Air France se ne è andata sbattendo la porta, ma forse tornerà sui suoi passi. Lufthansa, secondo i giornali tedeschi, è interessata, anche se può darsi che non si farà mai avanti. La cordata italiana ancora non esiste, ma potrebbe materializzarsi nelle prossime settimane, con in testa AirOne e Intesa SanPaolo. Aerflot è disponibile, ma solo se il presidente russo Vladimir Putin glielo chiede. Il prestito ponte di 300 milioni di euro è stato deciso, anche se con molte probabilità verrà bocciato dal commissario europeo alla concorrenza Neelie Kroes che lo considererà un indebito aiuto di Stato. La questione Alitalia, giocata in bilico tra passato e futuro, ovvero un governo uscente e un altro già in pectore, sembra diventare sempre più complicata. Ma, in verità, si è semplificata in maniera notevole perché nel carnet da ballo della compagnia di bandiera non c’è più nessun pretendente. Solo ex amanti delusi e innamorati respinti. Siamo tornati allo stesso punto in cui eravamo nel novembre 2006, prima, cioè, che l’esecutivo guidato da Romano Prodi mettesse sul mercato la quota di controllo dell’azienda. Con l’aggravante che in questi mesi sono andate in fumo una gara internazionale che aveva visto la partecipazione di cinque diverse cordate di possibili acquirenti e una trattativa in esclusiva con Air France.
Ora la partita si giocherà sui tavoli di Bruxelles del commissario Kroes. Se il prestito ponte verrà approvato Silvio Berlusconi è convinto di aver almeno tre carte da giocare: il ritorno di Air France con l’aiuto del presidente francese Sarkozy, la creazione di una cordata italiana con il supporto delle banche e un possibile interesse di Aeroflot grazie ai buoni uffici del suo amico Putin. Giocando su più tavoli il prossimo premier è convinto di poter strappare a un futuro e imprecisato acquirente (il più quotato resta Air France) un accordo migliore. Se invece il prestito ponte sarà bocciato, eventualità che sembra più probabile, l’Enav toglierà la licenza all’Alitalia per mancanza di liquidità, gli aerei da un giorno all’altro resteranno a terra e si andrà al commissariamento. Un’eventualità che molti dei protagonisti e i dei comprimari di questa lunga farsa considerano la migliore e la più vantaggiosa delle soluzioni. Il centrosinistra e i ministri del governo Prodi potrebbero dire di aver avuto ragione quando lanciavano questo allarme e un futuro acquirente, sia esso Air France, Lufthansa o una cordata guidata da AirOne, non sarebbe costretto a fare il lavoro sporco, quello dei tagli, della cassa integrazione e della riduzione delle rotte, che diventerebbe il compito principale del commissario.
Persino i sindacati con il ricorso alla Legge Marzano potrebbero guadagnarci perché il loro avallo a una drastica riduzione del personale sarebbe l’unica alternativa alla chiusura definitiva dell’azienda. Certo dovrebbero spiegare ai propri iscritti perché non hanno chiuso con Air France. Ma è già partito il rimpallo delle responsabile verso il premier in pectore.
Intanto il prezzo dei carburanti sale, mentre scende il numero di prenotazioni. Nessuno è disposto a scommettere sul futuro della compagnia e in pochi sono tanto coraggiosi da organizzare viaggi, di lavoro o semplicemente di vacanza, fidando sul fatto che tra qualche mese, o soltanto uno, Alitalia volerà ancora.