Nell’ultimo anno l’emergenza Covid-19 ha cambiato drasticamente il nostro quotidiano richiedendoci uno sforzo personale e collettivo per elaborare l’inatteso e lavorare, vivere, comunicare a distanza. Questo non senza implicazioni sul piano emotivo e relazionale, dallo smart working che ha sfumato i confini della vita personale e lavorativa, alla tecnologia che ci ha consentito di essere presenti, ma distanti. Ad aiutarci a far luce su qual è stato e quale sarà l’impatto della pandemia sul nostro modo di essere, personale e professionale, la dott.ssa Isabel Fernandez, psicologa e psicoterapeuta, Presidente dell’Associazione per l’EMDR in Italia, in prima linea nel supporto psicologico di operatori sanitari, scuole e cittadini, fin dagli esordi della Pandemia.
Da un anno l’epidemia Covid -19 è parte (condizionante) delle nostre vite. Cos’è cambiato e che impatto hanno avuto sulle persone le varie fasi cui la pandemia ci ha esposto?
Ci sono una serie di aspetti che hanno cambiato le nostre vite, dopo questa lunga esposizione alla pandemia: la prima è l’aggiunta di complessità al nostro mondo di per sé complesso. Tutti quanti stavamo già affrontando difficoltà quotidiane, in ambito finanziario, lavorativo, familiare: dover affrontare anche la Pandemia ha cambiato in modo significativo la modalità con cui conducevamo e organizzavamo le nostre vite. Nella fase iniziale, la prima reazione è stata di incredulità e di negazione. A livello cognitivo, è stato difficile capire e inquadrare quello che stava succedendo, normalmente contiamo sulla possibilità di controllare e di risolvere le difficoltà e le sfide. Il virus ha attivato una sensazione invece di vulnerabilità, l’essere esposti a una “minaccia”, un “nemico invisibile” ha reso tutto più difficile. E poi c’è stato l’isolamento che ha “messo in attesa” un’intera vita organizzata, cambiando i nostri schemi di funzionamento. Tutto questo complesso cambiamento, avvenuto da un giorno all’altro, è stato troppo veloce da elaborare. La nostra capacità di adattamento è stata messa molto alla prova. Mantenere la connessione con i nostri amici e persone care è stato parzialmente risolto utilizzando tecnologie. Se ciò fosse accaduto prima, senza questa opportunità, il nostro senso di isolamento e sopraffazione sarebbe stato molto peggiore.
Oggi qual è l’emozione, la sensazione socialmente più presente?
Sicuramente la consapevolezza di quanto la nostra sicurezza dipenda dai comportamenti altrui. Se gli altri non seguono le regole, le persone si arrabbiano e si sentono impotenti, perché in realtà non possono fare nulla per cambiare i comportamenti dell’altro; ma anche la mancanza di possibilità di pianificare e realizzare progetti: questa è una delle caratteristiche più importanti di questa emergenza. Permane poi la paura di essere infettati che è adattiva e normale, ma sarà una sfida neutralizzarla dopo che il rischio sarà finito; la rabbia, che è collegata alla paura e alle restrizioni ed è di un tipo speciale, perché non c’è nessuno davvero da incolpare per ciò che sta succedendo. La sensazione di rimanere in balia di questo virus, anche nonostante il vaccino, avrà effetti a lungo termine sulla nostra psiche e sarà un fattore di rischio per situazioni future a essa ricollegabili. La mancanza di contatti, di relazioni e attività significative che danno valore alla vita, con il passare del tempo, può portare alcune persone alla depressione. Gli effetti della pandemia sull’economia sulle attività produttive sono note. Le difficoltà a questo livello hanno un impatto sul singolo, sull’umore, sulla progettualità, ma anche sulle famiglie, minori compresi, che vedono la propria famiglia in sofferenza per questi aspetti e per le condizioni scolastiche a cui sono sottoposti.
Sul piano relazionale, pensi che questa situazione avrà un’incidenza di lungo periodo sulle nostre scelte (personali, lavorative, sociali)?
Durante un’emergenza, ognuno risponde con la propria personalità e le abilità che ha imparato nella vita. Molti svilupperanno ansia o paura; altri diventeranno depressi. È importante sapere che questi effetti non si fermeranno alla fine dell’emergenza, ma potrebbero persistere a medio-lungo termine o potrebbero persino crescere e generalizzarsi in una serie di situazioni che non erano solite generare alcun disturbo prima. In questo momento, stiamo evitando persone, contatti fisici, luoghi, folle. È possibile che tornare alla normalità non sarà facile per tutti. Come risultato di tutto quello che abbiamo vissuto nell’ultimo anno, potrebbe essere facile sviluppare pensieri catastrofici e interpretazioni erronee di ciò che sta accadendo. È importante suggerire alle persone di ascoltare le fonti ufficiali di informazione. Spesso, le persone tendono a cercare risposte e soluzioni attraverso altri canali per avere un senso di controllo. È importante combattere questo evidenziando solo le informazioni che sono di fonti attendibili. Sono morte finora più di 100.000 persone in Italia. Il dolore irrisolto e complesso sarà uno scenario significativo che continuerà ad avere un impatto nel prossimo futuro.
