Sono un po’ come delle Cassandre. Solo un po’ perché loro non prevedono sciagure, anzi danno speranze, ma, come la sacerdotessa troiana, non vengono ascoltati. Gli scienziati del panel conclusivo del quarto summit scientifico sulla riduzione del danno da fumo, tenutosi in modalità virtuale e presieduto da Dimitri Richter, capo del reparto di cardiologia dell’ospedale Euroclinic di Atene, continuano a ripeterlo come dischi rotti: bisogna esaminare, senza pregiudizi, i dati scientifici sui nuovi prodotti senza combustione per determinare adeguate risposte politiche, ovvero bisogna tener conto della riduzione del danno che ottengono ed evitare, a ogni costo, di equipararli alle normali sigarette.
Ma, impermeabile a qualsiasi considerazione scientifica, la Commissione europea prosegue sulla sua strada, esattamente nella direzione opposta. il Piano contro il cancro presentato lo scorso febbraio, infatti, ha messo sullo stesso piano i dispositivi di nuova generazione con le bionde tradizionali con il rischio concreto di avvantaggiare proprio il fumo convenzionale e lasciare senza alternative i fumatori.
Richter ha sottolineato come l’assenza di un ente regolatore sul tema, sull’esempio della Fda statunitense, complica le cose, e che singoli Paesi europei hanno sviluppato politiche diverse ottenendo ottimi risultati. L’esempio migliore è la Svezia, il primo Paese in Europa a raggiungere l’obiettivo di ridurre al 5% la quota di fumatori. «Se nell’Ue ci fossero le stesse abitudini al fumo che ci sono in Svezia si avrebbero 350 mila morti in meno ogni anno», ha affermato Fagerstrom, presidente della clinica svedese Fagerstrom Consulting precisando che il “successo svedese” non è dovuto all’ostilità della popolazione contro il tabacco, bensì agli snus, un tabacco umido da succhiare, e ad altri prodotti alternativi al fumo che hanno scalzato le sigarette tradizionali. Dello stesso parere anche Bengt Wiberg, amministratore delegato dell’azienda svedese Sting Free Ab, che ha sottolineato come il piano europeo contro il cancro non evidenzia a sufficienza «l’enorme differenza nei rischi tra prodotti con nicotina basati sulla combustione e quelli senza combustione».
L’obiettivo deve essere quello di aiutare a smettere di fumare, perciò gli scienziati insistono: «Dobbiamo poter offrire ai fumatori delle alternative alle sigarette basate sulla combustione», ha affermato Anastasia Barbouni, professoressa presso il dipartimento di salute pubblica della National School of Public Health di Atene, mentre il professor Solomon Rataemane, presidente del comitato ministeriale sulla salute mentale in Sud Africa, ha aggiunto: «Occorre trovare il mondo di comunicare i risultati delle nostre ricerche, ci sono prodotti alternativi che non hanno le tossine presenti nelle sigarette combustibili, è ragionevole fare in modo che si consumi nicotina con metodi diversi da quelli convenzionali».
I partecipanti al panel, ribadendo che la riduzione del danno dovrebbe essere adottata come politica complementare a quelle sul controllo del tabacco, hanno anche reso concrete le proprie affermazioni. «Esiste», ha affermato Giovanni Li Volti, direttore Coehar, il Centro di ricerca per la riduzione del danno da fumo, «un problema di fondo negli studi sulle sigarette elettroniche: la standardizzazione e armonizzazione delle ricerche internazionali su questo tema. Gli studi di replicazione sono molto difficili da realizzare, soprattutto in termini di coordinamento dei protocolli e armonizzazione delle ricerche svolte. Per la prima volta il progetto Replica, condotto presso i laboratori dell’Università di Catania, sta “replicando” a, e quindi valutando, tutti gli studi che hanno avuto un profondo impatto sul tema dell’efficacia delle e-cig. A oggi i risultati emersi dicono che non esistono più dubbi: le sigarette elettroniche sono più del 95% meno dannose delle normali bionde».
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