La review strategica in fase avanzata a Telecom – al di là della presenza nell’azionariato di soggetti come Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Generali e Telefonica – si preannuncia come un sicuro caso di studio su come grande impresa e grande finanza provano a guardare avanti, oltre la crisi globale dei mercati, attraverso la recessione. Ogni bivio che il management e i soci stabili di Telecom si troveranno ad imboccare – sotto l’occhio non distaccato di Borse, Governo, authority, utenti – non sarà diverso da quello che molte altre corporation-blue-chip si troveranno ad affrontare, in tutti i settori.



La prima questione – per ora risolta solo da grandi banche come Intesa Sanpaolo e UniCredit (che distribuirà una cedola solo in azioni) – è se imporre o meno un drastico sacrificio alla remunerazione del capitale: se cioè annunciare subito la sospensione – e non solo la riduzione – del dividendo per uno, due o più anni a soci già penalizzati dal crollo del titolo. Ma la riduzione del debito (in un mondo in cui nuovamente “il denaro è un problema”) e il rafforzamento patrimoniale – laddove i rating saranno riscritti da zero – sono forse le priorità per la sopravvivenza dell’azienda. Se così in ogni caso avvenisse, sarebbe uno dei molti segni dell’inversione tendenziale dei rapporti di forza capitalistica tra l’impresa e i suoi diversi proprietari: stabili e di mercato.



Un secondo dossier strategico in Telecom riguarda la valorizzazione della rete, al centro tra l’altro di un animato dibattito di politica industriale. Se, indipendentemente dalle problematiche di governance pubblica delle tlc, la rete fissa dovesse alla fine rimanere un asset del gruppo, sarebbe la conferma di un altro ripensamento: Telecom tiene ampio il suo orizzonte di media company, ma si tiene pure stretto l’hardware tipico di un carrier, per quanto di ultima generazione.

Da ultimo, anche l’assestamento dei conti Telecom nel 2008 promette di essere un benchmark, laddove lo Iasb ha per ora escluso interventi d’emergenza sui principi contabili riservati ad asset diversi da quelli finanziari delle banche. Il goodwill di Telecom (superiore ai 40 miliardi) deve quindi superare l’impairement test a “Ias dati” e sarà quindi interessante vedere come il gruppo e i suoi consulenti rimoduleranno – prevedibilmente – l’articolazione delle cash generating unit per rendere sostenibile e quindi non svalutabile l’avviamento.



 (Antonio Quaglio)

da Il Miglio Quadrato, Il Sole-24 Ore – Plus del 29 novembre 2008