che lo stesso 83enne avrebbe detto di aver acquistato appena quattro giorni prima dei fatti. L’altro fratello indicato quale presunto obiettivo mancato della furia omicida dell’uomo, Carmelo, poche ore fa ha dichiarato che Cosimo Calò mentirebbe su molti aspetti della vicenda, e non ha nascosto di avere paura per la propria incolumità dopo aver appreso di essere scampato alla morte soltanto perché non si trovava in casa: “Mi fa paura. Lui è dentro, ma non so fuori chi ha lasciato“.