Fin dai primi esordi della pandemia l’Associazione EMDR ha collaborato con aziende e enti pubblici per dare immediato sostegno psicologico a chi lavorava sul campo, ai medici, agli infermieri spiazzati da un trauma inatteso…
Nell’ambito della Pandemia Covid-19 sono stati fatti più di 250 interventi umanitari, con il personale sanitario, con la popolazione in generale d in ambito scolastico, raggiungendo così circa 10.000 persone in 52 Comuni, in 25 ATS, ASST e ASL, 31 Ospedali e 22 RSA, con cui ci sono state delle collaborazioni formali. Comuni, Ospedali, i servizi sanitari, aziende sanitarie, scuole, Ministeri hanno fatto richiesta di collaborazione alla nostra Associazione. È un grande feedback che ci è arrivato non più solo dai pazienti ma da istituzioni e comunità. Abbiamo avuto 550 colleghi che sono stati coinvolti in tutti gli interventi. E questo è impressionante come numero. La maggior parte sono terapeuti esperti, liberi professionisti che si sono messi a disposizione della popolazione e del servizio sanitario per dare un ulteriore supporto nell’ambito dei bisogni che ha creato questa Pandemia. Tra gli interventi realizzati c’è il Servizio di Numero verde del Ministero della Salute per il supporto psicologico e un progetto di collaborazione con il Ministero dell’Istruzione per dare sostegno ad insegnanti, genitori ed allievi.
Nella quotidianità il lavoro ha subito forti cambiamenti, penso per esempio allo smart working che da risposta all’emergenza sta diventando anche un modo di lavorare. Che implicazioni ha il lavoro senza relazioni?
La quarantena o il blocco che costringe molte persone allo smart working avrà un effetto notevole, soprattutto sulle persone con importanti fattori di rischio psicologico. L’isolamento a livello lavorativo potrebbe avere un impatto sull’umore, per la mancanza di stimoli e di condivisione della quotidianità. Le dinamiche sociali e di appartenenza a un team hanno un effetto sul senso di identità lavorativa e professionale, sugli obiettivi personali e aziendali. Il lungo protrarsi della Pandemia porta a indebolire questo senso di appartenenza e soprattutto sulle possibilità di riconoscimento. Lo smart working porta a strutturare il funzionamento a livello lavorativo e professionale in un ambito che è quello famigliare e degli affetti. Il confine tra le due realtà non sono più definiti come prima, quando la collocazione del lavoro era in un setting ben definito come l’ufficio o l’azienda, invece viene portato nel setting famigliare e nell’ambito della propria casa. È un’integrazione che può creare delle difficoltà a livello delle relazioni familiari. A questo si aggiungono le situazioni in cui ci sono anche dei bambini in casa in DAD.
Quali risorse possono attivare le persone per gestire tutta questa nuova complessità, data anche da un continuo ribilanciamento tra vita privata e professionale?
È importante ritrovare un senso di sicurezza e ricordare che non siamo indifesi. Questa emergenza ha messo alla prova i nostri schemi mentali, quelli a cui siamo abituati come esseri umani. Questo è il motivo per cui possono sorgere ansia e preoccupazione. Cercare di normalizzare e legittimare tutte queste emozioni può essere utile per ripristinare la calma e accettare quello che ci sta accadendo. Proprio come il nostro corpo è dotato di un sistema immunitario, il nostro cervello è in grado di adattarsi psicologicamente a situazioni avverse grazie alla sua resilienza. È importante estendere la prospettiva di ciò che sta accadendo: non siamo indifesi anche se non possiamo cambiare le cose. Possiamo cambiare le nostre reazioni e prospettive, il modo in cui vediamo ciò che stiamo vivendo, fornendo una visione costruttiva. In questo momento, possiamo fare cose che non sono mai state una priorità per noi. Concentrarsi sul qui e ora è una grande opportunità per semplificare le nostre vite cambiando la nostra gerarchia di priorità. In tutto il Paese da questa situazione si è sviluppato un nuovo senso di comunità, resa anche possibile dalla condivisione attraverso la tecnologia. È positivo vedere che quando gli individui da soli non ce la fanno, il gruppo si presenta in modo naturale per aiutare e sostenere.
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