Dopo mesi di indiscrezioni la “Social Card” voluta dal ministro dell’economia Giulio Tremonti è finalmente entrata nella sua fase attuativa. Rispetto a quanto era stato anticipato, il profilo dell’intervento appare mutato profondamente. Innanzitutto nella forma. Secondo quanto annunciato dalle fonti governative, si tratterebbe infatti di una vera e propria carta di credito, del tutto indistingubile con quelle normalmente in circolazione. Sembrerebbe dunque cadere una delle principali obiezioni a questo genere di interventi: una carta realmente anonima ed esteticamente omogenea alle altre elimina il rischio dello “stigma sociale”, che si temeva ne potesse limitare fortemente l’utilizzo.



Più ampia del previsto la platea dei beneficiari: saranno infatti almeno 1.300mila, tra pensionati al minimo (con un reddito complessivo annuo inferiore ai 6000 euro) e famiglie con bambini under 3 anni e redditi bassi.  Così come leggermente più ampia è la disponibilità mensile riconosciuta ai beneficiari: 40 euro, contro i 33 annunciati a giugno. Con la novità di un “bonus” iniziale di 120 euro (tre mensilità) per chi ne farà richiesta entro la fine dell’anno.



Invariata è infine la destinazione d’uso di queste carte: beni alimentari acquistabili presso negozi convenzionati (con il 5% di sconto sul prezzo di vendita) e sconti per il pagamento delle bollette Enel.

Rispetto alle prime ipotesi siamo dunque di fronte ad uno strumento leggermente differente, che risolve alcuni limiti (primi tra tutti quelli legati al rischio di stigmatizzazione sociale) ma ne mantiene invariati altri. La risicatezza delle risorse messe a disposizione sono infatti certamente un contributo utile per le famiglie a basso reddito, ma non produrranno significativi incrementi di consumo, obiettivo che appare invece oggi come centrale nelle strategie governative di affronto della crisi economica. Poco disponibili appaiono per altro anche gli esercenti: lo sconto praticato sulle merci è infatti dimezzato rispetto a quanto ci si attendeva.



Si tratta insomma di un intervento redistributivo sulle fasce deboli, il cui effetto sui consumi non potrà che restare limitata. L’obiettivo di far rialzare la testa a una propensione al consumo sempre più contenuta ha bisogno di strumenti più radicali, come ad esempio quello invocato l’altro ieri dal Vice Direttore Generale di BankItalia, Ignazio Visco: il taglio generalizzato del prelievo fiscale sul lavoro.