Un forte impulso alle politiche per la famiglia è urgente per molti motivi. La crisi economica della famiglia è una causa centrale della crisi strutturale del paese, la famiglia è economicamente sicura se entrambi lavorano senza figli e le difficoltà economiche aumentano al crescere del numero di figli. Il drammatico declino della natalità ha comportato squilibri fondamentali, quali la diminuzione della popolazione in età da lavoro, finora compensata da un disordinato flusso immigratorio a basso costo, un delicato problema pensionistico e una diminuzione della crescita potenziale dell’economia. L’aumento della popolazione anziana richiede risorse aggiuntive per sanità e assistenza, di cui si deve far carico la generazione di mezzo, schiacciata fra i propri figli e i genitori non autosufficienti. Non esiste conflitto fra padri e figli, perché nipoti, padri e nonni fanno parte di una catena generazionale che, condividendo tempo e risorse, è in realtà il soggetto nuovo di riferimento.
È possibile dimostrare che l’efficacia della spesa sociale europea è maggiore proprio in quei paesi nei quali è maggiore l’impegno per la famiglia, i figli e i disabili: e questo è quindi il motivo dell’inefficacia italiana. È perciò cruciale la qualità della spesa. L’efficacia di una politica per la famiglia, e ancor meglio per la catena generazionale, dipende dalla capacità di articolare una gamma diversificata e semplice di obiettivi e strumenti specifici, come avviene in Francia. Obiettivi e strumenti devono essere semplici per due motivi: il primo è che la semplicità fiscale è un valore di democrazia, il secondo è che le decisioni sul futuro, come quelle familiari, richiedono un quadro di variabili certe e chiare. È necessario affiancare una contabilità del tempo, perché si riconosca l’importanza del tempo dedicato ai figli, ai genitori molto anziani e al volontariato: l’obiettivo esclusivo non può essere solo l’aumento dell’offerta di lavoro femminile sul mercato, perché le donne lavorano già molto, con poco tempo libero, nel non mercato. Così come la sussidiarietà deve essere una scelta di libertà e non un vincolo imposto dalla necessità di sopravvivere senza alcun riconoscimento pubblico.
Gli obiettivi fiscali per la famiglia vanno perciò articolati con chiarezza: l’equità orizzontale, i figli e i bambini come bene pubblico e meritorio, la lotta contro la povertà e naturalmente la promozione della famiglia, anche senza la presenza di figli, sono obiettivi distinti, anche se con naturali sovrapposizioni. Il meccanismo del quoziente familiare è una soluzione semplice all’obiettivo dell’equità orizzontale, che in Francia funziona molto bene da decenni: l’idea è quella di trattare in modo uguale famiglie uguali fiscalmente. Alcune stime indicano che l’introduzione del quoziente in Italia “costerebbe” 10-15 miliardi: in realtà questa è una stima della enorme iniquità fiscale che attualmente grava sulle famiglie italiane. Per i figli è necessario comprendere che l’investimento nei molto giovani ha natura irreversibile e l’inazione di oggi accresce la moltitudine di generazioni perdute. Il nostro paese è in declino demografico non per scelta delle famiglie, che vorrebbero almeno un figlio in più, ma per la trascuratezza del mondo politico.
Occorre perciò il coraggio di guardare al futuro, investire nei bambini fin dal momento della nascita, in forme molteplici: con un aumento degli assegni al nucleo familiare, di carattere quasi universale di almeno 100 euro mensili aggiuntivi e indicizzati per figlio, un investimento urgente in nuove strutture di asilo e scuole materne, un “capitale” iniziale di 2000 euro in banca, per ogni nuovo nato, da incrementare negli anni, e liberare solo alla maggiore età. E molto altro ancora.



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