Cresce l’apprensione internazionale per il destino di Ebrahim Raisi, il presidente dell’Iran coinvolto in mattinata in un non meglio precisato incidente mentre era a bordo del suo elicottero mentre si trovava sui cieli dell’Azerbaigian persiano: attualmente non è chiaro che fine abbia fatto il presidente – che viaggiava assieme al ministro degli Esteri e al suo entourage – mentre i soccorritori sono riusciti solo dopo ore di ricerche a trovare il velivolo. Il destino stesso dell’Iran, d’altronde, dipende dalla condizione in cui versa attualmente Ebrahim Raisi perché la sua eventuale dipartita causerebbe (nel migliore dei casi) un cambio di potere che potrebbe avere influenza anche sull’andamento della guerra a Gaza tra Israele e Hamas.
Nato nel dicembre del 1960 nella piccola Mashhad, l’attuale presidente iraniano è cresciuto in un ambiente clericale ed ultra religioso che ne ha plasmato fin da piccolo la mentalità al punto da renderlo uno dei presidenti più ultraconservatori che abbiano mai messo piede nel governo di Teheran. Inoltre, grazie alla sua immagine pubblica Ebrahim Raisi è riuscito anche a garantirsi il pieno favore da parte dell’Ayatollah – e Guida Suprema dell’Iran – Ali Khamenei, tanto che moltissimi analisti ritengono che sia il favorito per la sua successione.
Chi è Ebrahim Raisi: l’amicizia con Ali Khamenei, la magistratura e il massacro dell’88
La carriera politica di Ebrahim Raisi è iniziata fin dal compimento della maggiore età e si ritiene (ma senza conferme ufficiali) che abbia partecipato attivamente alla presa del potere nel biennio 1978-79 da parte dell’Ayatollah Khamenei, anno in cui riuscì anche a farsi scegliere come procuratore generale di Karaj: da lì ha iniziato una lunga carriera nella magistratura iraniana che l’ha portato al ruolo di procuratore aggiunto di Theran nel 1985, pochi anni prima della guerra tra Iran e Iraq. Pochi anni dopo – nel 1988 – si suppone che Ebrahim Raisi fosse parte della catena di comando che portò all’esecuzione di migliaia di dissidenti politici che gli è valsa la nomea di ‘macellaio di Theran‘, seppur dal conto suo abbia sempre negato qualsiasi coinvolgimento.
Dopo la carriera in magistratura, quello che sarebbe diventato presidente dell’Iran di lì a pochi anni, nel 2017 si è presentato alle elezioni contro Hassan Rouhani, ottenendo pochissimi voti, per poi diventare capo della magistratura due anni più tardi: un ruolo che gli ha permesso di dare il via ad una violenta campagna di repressione del dissenso e – non a caso – il suo periodo di governo ha visto un vero e proprio boom di condanne a morte. Nel 2021, poi, Ebrahim Raisi è riuscito a vincere le elezioni presidenziali con un buon 62% dei voti a suo favore, ma in una tornata elettorale che ha visto la più bassa percentuale di affluenza alle urne che la storia dell’Iran ricordi.
Ebrahim Raisi e la ‘nascita’ della Repubblica Islamica
Proprio dalla poltrona di presidente, Ebrahim Raisi ha reso l’Iran ciò che l’Ayatollah Khamenei aveva sempre immaginato: una (qualcuno direbbe ‘la’) Repubblica Islamica ultraconservatrice dove l’espressione del dissenso è proibita. Proprio sotto la sua presidenza, l’Iran ha ripreso l’arricchimento dell’uranio – dopo che il suo predecessore firmò i famosi accordi con gli USA poi stralciati da Trump – e sembra essere sempre più vicino a produrre il suo primo ordigno atomico; ma la sua presidenza sarà ricordata anche per le violente proteste scoppiate sulla scia della morte di Mahsa Amini per mano della polizia morale e da ultimo – almeno per ora – un ruolo importante lo sta giocando nella guerra a Gaza, dove molti ritengono che muova i fili di Hamas, Houthi e Hezbollah con le sue dichiarazioni sempre anti-Israele.