La nuova Compagnia Aerea Italiana non riesce a prendere il volo; il rinvio dell’assemblea dei soci della “nuova Alitalia” dal 14 al 28 ottobre non aiuta certo il vettore di bandiera commissariato a immaginare un futuro senza troppi problemi.

Il problema della licenza è stato affrontato ottimamente da un articolo precedente del Prof. Ugo Arrigo e di preoccupazioni ce ne sono altre.



L’aumento di capitale di un miliardo di euro essenziale quanto insufficiente per il rilancio della compagnia tarda ad arrivare e i soldi nelle casse del vettore sono davvero agli sgoccioli.

Il commissario straordinario Augusto Fantozzi, che a metà settembre, in piena trattativa tra sindacati e la CAI annunciava di avere soldi per tre giorni, ora afferma che il carburante del vettore è presente fino ad inizio dicembre.



I dubbi sulla rinascita della Fenice sono forti così come sono tristi le certezze; la prima è quella che a fine agosto Alitalia aveva una disponibilità netta finanziaria a breve di soli 55 milioni di euro, contro i 141 che erano presenti alla fine del mese di luglio; il gruppo ha bruciato 86 milioni di euro nel mese meno problematico del trasporto aereo ed è tornato a livello di disponibilità di fine aprile di questo anno.

Il prestito ponte secondo i dati stessi della compagnia è stato “consumato” nel corso di quattro mesi smentendo la previsione dei politici che affermavano che sarebbe servito per dodici mesi di operatività della compagnia. Lo Stato difficilmente vedrà tornare nelle proprie casse i soldi prestati dai contribuenti italiani.



Se l’azienda pubblica è senza ossigeno, gli imprenditori della cordata italiana probabilmente si trovano in difficoltà.

La crisi del sistema finanziario ha ristretto la liquidità e probabilmente molti degli imprenditori non vedono più la certezza di un ritorno economico nel corso dei prossimi anni del progetto presentato da Intesa SanPaolo

La seconda certezza riguarda l’esecutivo; non si può dire che il Governo non abbia fatto tutto il possibile per cercare di attrarre questi investitori coraggiosi; ha ristretto la concorrenza del mercato domestico con la conseguenza che i prezzi dei biglietti della Compagnia Aera Italiana saranno del 32% superiori rispetto alla vecchia Alitalia.

Il decreto salva Alitalia, che deve essere approvato entro il 27 ottobre, sta per “superare” il voto della Camera e del Senato senza quegli emendamenti che sarebbero stati salutari per il settore del trasporto aereo; la prima “correzione” che non vedrà la luce è quello concernente la liberalizzazione degli slot che avrebbe potuto aumentare la concorrenza nel trasporto aereo intercontinentale e favorire sia l’aeroporto di Malpensa che tutto il sistema aeroportuale italiano.

In questo modo, la posizione di oligopolio di CAI per molte tratte intercontinentali non sarebbe intaccata, tanto che nel “Piano Fenice” è previsto un aumento dei ricavi per posti passeggero chilometro di quasi il 20% rispetto alla “vecchia Alitalia” anche per il lungo raggio.

Il decreto prevede inoltre un aumento del 300% delle tasse d’imbarco per passeggero negli aeroporti italiani per finanziare la cassa integrazione dei lavoratori Alitalia. Si aumentano le tasse a tutte le compagnie per finanziare una compagnia inefficiente.

Al fine di favorire lo sviluppo del trasporto aereo che conosce un rallentamento dovuto alla crisi economica e all’aumento del prezzo del carburante, l’Istituto Bruno Leoni, nello scorso aprile, fece la proposta di abbassare le tasse governative nel trasporto aereo in modo da favorire tutti i vettori aerei con i soldi del prestito ponte.

Alitalia e tutte le compagnie operanti nel nostro paese avrebbero beneficiato di una abbassamento della tassazione e al contempo lo Stato italiano non avrebbe compiuto un aiuto di Stato.

In questo momento storico in cui si chiedono aiuti di sSato, forse il caso Alitalia può portare importanti insegnamenti: non solo non sono serviti a salvare la compagnia dal commissariamento, ma hanno prolungato l’agonia del vettore con ulteriore spreco di risorse pubbliche.