La pubblicazione da parte della Banca d’Italia del bollettino statistico sulla ricchezza delle famiglie italiane rappresenta un utile indicatore per comprendere quali possano essere gli effetti della crisi economico/finanziaria sul benessere complessivo. È bene segnalare che nel calcolo della ricchezza non vengono contabilizzati i redditi da lavoro, bensì le attività reali (beni immobili, terreni e oggetti di valore) e immateriali (come ad esempio i valori di avviamento delle attività commerciali) da un lato, e le attività finanziarie (depositi, titoli, obbligazioni) dall’altro. Il tutto al netto dei debiti contratti, sotto forma di mutui o di prestiti personali. È dunque un’immagine dello stock di ricchezza effettivamente disponibile da parte delle famiglie.
L’elemento di maggior forza socio-economica è sicuramente quello della ripresa della disuguaglianza sociale riscontrabile nel Paese. Dopo anni di contrazione delle distanze tra le ricchezze detenute dalle famiglie, dal 2004 al 2006 la forbice ha ricominciato a crescere, segnalando una significativa contrazione nella capacità del sistema di ridistribuire le ricchezze. Il risultato è quello di un Paese in cui ha ricominciato a salire la quota di ricchezza netta posseduta dal 10% delle famiglie più ricche, passata in tre anni dal 42,9% al 44,7%, a discapito della ricchezza detenuta dal 50% della popolazione meno ricca (passata dal 10,1 al 9,7%). In aggiunta continua a crescere il numero delle famiglie in passivo, giunte nel 2006 al 2,7%, una quota che rimane in ogni caso decisamente lontana da quelle registrabili ad esempio negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Francia.
Questa tendenza rischia di essere potenziata dall’attuale inasprimento della crisi economica, che si prevede possa determinare ulteriori benefici proprio per la componente più ricca della popolazione a tutto discapito della più povera. Ciò a causa soprattutto di un ulteriore impoverimento del portafoglio finanziario: Bankitalia segnala infatti come già nel primo semestre di quest’anno vi sia stata una contrazione del 6%, con una ulteriore accentuazione nel semestre in corso. Seppur minoritaria rispetto al totale (40%), questa componente di ricchezza rischia evidentemente un’erosione significativa nel breve e medio termine, e su questo fronte si addensano evidentemente le preoccupazioni più forti.
Così come preoccupante appare il dato di accesso al credito al consumo, giunto nel 2007 a un complessivo di 93 miliardi di euro rispetto ai 68 miliardi di appena due anni prima. E ciò nonostante la ricchezza complessiva detenuta dalle famiglie sia cresciuta in un anno dell’1,7% (139 miliardi in più), con un aumento pro capite dello 0,8%. Un dato che sembrerebbe dunque confermare la tendenze all’allargamento della forbice delle ricchezze, il cui aumento complessivo non può contare su alcun effetto redistributivo. Un tema di politica economica che in Italia si pone ormai da molti anni e che a questo punto non può che diventare centrale nella riflessione di prospettiva.