Il nuovo ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare appena insediatosi, tra le numerose priorità che dovrà affrontare non potrà eludere due problematiche che da alcuni anni si sono palesate nell’agricoltura non solo italiana ed europea, ma mondiale.
• I cambiamenti climatici: essi non sono soltanto riferibili agli eventi estremi che abbiamo visto in questi ultimi anni (caldo prolungato, siccità, grandinate estreme, scioglimento dei ghiacciai…), ma sono un fenomeno costante e molto pervasivo che sta mettendo in crisi la produzione delle principali colture. Tra i tanti esempi, ricordiamo la diminuita resilienza climatica delle attuali varietà di cereali disponibili per la coltivazione, che incide negativamente sulle rese e sulla sanità del prodotto finale; e il mutamento del ciclo biologico di molti insetti, che condiziona la loro fenologia e il numero delle generazioni annue. A questo proposito, le alte temperature registrate quest’anno da maggio ad agosto e la prolungata assenza di precipitazioni, hanno favorito la diffusione delle larve di elateridi (coleotteri che svernano nel terreno) che hanno provocato danni con marciumi sulle patate nella fase di raccolto.
• La sostenibilità ambientale: essa è da intendere come responsabilità a “garantire le necessità della generazione presente, senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie” (Gro Harlem Brundtland, 1987). Ricordando che una pratica agricola per essere sostenibile lo deve essere, oltre che sotto il profilo ecologico, anche sotto il profilo economico e sociale, diverse sono le strategie che si possono mettere in atto per innovare nel segno della sostenibilità la nostra agricoltura. Per esempio, l’inserimento delle rotazioni colturali in sistemi agricoli eccessivamente semplificati; la riduzione degli input meccanici e chimici, utilizzando, per i primi, macchine combinate e lavorazioni a file (strip tillage) e, per i secondi, diserbi di precisione e modelli previsionali delle infestazioni.
In questo quadro, oggettivamente complicato, c’è poi la necessità di incrementare la produzione alimentare anche in vista dell’aumento della popolazione mondiale.
A tutti questi problemi viene incontro un’opportunità unica, che è quella data dalle nuove tecniche di “genome editing”, motivo del premio Nobel 2020 a Emmanuelle Charpentier e a Jennifer Doudna. Tali scoperte impatteranno su tutte le scienze, permettendo in medicina di curare delle malattie genetiche e in agricoltura di intervenire sulle piante.
A queste tecniche mirate e rapide di miglioramento genetico cui è stato dato il nome di Ngt, New genomic techniques, in Italia sono state denominate Tea: Tecnologie di evoluzione assistita. A differenza degli Ogm tradizionali che prevedono il trasferimento di geni tra specie diverse (transgenesi), queste nuove biotecnologie consentono di lavorare solo all’interno della specie target, di norma inducendo mutazioni del Dna in punti predefiniti.
Per l’utilizzo diffuso di questa tecnologia si sta ancora aspettando il via libera della Commissione Ue, ma alcuni progetti sperimentali hanno già dato risultati interessanti. Ad esempio, l’ottenimento di un riso resistente al brusone (malattia fungina molto dannosa) che, permettendo di eliminare l’uso dei fungicidi da parte degli agricoltori, arrecherebbe un grosso vantaggio per l’ambiente; e ancora, la realizzazione di un pomodoro contenente il precursore della vitamina D che si attiva quando viene coltivato in ambiente illuminato con luce ultravioletta.
In conclusione, le Tea sono un altro passo avanti nella strada del miglioramento genetico e, intervenendo in maniera chirurgica ed esclusiva sui geni che controllano i caratteri d’interesse, possono sostanzialmente preservare l’ampia biodiversità disponibile.
Questa nuova biotecnologia potrà rendere nuovamente competitive molte varietà che hanno contribuito al made in Italy e che sono state accantonate o rischiano di esserlo a breve.
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