L’allarme del direttore generale della FAO Jacques Diouf è reale. Il 2008 rischia di diventare un anno da incubo per i paesi più poveri colpiti da un terribile doppio shock.
Il primo shock è stato costituito dall’aumento rilevante del prezzo delle materie prime che ha caratterizzato i mercati internazionali negli ultimi mesi e che ha registrato un picco nella primavera di quest’anno. Se i maggiori prezzi agricoli sono un elemento positivo per molti paesi in via di sviluppo, grandi esportatori di prodotti alimentari (vedi Brasile e Argentina), essi sono un segnale di forte criticità per i paesi più poveri, che generalmente sono importatori netti di beni alimentari.
Nelle ultime settimane gli effetti negativi di questo primo shock sembravano essersi ridotti: da una parte i prezzi sono considerevolmente scesi dai massimi della primavera e dall’altra il raccolto del 2008 sembra essere particolarmente abbondante.
Le prospettive per i paesi poveri sono ora considerevolmente peggiorate a causa del secondo shock che ha recentemente colpito l’economia internazionale: la crisi dei mercati ed il conseguente rallentamento dell’economia globale.
Stante le previsioni negative per le principali economie avanzate il timore palesato da Diouf è che la minor crescita economica si traduca in un rallentamento dei flussi di aiuti per lo sviluppo da cui numerosi paesi poveri sono tuttora fortemente dipendenti.
Inoltre la grave crisi finanziaria che sta attraversando l’economia mondiale avrà ripercussioni dirette non piccole per i paesi più poveri. Questi infatti sono caratterizzati da mercati finanziari e bancari poco sviluppati in cui i prestiti alle imprese sono generalmente scarsi ed avvengono a tassi particolarmente elevati. L’elevata incertezza conseguente alla fase congiunturale avversa genera una ulteriore stretta creditizia con ripercussioni dirette sull’economia reale.
Inoltre molti paesi in via di sviluppo, proprio in virtù dello scarso sviluppo dei sistemi finanziari interni, sono fortemente dipendenti dai prestiti internazionali di governi o istituzioni multilaterali. Anche i prestiti potrebbero soffrire della situazione congiunturale avversa risultando in una riduzione dei volumi o in un aumento del premio al rischio richiesto.
Più in generale ciò che sta accadendo in questi giorni mostra con evidenza che di fronte all’approssimarsi di una fase congiunturale fortemente avversa i paesi avanzati tendono naturalmente a proteggere le proprie economie. Il rischio di un ritorno al protezionismo evocato da Diouf non va letto nell’ottica di un possibile aumento dei dazi o delle tariffe doganali. Piuttosto si verificherà una crescente difficoltà a rilanciare le negoziazioni nell’ambito del Doha Round del WTO, arrestate proprio sul tema dei prodotti agricoli.
Quale governante in Europa o negli USA accetterà di ridurre i sussidi ai propri agricoltori in recessione?
Rimane tuttavia il problema di fondo: il problema alimentare che colpisce molte popolazione povere è la manifestazione maggiormente drammatica del loro sottosviluppo. Ne consegue che al di là dell’emergenza contingente, la soluzione deve necessariamente passare per iniziative integrate di sviluppo che coniughino il tema alimentare con quello di tutte le altre politiche per lo sviluppo (educazione, sanità ecc.).
Per fare questo occorrono risorse ma anche una forte volontà e coordinamento politico a livello internazionale da parte dei paesi avanzati. Volontà e coordinamento non hanno certo proliferato negli ultimi anni. Con il venir meno delle risorse economiche la strada per i paesi poveri si fa realmente in salita.