Il governo viene criticato da più parti per non aver varato misure anticrisi di entità maggiore. Anch’io ho invocato su queste ed altre pagine più rapidità ed incisività. Ma prima di criticare vorrei capire.

In primavera ci saranno elezioni importanti. Possibile che governo e maggioranza corrano il rischio di perderle per imputazione di insufficienza reattiva ad una recessione che potrebbe avere il suo massimo impatto proprio nel primo semestre del 2009? O il governo ha dati che promettono un impatto recessivo molto minore di quello che ora si teme (l’Ocse ha previsto l’aumento di due punti percentuali della disoccupazione in Italia nel prossimo biennio) oppure percepisce un pericolo maggiore che lo costringe a tenere strettissimi i cordoni della borsa.



Nelle ultime settimane agli scenari catastrofici si sono aggiunti altri meno pessimisti. Inoltre l’implosione a settembre del mercato americano e il suo contagio globale ha fatto crollare i prezzi energetici e delle materie prime, inducendo, in combinazione con l’aspettativa di recessione futura, una rapidissima deflazione. Questa ha cancellato l’inflazione. Ora il calo dei prezzi e dei tassi si configura, nei prossimi sei mesi, come un ripristino della capacità di spesa delle famiglie, in Italia, attorno ai 2000 euro aggiuntivi. Ciò equivale ad una sostanziale riduzione delle tasse e dei costi per i redditi medio bassi in relazione al biennio precedente.



Ha fatto il governo questo calcolo aspettando dati più precisi e migliorativi, prima di usare le poche munizioni che ha nel bilancio? O teme il peggio e le tiene in riserva, magari a ridosso della campagna elettorale? O ha poche idee? Forse, ma ritengo causa prevalente il suo timore che il mercato cominci a scommettere sulla possibile insolvenza del debito italiano. Il rischio è già segnalato dal differenziale di prezzo dei titoli di debito statale italiani e tedeschi pur denominati con la stessa moneta. Pertanto la massima priorità è quella di difendere la certezza che l’Italia ripagherà il suo debito. E l’unico modo per riuscirci è quello di non sfondare nemmeno di una virgola il deficit programmato, dimostrando il controllo dei conti pubblici anche nelle difficoltà del ciclo. A breve serve, oltre a non alzare troppo il costo del nuovo indebitamento, ad evitare che il mercato sia incentivato a vendere Bot italiani allo scoperto scommettendo sull’insolvenza. Se accadesse non potremmo restare nell’euro. Se uscissimo dalla moneta unica probabilmente salterebbe tutto l’eurosistema.



È credibile un tale rischio catastrofico? Non lo si può escludere a priori in tempi di cedimento della certezza finanziaria e tanto basta per costringere il governo a mettere in priorità assoluta la credibilità del debito, costi quel che costi socialmente. Secondo me quei 6 miliardi sono la massima cifra che il governo ha potuto mettere in campo, rassicurando il mercato che l’Italia ripagherà il debito. 

Ma ci sono altri miliardi, dai 10 ai 20, da riallocare entro i limiti di deficit, volendo. Si consideri, tuttavia, che i calcoli per la Finanziaria fatti a luglio non scontavano il minor gettito nel 2009 e, forse, 2010. Quindi se Tremonti ha ancora risorse in bilancio dovrà tenerle per coprire questi buchi possibili. In conclusione devo ammettere che il governo ha probabilmente fatto il possibile. Se l’Italia non risolve il problema del debito, o abbattendone una parte vendendo il patrimonio o riassicurandolo attraverso una sua europeizzazione o altro da inventare, nessuno governo potrà fare alcunché né in tempi normali né tantomeno in fase di crisi. Chi sciopera il 12 dicembre se lo ricordi, invece di invocare fantasie.