Gigi Petteni, la Cgil si è alzata dal tavolo dei contratti e la trattativa con Confindustria attualmente è ferma. E la Cisl?

La Cgil non si è alzata dal tavolo, sta al tavolo ma dice che il confronto si è esaurito. Noi invece siamo convinti di dover stare al tavolo perché la nostra prima volontà è raggiungere un accordo. Che è indispensabile se vogliamo tutelare i redditi.



Bonanni però non ha impegnato la propria firma.

In ogni trattativa un sindacalista, come lo intendiamo noi, si siede per fare un accordo. Mettere la firma vuol dire condividere il merito dell’accordo e assumersene la responsabilità di fronte ai lavoratori. È una cosa seria, che occorre valutare con attenzione. Le tutele sono state tutte determinate attraverso accordi. Se pensiamo allo scenario in cui si sta svolgendo questo negoziato, ci accorgiamo che oggi le parti non rinnovano più un contratto alla scadenza naturale, ma dopo diciotto, venti mesi, quasi fosse ormai la normalità. Ora però potremmo essere a una svolta. Abbiamo bisogno di contrattare di più e di contrattare in modo diverso su entrambi i livelli, nazionale e decentrato.



Sul tema del Ccnl qual è la vostra proposta?

Abbiamo ora un accordo di 18 anni fa in cui i contratti si rinnovavano sulla base dell’inflazione programmata. Ma programmare l’inflazione all’1,7%, come ha fatto il governo, significa programmarla ben al di sotto del valore reale e penalizzare troppo i salari. Noi invece stiamo lavorando perché l’inflazione sia determinata in uno scenario complessivo che fa riferimento al quadro europeo, con un indicatore che consenta di avere un’inflazione depurata dall’energia importata. E con un meccanismo di verifica degli scostamenti tra l’inflazione prevista e quella reale, da recuperare eventualmente nel triennio successivo.



I punti chiave sono salvaguardare il potere d’acquisto e legare i salari alla produttività. Ma là dove non si fa un contratto di secondo livello, come pensate di fare?

Innanzitutto le condizioni per estendere la contrattazione di secondo livello sono importanti e vanno create. Il secondo livello in questi giorni viene visto solo sotto l’aspetto economico. A mio avviso è un errore. Occorre invece pensare ad un rilancio dei contratti anche sui temi dell’organizzazione: cioè degli incidenti sul lavoro e della flessibilità degli orari, di quei temi cioè che consentono di entrare nel vivo dei problemi dei lavoratori in azienda. Per creare le condizioni di un nuovo patto tra imprese e lavoratori.

Nelle aziende in cui non c’è contrattazione di secondo livello?

Occorrono meccanismi per estenderla, e a quel tavolo stiamo contrattando un meccanismo perequativo. A chi non fa la contrattazione di secondo livello, occorre garantire un quid di aumento. Non è naturalmente un premio per chi non fa la contrattazione, ma una garanzia retributiva.

Alcuni economisti – Boeri e Garibaldi su lavoce.info – nell’ipotesi che non si raggiunga la contrattazione aziendale hanno ipotizzato che il salario di garanzia sia legato alla produttività attraverso il Mol, il margine operativo lordo delle imprese. Che ne pensa?

È giusto che l’impresa sia incentivata a fare un contratto di secondo livello su obiettivi, perché se c’è redditività l’impresa distribuisce ricchezza. Ma se le cose non vanno bene occorre comunque difendere i lavoratori. . La trattativa deve puntare a creare e non a escludere il livello di contrattazione diffuso, per cui se l’impresa non fa redditività e non fa contrattazione di secondo livello, questo non può essere a costo zero. Il problema è che oggi una parte di contrattazione decentrata è stata sostituita da un elemento che dobbiamo combattere e che sono le elargizioni individuali delle imprese: l’impresa premia individualmente il lavoratore.

Confindustria ha messo lo stop sui contratti territoriali…

Basterebbe guardare quel che c’è. Ci sono cose che non vanno necessariamente inventate: nell’edilizia da sempre si fa il contratto nazionale e poi il territoriale con le rispettive competenze. Lì dobbiamo arrivare e per questo serve un percorso che faccia uscire da una situazione di veti incrociati. Ci sono ambiti in cui quel che si vuol raggiungere ha dei precedenti e si è sperimentata con successo la bilateralità.

Cosa può fare il governo per agevolare la ripresa della trattativa?

Deve mantenere gli impegni: innanzitutto abbassare la contribuzione sulla contrattazione di secondo livello. Daremo più soldi ai lavoratori se faremo il contratto nazionale con un livello di inflazione più alto, se faremo contrattazione decentrata legata a obiettivi di produttività e se il peso del fisco sarà fortemente alleggerito. Ma quest’ultimo può farlo solo il governo. Questi tre interventi creano le condizioni per dare risorse in più ai lavoratori, per aumentare i consumi e per creare maggiore sviluppo.

La vicenda Alitalia ha segnato una svolta nei rapporti tra Cgil Cisl e Uil?

Noi di fronte alle difficoltà abbiamo chiamato tutti alla responsabilità, nella convinzione di fare l’interesse del paese. Se alle analisi non facciamo seguire i fatti e le scelte, verremo giudicati dai lavoratori e ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità. Il nostro compito era rappresentare al meglio gli interessi dei lavoratori.

Cosa si sente di dire alla vigilia di una ripresa della trattativa?

Il contributo maggiore delle forze sociali ed economiche, al di là delle proposte puntuali e concrete che pure sono importanti, è quello di ricostruire un clima di fiducia. A questa condizione l’accordo tra mondo delle imprese e sindacati non solo verrebbe a capo del problema della contrattazione, ma sarebbe un grande atto di responsabilità.