Qual è il Suo giudizio sulla vicenda Alitalia alla luce degli ultimi eventi? E quale può essere la soluzione migliore per la compagnia italiana?
Il giudizio sulla vicenda Alitalia è in qualche modo ancora sospeso: da un lato è evidente che Air France non è più in campo, e questo ha chiuso di fatto una fase della vicenda che poteva portare a determinate conseguenze per Malpensa; dall’altro non è ancora palese chi sarà in grado di prendere in positivo il posto di Air France. Sta maturando l’ipotesi di una cordata italiana e i segnali che arrivano fanno pensare che ci sarà una proposta, che però non è ancora arrivata. Questo è un fatto che ha in sé degli elementi positivi, perché avrei guardato con sospetto a una proposta che fosse arrivata a spron battuto sulle ali dell’entusiasmo, perché una compagnia come Alitalia non può suscitare entusiasmo nelle condizioni in cui si trova. Qualunque proposta imprenditoriale seria deve essere meditata e approfondita. Il fatto che stiano arrivando segnali di interesse, legati all’approfondimento di un piano industriale credibile, mi sembra un segno di serietà. Anche perché sono convinto da tempo che qualunque piano industriale credibile non potrà che ribadire la necessità per la stessa sopravvivenza di Alitalia di ritornare a Malpensa.
Sta dicendo che la situazione attuale di Alitalia con lo spostamento dei voli a Fiumicino non è sostenibile?
Non lo dico io, ma lo dicono i numeri. I dati dicono che i voli intercontinentali di Alitalia spostati da Malpensa a Fiumicino, hanno perso mediamente dal 15% al 35% dei passeggeri: nell’ultima settimana di marzo (cioè prima dello spostamento dei voli) a Malpensa questi voli erano pieni all’80-90%, mentre a Fiumicino, nelle prime tre settimane di aprile, sono stati riempiti per il 60-75%.
Secondo Lei è stato giusto concedere il prestito ponte ad Alitalia? Quale sarà, a Suo modo di vedere, il giudizio di Bruxelles?
Il prestito ponte è stato giusto perché occorreva avere qualche settimana di tempo per fare gli approfondimenti necessari per studiare un piano industriale per Alitalia, senza avere l’angoscia di un immediato rischio di fallimento per mancanza di liquidità, che è uno dei principali motivi di bancarotta delle compagnie aeree. Peraltro è prevista una scadenza per il rimborso del prestito, che è stabilità tra il momento della cessione delle azioni e il 31 dicembre di quest’anno.
Le eventuali obiezioni dell’Ue sarebbero, quindi, poco comprensibili, perché il prestito ponte è stato fatto a condizioni di mercato, non costituisce un aiuto di Stato perché non è un finanziamento a fondo perduto, ma è semplicemente un’iniezione di liquidità e ha una durata molto breve.
Vorrei, però, mettere in evidenza un altro aspetto della vicenda: sarebbe stato difficile per gli amministratori di Alitalia chiedere un prestito ponte se non ci fosse stata una ragionevole certezza che esiste una soluzione positiva per la compagnia. In caso contrario ci si troverebbe esposti a rischi anche di natura personale. Credo quindi che il prestito ponte vada letto come un segno che conferma che prospettive positive per Alitalia sono tutt’altro che impossibili.
Per quanto riguarda la situazione di Malpensa, come giudica l’accordo raggiunto oggi tra Sea e Lufthansa? È questa la strada da seguire per rilanciare lo scalo milanese?
I rapporti tra Sea e Lufthansa proseguivano da mesi. Regione Lombardia ha collaborato fattivamente per porre le basi di una collaborazione con la compagnia tedesca, anche incontrandone i massimi vertici. Che Sea cerchi sul mercato soluzioni alternative, visto che Alitalia ha già provveduto a danneggiare Malpensa spostando il 75% dei suoi voli a Fiumicino, fa parte della buona amministrazione che grazie al cielo a Milano non è merce rara.
Tuttavia non vorrei che si spargessero percezioni eccessivamente entusiastiche sulla vicenda, perché l’accordo riguarda il posizionamento, a partire dal 2009, di 6 aeromobili Air Dolomiti di medio-corto raggio da un centinaio di posti su rotte europee. Seppur un fatto positivo, questo non risolve il problema di Malpensa.
Lo dico perché vedo diffondersi in queste ore commenti quasi trionfalistici. Non vorrei che questo passaggio, certamente positivo, fosse enfatizzato a fini politici. Già Malpensa è accusato di essere l’aeroporto della provincia di Varese, se poi diventasse l’aeroporto di un partito, non credo che gioverebbe alle sue sorti.
L’Expo 2015 offre una grande opportunità di rilancio per Malpensa. La Regione Lombardia sta già pensando di fare qualcosa in proposito?
Per quanto riguarda Malpensa, l’Expo è senz’altro un’opportunità, perché è evidente che, prospettandosi l’arrivo di 29 milioni di passeggeri in sei mesi (cioè il doppio di quanto fanno oggi all’anno Linate e Malpensa messe insieme), si apre una fortissima prospettiva di potenziamento degli scali intorno a Milano; in particolare per Malpensa che è l’unico che ha una capacità potenziale tale da sopportare l’urto di un così alto numero di passeggeri.
Il problema dell’Expo sarà come poi questi visitatori (150.000 al giorno) arriveranno alla Fiera di Rho-Pero senza bloccare definitivamente la mobilità intorno a Milano. Basta pensare a cosa è successo recentemente in occasione del salone del mobile, che richiamava “solo” 80.000 visitatori, cioè poco più della metà di quelli che arriveranno quotidianamente con l’Expo.
Non possiamo pensare di sopportare un così alto numero di visitatori per un periodo di sei mesi con il sistema attuale di accessibilità: non potremmo reggere l’urto. Abbiamo sette anni di tempo per potenziarlo, un periodo di tempo che nel campo delle infrastrutture è molto breve. Perciò, bisognerà innanzitutto completare quello che abbiamo già previsto di realizzare.
Fortunatamente una serie di opere importanti sono già in programma o avviate e dovrebbero andare in conclusione proprio in tempo per il 2015.
Penso, per esempio, alla Pedemontana, alla quarta corsia sull’A-4 Milano-Torino, al collegamento diretto tra Milano e Brescia, alla bretella autostradale tra la Fiera e Monza. Inoltre, in campo ferroviario, penso alla realizzazione del terzo binario tra Rho e Gallarate e all’alta velocità che sarà già pronta per il 2010. Questo dovrebbe permettere di portare il maggior numero di visitatori all’Expo non sulla strada, ma sulla ferrovia.
La Regione e la Sea avevano chiesto al governo Prodi di “liberalizzare” gli accordi bilaterali sulle tratte aeree. Secondo Lei il governo che si insedierà accoglierà la richiesta?
Siamo convinti da molto tempo che la liberalizzazione del trasporto aereo sia una delle condizioni per consentire al mercato di fornire una risposta alla domanda che c’è a Malpensa. La domanda rimarrà a Malpensa, ma perché l’offerta venga bisogna modificare il sistema delle regole, perché oggi chi volesse venire a operare tratte sul mercato intercontinentale non sarebbe in condizione di farlo. A parte Stati Uniti e qualche paese del Nord America, tutti gli altri collegamenti intercontinentali sono soggetti ad accordi bilaterali regolati dallo Stato e che sono in buona parte esclusiva di Alitalia.
Io mi auguro che il governo si metta in moto subito per favorire tutte quelle scelte di contesto e normative che favoriscono una risposta positiva a Malpensa. Tra queste, certamente la priorità è la liberalizzazione del mercato.