Il giorno dopo l’annuncio di Air France di voler ritirare la propria offerta per Alitalia, il futuro della compagnia aerea di bandiera appare sempre più scuro. Per provare a fare un pò di chiarezza, abbiamo interpellato Luigi Prosperetti, Ordinario di Politica Economica all’Università degli Studi di Milano.



Cosa pensa della vicenda Alitalia, alla luce dei recentissimi sviluppi?

Credo che sia necessario innanzitutto fare un passo indietro per vedere i problemi di fondo della vicenda, che sono essenzialmente tre. L’anno e mezzo in cui si è cercato di vendere Alitalia senza esito dimostra come sia impossibile risolverli tutti.
Il primo problema riguarda le dimensioni di Alitalia, che è una compagnia troppo piccola per affrontare le difficoltà legate ai costi del combustibile, che sono altissimi. Inoltre, una compagnia di grandi dimensioni ha più possibilità di accedere agli slot (come quelli da e per gli Stati Uniti) più redditizi. British Airways, per esempio, ha sei voli consecutivi, a distanza di un’ora, da New York a Londra, e chi viaggia per affari ha bisogno di questo tipo di servizio, non di un volo singolo. I costi del carburante sono poi ormai elevatissimi, e le compagnie si stanno fondendo per ottimizzare le reti e saturare il più possibile la capacità dei propri aerei (la settimana scorsa è stato annunciato in merger di Delta e Northwest, e si attende che altre compagnie presto si fondano, negli Usa e altrove). Alitalia quindi era già piccola: ora è piccolissima.
Il secondo problema riguarda i 3.000 dipendenti di vari servizi a terra (AZ Servizi) che hanno un costo assolutamente fuori mercato e che nessuno, come dimostra l’ultima fase della contorta trattativa con Air France, si vuole sobbarcare. Alitalia vola quindi con un peso morto che la rende sostanzialmente invendibile.
Il terzo problema è che Alitalia sarebbe l’unica compagnia al mondo, in un continente relativamente piccolo come l’Europa, ad avere due hub (Fiumicino e Malpensa) che distano trentacinque minuti di volo l’uno dall’altro.
Purtroppo, non è possibile risolvere questi tre problemi contemporaneamente.



Quale potrebbe essere la soluzione industriale più interessante per Alitalia, considerando anche i servizi aerei che dovrà offrire nei prossimi dieci anni, sia a causa della crescita del turismo, sia in occasione dell’Expo 2015?

Un “cadavere” non può mettersi a correre perché tra sette anni c’è l’Expo. L’esposizione universale porterà in Italia molta gente, ma per un periodo limitato di tempo, e tra molti anni. Industrialmente e finanziariamente, come potrà arrivare Alitalia al 2015?

Secondo lei Alitalia non può essere salvata?

Non in questa forma, cercando cioè di mantenere i due hub e i 3.000 dipendenti di AZ Servizi: ogni giorno si perdono circa due milioni di euro. Occorre risolvere i problemi in maniera molto chiara: le persone in eccesso vanno purtroppo avviate alla cassa integrazione, come accade per tutte le altre imprese: perché i dipendenti Alitalia devono godere di una tutela maggiore degli altri? La questione Alitalia, inoltre, va vista in modo separato dalla questione riguardante Malpensa, a meno che non si prenda in considerazione l’ipotesi assurda di abbandonare Roma e di far trasferire tutti i voli di Alitalia a Malpensa. Un problema che presenta lo scalo lombardo è di essere a mezz’ora di volo da Francoforte, a quaranta minuti da Parigi, a quindici da Zurigo. È un hub in una zona estremamente affollata di altri hub; l’hub naturale per Alitalia, qualsiasi sarà il suo futuro assetto, è assolutamente Roma. Ciò non significa che Malpensa debba essere chiusa e i suoi dipendenti licenziati, ma separata Malpensa da Alitalia credo si possano aprire discorsi interessanti con linee aeree che non hanno basi in Europa.



Da questo punto di vista le compagnie come Ryanair o altre che non hanno hub in Europa potrebbero essere prese in considerazione?

Ryanair e compagnie analoghe hanno costi talmente tirati da non potersi permettere un aeroporto ad alto costo come quello della Sea. Inoltre Ryanair segue la politica di scegliere uno scalo se questo offre soldi alla compagnia, non se è quest’ultima a dover pagare l’aeroporto. Non mi sembra questo il problema di Malpensa. Piuttosto, se si analizzano le vendite dei nuovi aerei fabbricati da Boeing ed Airbus, si nota che queste sono da diversi anni rivolte in grandissima maggioranza verso l’Asia. Potrebbe allora essere un’ipotesi verosimile che una compagnia asiatica non acquisti Alitalia, non si sobbarchi i 3.000 dipendenti di AZ Servizi, ma “acquisisca” Malpensa come hub europeo: sarebbe il caso che il governo (questo, o il prossimo) si muova in questa direzione.

Si accennava alle piccole dimensioni di Alitalia. Un’integrazione con Air France-Klm poteva in qualche modo risolvere il problema?
 
Un’integrazione con Air France-Klm andava fatta all’inizio del governo precedente di centrodestra, ma l’allora ministro Maroni vi si oppose per salvare i posti di lavoro di Malpensa: come abbiamo visto, li abbiamo così invece perduti. Francamente vedevo in maniera favorevole l’integrazione con Air France, come vedo in maniera positiva l’integrazione con Lufthansa. Su Aeroflot ho qualche perplessità: se non ricordo male Aeroflot è addirittura più piccola di Alitalia e poi non è mai uscita dalla Russia.

Per Alitalia Malpensa è un discorso chiuso, la compagnia rischia di rimanere a terra anche a Roma: vuol dire che sarà impossibile mantenere una compagnia aerea di bandiera?

La Svizzera non si è disintegrata perchè Swiss Air non esiste più, e neppure il Belgio mi pare abbia granché patito il fallimento di Sabena . I clienti non credo pensino alla livrea sulla coda dell’aereo, ma al servizio ed al costo del biglietto. Il problema “compagnia di bandiera” non mi pare economicamente rilevante. Certamente le cose potevano andare diversamente: se il treno per Malpensa invece di arrivare alla Stazione Cadorna, dalla quale non ci sono collegamenti a lunga percorrenza, fosse arrivato a una stazione più frequentata; se fosse davvero un treno veloce, e non un accelerato; se i collegamenti autostradali con Torino fossero stati pronti cinque anni fa e non il mese scorso; se molte altre infrastrutture fossero state fatte per tempo, la situazione oggi sarebbe ben diversa. Purtroppo le cose sono andate diversamente: oggi bisogna decidere, e decidere rapidamente: non c’è più tempo.

L’idea di un prestito-ponte non risolverebbe quindi nulla…

Un prestito riempie le casse per un po’, non riempie gli aerei: se gli aerei non sono pieni, la cassa si vuota presto.

Per Malpensa, in attesa di trovare una compagnia che eventualmente la scelga come hub, la liberalizzazione delle tratte chiesta dalla regione Lombardia può avere senso?

Ciò che chiede la Regione Lombardia è comprensibile, ma impraticabile. Se la Lombardia diventasse “padrona” delle tratte di Malpensa, tutte le altre regioni del mondo dovrebbero diventare “padrone” delle tratte che atterrano sul loro territorio. A quel punto il sistema aereo internazionale collasserebbe, perché fatto e regolato – da circa sessant’anni – da accordi tra Stati, non tra regioni.
 

(Foto: Imagoeconomica)