Sotto il comando del generale Eisenhower, le forze navali alleate, supportate da una copertura aerea imponente, hanno dato il via allo sbarco di uomini e mezzi alleati nella costa nord della Francia“: queste le poche parole scelte per comunicare al mondo intero (almeno a quello ‘libero’) che lo Sbarco in Normandia – dopo anni di difficile pianificazione – era stato un successo. Parole che nascosero la realtà di sangue, cadaveri e fango che i soldati Alleati lasciarono sul campo in quelle poche ore di assedio sapientemente organizzate nei minimi dettagli da Dwight Eisenhower e che riuscirono ad aprire una breccia nel continente europeo caduto sotto le bombe dei nazisti aprendo le porte alla fine della Seconda guerra mondiale.



I protagonisti dello Sbarco in Normandia furono tanti – tantissimi, considerando anche gli oltre 156mila soldati stipati nelle imbarcazioni militari e i 50mila che li attendevano sulle coste – ma il reale successo si deve soprattutto ad alcune importanti intuizioni avute in quei giorni critici da Dwight Eisenhower: all’epoca un colonnello quasi inesperto, uscito dall’accademia 30 anni prima e diventato comandante in capo delle forze USA in Europa solamente nel 1942. Fu lui, però, che scelto personalmente da Winston Churchill guidò lo sbarco in Sicilia e quello a Salerno rendendo possibile l’armistizio di Cassibile che ci fece uscire dalla guerra.



Dwight Eisenhower e la previsione meteo che ha salvato la sbarco in Normandia

Così, nel 1943 dopo lunghissime discussioni il presidente americano Roosevelt decise di mettere proprio Dwight Eisenhower a capo dell’intera operazione Overload iniziata (e in un certo senso culminata) con lo Sbarco in Normandia e fu proprio lui a suggerire al comando militare supremo degli Alleati di estendere l’azione su cinque differenti fronti, realizzando quel sovraccarico che ha dato il nome all’operazione. Non solo, perché fu sempre Eisenhower a volere più mezzi, soldati e paracadutisti per lo sbarco in Normandia, cosciente che moltissimi (ed oggi diremmo, forse, troppi) sarebbero morti ancora prima di mettere piede sulla terraferma.



Tante furono le intuizioni che permisero lo sbarco, ma un’altra – assieme alle due che abbiamo appena citato – fu cruciale perché solamente due giorni prima del D-Day il meteo cambiò improvvisamente con il concreto rischio di un rinvio ad almeno due settimane dopo: tardando il più possibile il rinvio, Eisenhower alle 21:30 del 5 giugno 1944 ricevette un bollettino che stimava un possibile miglioramento nelle prima ore del 6 e decise di attaccare comunque. Quella mattina il mare era molto agitato, pioveva ormai da due giorni e sulla Normandia c’era ancora una leggera pioggerellina: condizioni che portarono i nazisti a sottovalutare il pericolo di uno sbarco e in pochi minuti, con i soldati lontani da Omaha beach, si trovarono americani e britannici alle porte.