Il cardinale Gianfranco Ravasi, in una intervista a La Stampa, ha commentato con tristezza lo scenario di sangue che invade il mondo in prossimità del Natale. “Spesso ci sono delle guerre, ma stavolta incombono sulla Terra Santa e altri Stati come l’Ucraina. La nascita di Gesù è scandita dalla strage degli innocenti, espressione del potere violento. Gesù poi è profugo e migrante, altra componente che ritorna. Infine, la sua nascita avviene all’interno del censimento fiscale in una casa palestinese”, ha sottolineato.
“La retorica della festa ha un suo valore perché celebra la nascita, la salvezza, la redenzione, ma anche le coordinate storiche sono quelle del Natale di sangue”. È per questo motivo che il rimando va ai valori che sono propri del cattolicesimo. “Il male va sopportato evitando l’assuefazione che diventa indifferenza. La malattia del nostro tempo è la nebbia. Se Cristo tornasse oggi verrebbe fermato dalla Polizia per i documenti. Si fa fatica ad artigliare le coscienze, pure la Chiesa ha questo problema. Anche il mondo laico difetta di voci che lascino il segno. L’unica capace di andare oltre è quella di Papa Francesco”.
“È Natale di guerra, ma non ci si deve assuefare al male”, l’appello di pace per il cardinale Ravasi
La realtà, al di là dei messaggi di pace, però, è che la fine della guerra tra Israele e Hamas è molto lontana. “Lo scacchiere è complesso ed è difficile conoscere tutti gli interventi in atto, compreso quello vaticano, ma va segnalato che esiste, anche se flebile, una domanda di tregua. Le religioni e la cultura dovrebbero chiedere questo. La politica ordinaria non basta. Bisogna proporre qualcosa di più alto. È necessario ridiscutere la convivenza. Resta la speranza di una Gerusalemme divisa tra le tre religioni, dal Muro del pianto che simboleggia il Tempio, la Pietra rovesciata della Resurrezione, la Moschea di Omar”, ha ribadito il cardinale Gianfranco Ravasi.
E sull’Ucraina: “Il cardinale Zuppi si è adoperato molto ottenendo per esempio l’aiuto per i bambini, ma la pace è lontana. Noi religiosi dobbiamo adoperarci per la tregua e il dialogo ed è importante che le chiese non si schierino come purtroppo accaduto in Russia”, ha concluso.