Ancora una volta – racconta oggi il quotidiano La Verità – sulle pagine de quotidiano tedesco Der Spiegel è stato pubblicato un articolo che grida all’allarme per il ritorno del fascismo in tutto il mondo che parte dall’analisi (più o meno attendibile) di diversi “scrittori recenti, molti americani”: figura – per esempio – quel Timothy Snyder che considera “Putin il fascista per antonomasia” e spiega che il movimento ideato da Mussolini “ha molte facce, è ‘dialettico’ e sa camuffarsi”, al punto che si potrebbe quasi dire che “il fascismo è ciò che [lui] ci dice essere, di volta in volta a suo insindacabile giudizio, fascista“.



Ma non manca neppure “Jason Stanley, di Yale, che imbastisce banalità sul ritorno dei fascisti riducibili, in due parole, al ‘terrore per la sessualità’ (..) in particolare dei trans e degli omosessuali” e che indica “Trump [come] antenato del Ku Klux Klan”; così come il collega Paul Mason nella riflessione del quotidiano tedesco parla della storia come di “un movimento continuo che inevitabilmente impone un contro-movimento” in una modernità dominata dall’eterno alternarsi di fascisti ed antifascisti basato “unicamente sui fatti: se c’è una crisi economica, una guerra o qualunque cosa accada di non proprio positivo”.



Con un lungo susseguirsi di autori e pensatori che – a vario titolo – si interrogano sul presunto risorgere del fascismo, tra Donald Trump, Giorgia Meloni, Marine Le Pen, Viktor Orban e i più disparati leader (non di sinistra) mondiali, confezionando – scrive ancora La Verità – un articolo che sembra parlare “di un pericolo più che alle porte, in buona parte già in casa“; ma senza che nessuno tra articolisti e intervistati sappia veramente indicare dei segnali di questi dirompenti movimenti fascisti.

L’analisi de La Verità: “L’antifascismo pratica il fascismo come presupposto e lo alimenta”

A leggere l’analisi dello Spiegel – ragiona ancora il quotidiano italiano – viene quasi naturale chiedersi “se il fascismo, non quello storico, non stia proprio dalle parti degli antifascisti” con il loro movimento che “[lo] produce e lo pratica come presupposto” fondamentale, quasi come “prassi [che] sta nell’insofferenza per l’altro, per chi non la pensa secondo lo schema stabilito, per chi non è altrettanto ‘antifascista’”; quasi a dire che “la verità sta con chi sta con me [e] chi non sta con me è cattivo e non dice la verità”.



Uscendo dallo schema tracciato dal quotidiano tedesco, il collega italiano ci tiene a ricordare che “il fascismo, come fenomeno storico, è stato una cosa serie (..) proprio perché all’epoca la sinistra era una cosa seria”: non a caso “è nato a sinistra e in gran parte è rimasto un fenomeno le cui radici erano lì” tanto che prima del epilogo ben noto “Mussolini [era] socialista” e l’amico Bombacci “il fondatore del Partito comunista”.

“Storicamente – continua La Verità – il fascismo fu la reazione all’emergere del dispotismo dell’economico e alla crisi del politico nella storia del mondo” e – almeno da questo punto di vista – “l’antifascismo dei giorni nostri è una banalizzazione sia [del] fenomeno storico fascista, della sua opposizione”, al punto che “l’articolo dello Spiegel ne è una conferma a tutto campo”.

L’antifascismo e la lotta al fascismo per evitare di ammettere i problemi delle democrazie liberali

L’unico barlume di onestà nell’articolo tedesco – conclude l’analisi de La Verità – arriva da “Philip Manow, un politologo tedesco” che invece che parlare di fascismo e dei pericoli del populismo si interroga “sulle intime debolezze e antinome (..) della democrazia liberale“; arrivando anche ad ammettere che “la giuridicizzazione della politica, la presunta grande idea antifascista della sinistra, nasconde altri rischi che arrivano dalla sterilizzazione della dialettica politica nella democrazia cosiddetta liberale“.

Senza negare che oggi i problemi esistono e non possono essere ridotti a qualcosa da ignorare, secondo La Verità “non è con l’antifascismo, teorico o militante, che i rischi e i pericoli della post-modernità decadente potranno essere risolti” o – almeno – “conosciuti e riconosciuti, cosa che sarebbe già da sé un grande passo in avanti”.