In un mondo che è sempre più digitale, formazione, di stampo STEM, talento e specializzazione, aprono le porte a nuove professioni e contributi all’innovazione. Ne è un esempio il Solution & Innovation Architect, figura sempre più centrale nel mercato delle professioni 4.0, che unisce capacità intellettuale, analisi e competenza tecnologica con l’obiettivo di sviluppare valore per il cliente finale ma anche per la società e l’ambiente in cui opera.
Di questo e del valore delle competenze – di oggi e domani – parliamo con profondo conoscitore del tema come Guido Porro, Managing Director per l’Europa Mediterranea e CEO Italia di Dassault Systèmes dove innovazione, crescita e competitività aziendale passa anche da una particolare attenzione alla formazione e valorizzazione della “Workforce of the Future”.
Il digitale è il nostro presente e futuro. Cosa si intende esattamente quando si parla di competenze digitali?
Le competenze digitali fanno riferimento a quell’insieme di conoscenze e di capacità che vanno oltre la formazione superiore o universitaria classica, ovvero quella di base, per rispondere a specifici requisiti di carattere tecnico e tecnologico, ingegneristico, scientifico e analitico, nonché a tutte quelle materie conosciute sotto l’acronimo di STEM. Si tratta dunque di competenze su una serie di discipline verticali che hanno come obiettivo comune quello di comprendere come utilizzare al meglio le tecnologie e innovazioni emergenti, dall’intelligenza artificiale al digital manufacturing, fino alla modellazione 3D, il 3D printing, la simulazione virtuale e molto altro.
Chi è e cosa fa un Solution & Innovation Architect?
La figura del Solution & Innovation Architect descrive il professionista che disegna, esprime e traduce in una soluzione tecnologica quello che l’azienda ha identificato come un insieme di iniziative di digital transformation e che porta a una serie di vantaggi in termini di ottimizzazione dei cicli di produzione, progettazione, ingegneria e collaborazione innovativa, business continuity, intelligenza dei dati, manutenzione predittiva. Il Solution & Innovation Architect fa leva sulla propria capacità intellettuale per integrare diverse tecnologie in una miriade di applicazioni e di ambiti funzionali, con l’obiettivo di sviluppare valore per il cliente finale. Si tratta dunque di un professionista altamente specializzato, in grado di portare valore aggiunto alle aziende, ma anche alla società e all’ambiente in cui opera, soprattutto in un momento storico come quello attuale in cui la domanda di competenze digitali e di talenti per il lavoro 4.0 ha raggiunto livelli molto elevati, nell’ottica di un contributo continuo all’innovazione nell’industria.
Che ruolo gioca la formazione in azienda nella valorizzazione di queste professionalità?
Dal nostro punto di vista, la possibilità di estendere e aumentare il proprio livello di formazione in azienda è essenziale per procedere con un approccio di miglioramento continuo che, da un lato, faccia leva su un costante aggiornamento dei profili coinvolti e, dall’altro, assicuri l’attrattività di un’azienda per potenziali talenti, oltre che per gli stakeholder. Noi di Dassault Systèmes abbiamo dei percorsi di formazione molto significativi: infatti, grazie alla nostra University interna dedichiamo più del 20% del tempo alla formazione delle risorse, con corsi che spaziano dalle tematiche soft (gestione del cliente, team interfunzionali, ecc.) a quelli incentrati sull’acquisizione di competenze più tecniche e verticali e che riguardano, principalmente, le tecnologie innovative.
Quanto è importante in questo tipo di professioni la capacità di analisi dei problemi aziendali sui quali intervenire? E quanto saper mettere in pratica le soluzioni disegnate?
La capacità di analizzare i processi interni e, successivamente, di identificare gli elementi che possono portare valore aggiunto all’azienda in termini di innovazione, sono due aspetti di fondamentale importanza quando si rivestono ruoli di questo tipo. Essi rappresentano la base per il successo aziendale e contribuiscono al conseguimento di risultati positivi nel medio e nel lungo periodo. Oltre a saper dare una forma concreta e pratica alle soluzioni progettate, è altrettanto importante possedere delle buone doti di collaborazione e di comunicazione che consentano di mettere a fattor comune le proprie soluzioni, integrandole con altre tecnologie e con i requisiti del mercato di riferimento, in funzione di specifiche necessità.
Quali sono gli ambiti applicativi oggi più sfidanti per chi si occupa di innovazione? Ci fai degli esempi?
Oggi è essenziale che un’innovazione tecnologica risponda a determinati requisiti di sostenibilità e contribuisca a migliorare, in un’ottica di armonia tra prodotto, natura e vita, la qualità della vita stessa. Questo sia che si tratti di produrre terapie mirate e meno costose, di progettare infrastrutture ottimizzate o, in generale, di adottare un migliore approccio all’uso delle risorse ambientali. L’utilizzo di gemelli virtuali applicati alla sanità, ad esempio, consente di comprendere e simulare, in modalità digitale, ciò che successivamente verrà effettuato sul corpo umano, valutandone preventivamente l’efficacia. Allo stesso modo, è possibile riprodurre il gemello virtuale di una città per valutarne i principi di sostenibilità e fare leva sull’utilizzo della tecnologia per ottimizzare, ad esempio, i consumi energetici degli edifici come è avvenuto, ad esempio, con il Virtual Twin della città di Singapore.
Per te, quali sono le competenze, le abilità sulle quali oggi val la pena puntare per un giovane che si affaccia al mondo del lavoro?
Oltre a una base di buone e consolidate competenze acquisite durante gli anni della formazione superiore-tecnica e universitaria, credo che una prerogativa fondamentale per coloro che intendano intraprendere un percorso in quest’ambito riguardi la volontà – e l’ambizione – di procedere secondo prospettive di miglioramento continuo, anche a livello pratico. Sicuramente la specializzazione è un tassello importante, ma è soltanto il primo step a cui deve necessariamente seguire una capacità di visione a 360 gradi dell’intero processo, nonché di tutte le singole applicazioni che costituiscono una piattaforma più complessa. Vi sono poi tutte quelle competenze che si acquisiscono sul campo, direttamente in azienda, nel momento in cui si entra nel vivo del prodotto tecnologico e ci si interfaccia con i clienti, simulando e risolvendo i problemi reali più complessi.
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