«Piove dentro Fiumicino» tuona il Ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola. Ma ad annegare non è solamente Alitalia, sempre più alle prese con il teatrino politico-sindacale. No, quello che ormai è andato alla deriva è il concetto di libero mercato. Colpa della crisi dei mutui subprime che ha innescato una spirale keynesiana dagli improbabili esiti positivi.
L’equazione “meno Stato, più privato” sembra non avere più senso, confinata agli annali della storia economica in cui Alitalia rappresenta una postilla che forse sarebbe opportuno non rileggere mai. La realtà è che sono saltate tutte le regole di mercato e la querelle sulla compagnia di bandiera italiana ha avuto l’unico merito di anticipare un degrado assolutamente illiberale, dove le regole ci sono ma è meglio non rispettarle in nome di un disegno più ampio. Se poi salta tutto la colpa ricade sul sistema e non sugli operatori che dopo aver creato un virus mortale cancellano i files e restano impuniti.
Libero mercato significa sviluppo e tornerà a far sentire la sua voce quando una regolamentazione più rigida e trasparente permetterà di ripartire da basi economiche credibili.
La vicenda Alitalia insegna che il libero mercato, soprattutto in Italia, non è mai esistito. La compagnia aerea doveva fallire almeno 20 anni fa, ma la lunga mano dello Stato ha consentito iniezioni di liquidità che sono servite solamente a dare costosissime boccate d’ossigeno, senza mai fornire una terapia in grado di curare i mali del vettore.
Inutile analizzare le colpe o le virtù dei governi che si sono susseguiti nel corso degli anni. Il risultato è davanti agli occhi di tutti: Alitalia brancola nel buio e il servizio fornito ai viaggiatori è ampiamente sotto la sufficienza.
Il tentativo della Cai non è certamente la panacea di tutti i mali, ma d’altra parte l’atteggiamento irresponsabile di alcune sigle sindacali non sembra essere la via migliore da percorrere. Il partito del no ha già fatto troppi danni nel nostro Paese che ha invece bisogno di meno burocrazia per sciogliere i tanti nodi che ne limitano le potenzialità.
Alitalia potrebbe essere una risorsa fondamentale per il rilancio del comparto turistico, basta non perdere troppo tempo tra beghe e dispetti sindacali che producono l’unico risultato di lasciare a terra ogni timido tentativo di decollo.
Si potrebbe obiettare che di fronte ai sacrifici chiesti a piloti e assistenti di volo emerge un’invidiabile struttura dei ricavi di Cai in termini di rendite e posizione monopolistica nel mercato domestico italiano. Cai infatti riuscirà ad avere introiti unitari più elevati del 36% rispetto al mercato spagnolo e di circa il 32% in più rispetto alla vecchia Alitalia.
Niente male come investimento in una società che sfortunatamente è fallita solo tecnicamente. Del resto la mancata liberalizzazione del trasporto aereo intercontinentale permetterà a Cai di mantenere una posizione di oligopolio e di operare senza doversi confrontare con una concorrenza vera nei voli nazionali. Tutto vero. Sono le regole del gioco. Basta non chiamarlo libero mercato.